Blue Whale Challenge: il gioco della morte

Vi è mai capitato di pensare a quanti giochi, quanti svaghi, quanti divertimenti hanno a disposizione i giovani di oggi? Io, che non ho ancora 40 anni, quando ero ragazzino ero già molto fortunato, ma di certo non avevo a disposizione tutto ciò che hanno oggi i bambini sin dalla più tenera età. E forse è proprio questa ampia disponibilità a rendere ogni cosa noiosa e a portare i giovani a cercare divertimenti sempre più estremi.

Prima di arrivare al “gioco” Blue Whale lasciate che vi spieghi il principio che ne è alla base: i media hanno sfruttato delle conoscenze frammentarie per pubblicare notizie di impatto (tutte copiate l’una dall’altra testata senza nemmeno sapere di che si parla) e si è detto che il Blue Whale Challenge è una trovata per spingere gli adolescenti al suicidio. Completamente errato e per diversi motivi!
Una qualsiasi persona che si trova in uno stato d’animo alterato al punto da anche solo pensare all’ipotesi non lo farebbe all’ultimo livello di una sfida che ha dimostrato le sue capacità fino a quel momento (ovviamente non vale per tutti, ma devo per forza di cose generalizzare); ma siccome alcune delle più recenti vittime di questa sfida (perché è di questo che si parla) hanno scritto frasi enigmatiche prima di cimentarsi in una prova in cui hanno perso la vita, allora tutti i giornali hanno scritto che l’ideatore ha voluto fare il malvagio del cervello ai partecipanti fino ad indurli al suicidio.
Dietro c’è dell’altro, che, scusate l’affermazione, è forse ancora peggio. Chi come me ha passato dei brutti periodi della sua vita ha avuto molti modi per uscirne; purtroppo oggi la società è incredibilmente crudele con i ragazzi fin da piccoli e basta un’umiliazione alla vista dei compagni, un lutto difficile da dimenticare, una battuta infelice, una condizione fisica o psicologica non ottimale (troppo grasso, troppo magro, troppo taciturno, troppo pauroso, troppo ligio alle regole, troppo religioso, ecc…) che per la vergogna si tende ad emarginarsi o ad essere emarginati.
Se per i nostri genitori il problema veniva in qualche modo risolto dal tempo, per i ragazzi di oggi purtroppo diventa quasi un ostacolo insormontabile perché si è convinti che una volta tagliati fuori dal “gruppo” non si riesca più a rientravi. Da questa condizione di emarginazione però i ragazzini posso sfuggire rifugiandosi nel mondo virtuale o appunto con sfide del genere. In entrambi i casi si tende a crearsi un profilo parallelo e a cercare di affermarsi sfidando le altre persone per dimostrare di non essere così “sfigati” come si appare.
Il mio personale caso ha riguardato per diversi anni i MMOrpg (giochi di ruolo on line): entrando nei giochi di guerra mi creavo un personaggio con tanto di immagine da eroe con il quale uccidevo altri personaggi o mi cimentavo in sfide per dimostrare di essere superiore ad altri personaggi (ovviamente guidati da altri giocatori). Se anche la mai vita andava male, quando entravo nel gioco e dimostravo di essere “forte” trovavo una soddisfazione immensa che mi migliorava la giornata.
Non mi dilungo, anche perché il fenomeno andrebbe discussi da sociologi e psicologi, ma vi assicura che per una mente stressata o “ferita” dalla società di oggi queste scappatoie diventano talmente importanti da sconvolgere la vita reale.

Bene, veniamo al Blue Whale. Il “Blue Whale Challenge” (questo è il nome completo) è una sorta di sfida lanciata da… eh, qui non è semplice dirlo, ma le autorità russe hanno incolpato un ragazzi 21enne di nome Budeikin Phillip, che attualmente è in galera in attesa del processo. Badate: si è fatto tanto scalpore sulla vicenda, ma non è meno pericolosa che il parkour o gli sport estremi tanto in voga oggi.

Ad ogni modo, il Blue Whale è una gara composta di 50 livelli iniziata da un “task master” (ovvero un direttore dei giochi) su un social network, che da delle vere e proprie missioni da compiere ai partecipanti (tenete bene a mente che è una sfida e che non importa il sesso, l’età, il colore della pelle o qualunque altro problema affligga il giovane).
Tutto è iniziato sul social russo Vkontakte con un messaggio per i partecipanti nel quale si chiede di fare delle azioni, inizialmente semplici e di poco conto: alzarsi ad una certa ora di notte e postare la foto, salutare uno sconosciuto per strada, aiutare una vecchietta ad attraversare (non sono tutte missioni negative come si potrebbe pensare)…
Si passa poi a livelli più difficoltosi e richiedono sempre più impegno, come saltare un certo numero di scalini di una scala di condominio, rubare un oggetto specifico, tirare uno schiaffo a qualcuno, chiedere l’elemosina… tutto sempre gioco.
Può non sembrare, ma pur eseguendo missioni spesso moralmente discutibili i ragazzi prendono fiducia in loro stessi e chi davvero entra nella mentalità del gioco è pronto a compiere qualunque missione, tutto per mostrare il proprio successo di fronte agli altri partecipanti o a chi semplicemente segue la sfida per curiosità.
Ai livelli finali le missioni sono davvero pericolose (per questo i media dicono che l’accusa verso Budeikin Phillip sia di istigazione al suicidio, anche se io credo saranno altre le accuse a suo carico) e richiedono davvero coraggio crescente: dormire solo 2 ore a notte, ingerire un prodotto particolare (acqua calda, pezzi di ghiaccio interi, cibo avariato…), fino ad arrivare in cima in cui veniva chiesto in alcuni casi di incidersi sul corpo il simbolo della sfida, ovvero la balena.
Semplificando si può dire che il Blue Whale Challenge sia una lenta escalation in cui il partecipante deve dimostrare di potercela fare in ogni caso, anche eseguendo operazioni che normalmente andrebbero contro il buon senso. Ed ecco la prova finale (o fatale, come l’hanno descritta i media): pare che nel 2016 l’ultima prova, che doveva incoronare i partecipanti come “eroi”, fosse di raggiungere uno dei palazzi più alti della propria città e (non saltare giù come qualcuno ha scritto) farsi un selfie sporgendosi dal parapetto.
Purtroppo a questo gioco a livelli decisamente pericoloso sono associate più di 130 morti sospette, molte proprio avvenute per un”salto” da una certa altezza che è stato fatale.
Il Blue Whale è diventato virale sui social network e sono sempre di più gli adolescenti attratti da queste sfide spesso assurde e pericolose. Pare che sia molto più seguito dalla ragazzine che dai maschi, che recentemente sembrano molto più combattive e disposte a gesti estremi pur di affermarsi.
Di recente ha fatto scalpore la notizia secondo cui due ragazze, giunte all’’ultimo livello, siano morte cadendo dal palazzo che avevano scelto per affrontare la sfida. Si chiamavano Yulia Konstantinova, di 15 anni, e Veronika Volkova, di 16.
Il Siberian Times ha riportato che Yulia prima di affrontare la “missione” sul suo profilo online ha scritto la parola “END” e che Veronika invece ha lasciato un biglietto con sopra scritto:

«Siamo figli di una generazione morta e questo mondo non è per noi. Il senso è perduto… Fine.»

Concludendo, il Blue Whale è un “gioco” che si inizia per evadere dai propri problemi reali per darsi coraggio e dimostrare a se stessi e agli altri di essere persone migliori di quelle che gli altri dipingono; purtroppo la mente delle persone negli ultimi tempi è debole e i giocatori spesso vengono risucchiati in un vortice di emozioni che li spinge ad un vero e proprio bisogno di autoaffermarsi, fino purtroppo a conseguenze tragiche.

Non l’ho mai fatto, ma lasciate che lanci un messaggio e chi sta passando un burro momento: ragazzi, non lasciatevi mai andare e non cercate di dimostrare a tutti i costi ciò che in realtà già siete; La vostra bellezza, il vostro valore, le vostre capacità sono davanti agli occhi di tutti e chi per invidia (perché di questo si tratta) vi prende in giro, lo fa solo perché vuole scavalcarvi rendendovi vulnerabili. La vita non è una gara, ma un bellissimo viaggio (anche fatto di problemi e momenti bui) in cui prima o poi il sole tornerà a splendere, soprattutto vicino alle persone che ci vogliono bene e a cui vogliamo bene.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere