Il castello di Spilamberto e i lamenti del Messer Filippo

Nel 2001 in provincia di Modena è nata l’Unione Terre di Castelli, un insieme di 8 comuni con lo scopo di valorizzare il territorio, le risorse e i propri beni culturali. Tra di loro c’è Spilamberto, un comune noto soprattutto per il nocino, gli amaretti e l’aceto balsamico.
Ma Spilamberto è anche un comune rurale dalle enormi potenzialità e benchè non sia molto famoso il suo castello attira ogni anno moltissime persone. Sorta nel 1210, la Rocca Rangoni aveva lo scopo di contrastare i Bolognesi sul fiume Panaro e dal 1353 divenne di proprietà dei Rangoni che la mantennero per oltre 650 anni.
Dal 1650 in avanti sia il castello che i giardini che lo circondano vennero ampliati e modificati, abbellendosi di nuovi fregi e altri stili architettonici.
Da sede principale del marchese Rangoni, nel 1800 divenne solo più una dimora estiva e pian piano meno a centro delle attenzioni; nell’ultimo secolo la famiglia lo visitò raramente e infine nel 2005 la rocca venne ceduta al comune di Spilamberto che ne ha avviato i restauri e ha aperto al pubblico il parco di cui fa parte.
Come ogni castello medievale anche la Rocca Rangoni si porta dietro misteri e segreti, alcuni svelati nel 1947 durante i lavori di restauro al Torrione, danneggiato durante la seconda guerra mondiale.
In cima al Torrione venne infatti scoperta una stanza nascosta, una sorta di cella in muratura atta a contenere appena un essere umano: larga appena 1,5 m e alta 2, senza uscite se non il soffitto (probabilmente al tempo chiuso da una botola), era ricoperta da iscrizioni di un certo Felippus risalenti al XVI secolo. All’interno della sua cella murata “Messer Filippo” scrisse con il suo sangue e con i liquidi del cibo che gli veniva dato una sorta di diario di prigionia e, sebbene molte iscrizioni siano state cancellate dal tempo, di lui si è scoperto molto riguardo la sua storia e il motivo per cui era rinchiuso in quello spazio angusto.
Da ciò che gli storici sono riusciti a ricavare si è scoperto che Messer Filippo era un mercante spagnolo che aveva viaggiato molto nella sua vita, aveva un’istruzione medio-alta e amava esprimersi in rima. Nelle scritte si firmava con il nome di Filippo il Diavolino ed esprimeva in “dolce stil novo” la sua disperazione per essere stato segregato fino alla sua morta in poco più di un metro quadrato.
Nella sua cella i muri erano interamente ricoperti da iscrizioni in forma di fumetto nei quali il mercante scrisse di essere giunto a Spilamberto per vendere le proprie sete e mercanzie alla bella castellana. Il suo “errore” fu quello di innamorarsi della bella castellana, la sua fortuna di essere corrisposto e la sua sfortuna di essere stato scoperto: quell’amore proibito lo condannò alla morte murato vivo nel Torrione e con solo qualche pasto fugace probabilmente donatogli dalla stessa fanciulla di cui era innamorato.
Da ciò a cui sono giunti gli storici pare che la fanciulla, dopo che egli venne scoperto, abbia ritrattato i suoi sentimenti per non fare la stessa fine e che abbia totalmente rinnegato l’uomo, lasciando nei suoi ultimi giorni alla più atroce delle morti.
La leggenda vuole che una volta terminata la sua storia, Messer Filippo si lasciò morire, non prima però di aver fatto udire alla sua amata il suo lamento d’amore. Pare inoltre che il lamento d’amore di Messer Filippo si possa sentirlo ancora oggi nelle calde notti estive, come pianto di disperazione che il suo fantasma non riesce ancora a placare per il suo destino infausto e causa di una donna.
Proprio la vicenda della cella segreta e la leggenda di Messer Filippo hanno contribuito a far crescere la notorietà del castello di Spilamberto che oggi è diventato un luogo di grande interesse storico, artistico e culturale.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere