La cerimonia del tè

Il Cha no yu (“acqua calda per il tè”), conosciuto in occidente anche come “Cerimonia del tè”, è un rito sociale e spirituale praticato in Giappone.
La cerimonia del tè è un rito antichissimo dietro al quale si nasconde una vera e propria filosofia di vita. Il tipico tè verde in polvere, il “maccha”, arrivò in Giappone dalla Cina nel periodo Kamakura (XII-XIII secolo). Noto per le sue proprietà mediche e terapeutiche, il tè assunse un ruolo importante come elisir di lunga vita.
La leggenda racconta che sia stato addirittura Bodhidharma, un monaco buddista del VI secolo, a creare la pianta del tè: durante 9 lunghi anni di meditazione, per timore di addormentarsi e venire meno al suo impegno, decise di tagliarsi le palpebre, che caddero sulla terra dando vita alla pianta del tè. Il tè in effetti è un mezzo per non assopirsi e mantenere viva l’attenzione e la concentrazione durante le lunghe pratiche di meditazione. Inizialmente il consumo del tè era quindi riservato ai monaci, nei monasteri durante le cerimonie religiose; col tempo si diffuse anche tra l’alta aristocrazia.
Successivamente l’uso del tè si diffuse anche fra i samurai, che fecero della cerimonia del tè un elemento importante della Via, il codice di condotta che regolava la vita dei guerrieri.
Fu un uomo di nome Murata Shukô che trasformò il rito, da un semplice incontro fra amici ad un momento intimo fra poche persone, il padrone di casa e i suoi ospiti. Con lui nacque un rito basato sulla sensibilità Zen, sulla purificazione dello spirito e sul rispetto della natura. Grazie allo Zen è possibile comprendere a fondo i significati nascosti dietro ogni piccolo gesto intorno a cui si costruisce la cerimonia, il raggiungimento dell’illuminazione e le forme d’arte che ne derivano.
La cerimonia del tè fu però resa celebre da Sen no Rikyû, nato nel 1522 nella prefettura di Ôsaka, che ne fece una vera e propria forma d’arte e lo resero famoso in tutto il Giappone, tanto da diventare servitore di Oda Nobunaga e Toyotomi Hideyoshi, due dei tre generali che si batterono per l’unificazione del Giappone fra il 1500 e il 1600. A Rikyû si devono i riti osservati ancora oggi: serenità e sintonia, silenzio e quiete interiore, armonia e natura.
Il rituale della cerimonia del tè si svolge nella “cha shitsu”, la cosiddetta stanza del tè, che di solito è eretta separata dal resto della casa o addirittura in giardino. All’interno di essa gli arredi sono rustici e fatti solo di legno e paglia, esempi di purezza e raffinatezza. L’essenzialità, l’assenza di mobili, di apparecchi tecnologici e di qualsiasi altro oggetto o ornamento, è rappresentazione del vuoto a cui la meditazione Zen aspira:l’assenza di contenuto lascia spazio al pensiero e alla contemplazione.
Un elemento essenziale che invece deve essere presente nella stanza è il “tokonoma”, una piccola nicchia ricavata nella parete dove vengono appesi rotoli di carta scritti da calligrafi e una piccola composizione di ikebana, chiamata “chabana”, spesso costituita da un solo fiore posto in un vaso.
Il posto a sedere vicino al tokonoma è il più importante e quindi riservato al capofamiglia o, a seconda dell’occasione, all’ospite più importante. La disposizione dei pochi ornamenti è generalmente studiata con cura affinché sia in sintonia con le persone, con l’ambiente e la stagione. Anche il giardino riveste un ruolo fondamentale e deve essere curato con tale minuzia da farlo sembrare un lavoro della natura e non dell’uomo.
Il primo momento della cerimonia è quello in cui gli ospiti percorrono il giardino per recarsi al padiglione esterno o alla stanza del tè e rappresenta l’attimo in cui ci si lascia alle spalle la città e la confusione per immergersi nel silenzio e nella meditazione. Percorrendo il giardino gli ospiti si preparano spiritualmente ad uno stato più elevato della vita quotidiana, che un piccolo ruscello, le lanterne antiche coperte di muschio, il profumo di piante e fiori amplificano e favoriscono.
Un altro aspetto importante è l’abbigliamento, solitamente caratterizzato da colori sobri; ai piedi i tradizionali “tabi” (calzini tradizionali giapponesi), tra le mani il ventaglio e nel risvolto del vestito i “kaishi” (fazzoletti di carta bianca).
La cerimonia si svolge nell’assoluto silenzio dei partecipanti, padrone e ospiti, che dopo essersi purificati con l’acqua hanno accesso alla stanza e possono prendere posto sui “tatami” (la stuoia di bambù intrecciato), accanto al padrone in ordine di importanza. Tutto il rito è un insieme di gesti fissi e lentissimi, decisamente misteriosi agli occhi di chi non ne conosce il significato. Si tratta di una vera e propria tecnica di meditazione strettamente legata alle pratiche Zen.
Solitamente la cerimonia si svolge servendo un pasto leggero chiamato “kaiseki” e poi il momento vero e proprio in cui viene servito il tè, prima in forma densa, poi più leggera. Lo svolgimento di tutte le fasi della cerimonia potrebbe richiedere anche alcune ore in cui ogni partecipante osserva rigidamente tutte le regole imposte dal rito.

Il tè viene servito due volte dunque
– la prima volta è denso e corposo (“koicha”) e l’ospite più importante lo assaggia per primo; dopo averne bevuto uno o due sorsi passa la tazza al vicino, che fa lo stesso, fino a quando al tazza non giunge all’ultimo cerimoniante, che è il padrone di casa;

– la seconda volta invece il tè è più leggero (“usucha”) e ad ogni ospite viene servita una tazza il cui contenuto deve essere bevuto interamente.

In entrambi i casi quando viene offerta la tazza l’invitato la prende con la mano destra e lentamente la appoggia sul palmo sinistro ammirandone la bellezza, poi sempre con la mano destra fa ruotare la tazza in senso antiorario in modo da porgerne il lato più bello verso l’esterno. Dopo aver bevuto e pulito il luogo di appoggio delle labbra la tazza viene nuovamente ruotata e riportata nella posizione iniziale. Al termine della cerimonia le tazze vengono restituite al padrone che le raccoglie e le porta fuori dalla stanza. Al suo ritorno con un inchino egli determina la fine del rito congedando gli ospiti dalla stanza accompagnandoli fuori.
Il tè rappresenta quindi per la cultura giapponese non solo un valore gastronomico ma anche e soprattutto sociale. Dai germogli e dalla prima foglia della pianta si ricava il tè migliore. Il tè verde giapponese viene trattato al vapore così da acquistare un aroma delicato, un profumo leggermente amaro e un colore verde chiaro.
In un Paese fortemente modernizzato e fortemente attratto dai valori occidentali, un antichissimo rito come la cerimonia del tè potrebbe sembrare quindi anacronistico, tuttavia si dimostra come il Giappone sia ancora un paese strettamente legato alle tradizioni.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere