Laika: la cagnolina astronauta

C’è una battuta che spesso appare sui social sulle pagine horror:
“Guardando un film possiamo rimanere insensibili alla morte di chiunque, ma quando muore il cane scappa a chiunque una lacrima!”
Negli ultimi tempi (per fortuna aggiungo io) sembra essere aumentata la sensibilità verso gli animali, e non solo verso quelli domestici; ciò nonostante al mondo le persone perpetrano ancora orrori indicibili nei loro confronti, spesso per motivi futili.
Questo è un caso un po’ diverso, che in ogni caso ancora oggi fa discutere molto sull’eticità di alcuni esperimenti in cui gli scienziati usano animali come cavie. L’ho scritto mille volte: se oggi siamo una specie evoluta e abbiamo raggiunto questo livello di progresso lo dobbiamo alle ricerche, le sperimentazioni e al sacrificio di uomini e animali; non avvallo affatto quelle scelte, ma oggi per fortuna abbiamo metodi alternativi per cercare di dimostrare le nostre ipotesi, mentre fino ad un secolo fa non ci si scandalizzava troppo nel vedere sacrificare bestiole o esseri umani alla scienza. Per poter essere oggettivi in questa vicenda dobbiamo perciò cercare di ragionare come un ricercatore russo del 1957 e non come un animalista del 2017.

Laika è ancora oggi una cagnolina famosa in tutto il mondo: molti di noi hanno visto le sue foto, ma in pochi sanno la storia dietro la sua missione e l’importanza che avuto nell’aprire la mente umana verso la conquista della Luna.
La sua sorte era segnata fin dall’inizio, con un viaggio di sola andata per lo spazio infinito. Laika fu la prima creatura vivente mandata in orbita: nessuno si sarebbe sognato di prendere il suo posto al tempo, ma era necessario capire se e quanto un essere vivente potesse sopravvivere a certe condizioni e correggere le ipotesi fatte fino a quel momento.

Apro una piccola parentesi: Laika ce l’hanno sulla coscienza i russi, ma non crediate che gli americani, i cinesi e tutti gli altri che hanno sperimentato i viaggi nello spazio abbiano fatto meglio. Laika viene ricordata perché fu la prima, ma in orbita vennero spediti molti cani, gatti, scimmie, cavie e altri animali più piccoli; ancora oggi vengono mandati in missioni spaziali. Oggi forse hanno maggior possibilità di tornare vivi, ma proprio di recente un esperimento su alcuni vermi in orbita ha mostrato delle mutazioni importanti sugli organismi, perciò di atrocità oggi in nome dei viaggi spaziali continuiamo a farne.

Ma torniamo alla nostra cagnolina.

Durante la guerra fredda Russia e Stati Uniti si contendevano la supremazia mondiale in ogni campo e un obiettivo ambito da entrambe le super potenze era raggiungere per prima la Luna. Nel 1957 con il lancio in orbita dello Sputnik 2 il governo russo voleva battere sul tempo gli Stati Uniti nell’esplorazione dello spazio, ma le ricerche in campo spaziale erano solamente all’inizio, i dubbi erano molti e le conoscenze pochissime.
Era quasi certo che nessun essere vivente sarebbe sopravvissuto ad un viaggio su una razzo del tempo: le imperfezioni erano molte e di alcune se ne era a conoscenza (ma non si sapeva come ovviare ai problemi); non era ancora giunto il momento di sacrificare vite umane (si iniziò poco dopo a farlo, ma lasciamo stare…) e allora si pensò di mandare un animale in orbita e monitorare i parametri vitali per capire quanto resistesse, quali problemi accusasse il suo organismo e quindi capire come progettare una futura missione affinché fosse più efficiente.
In principio vennero scelte tre bastardine accalappiate per strada nella città di Kruscev: Albina, Muschka e Laika, il cui nome vero era Kudrjavka, cioè “Ricciolina”. Tutte e tre furono sottoposte ad un addestramento intensivo e vennero costrette a vivere in spazi angusti per 20 giorni per testare le resistenze psicologiche che fisiche.
Alla fine per la missione venne scelta Laika perché era la più piccola, era sana e perché era molto docile e tranquilla. Probabilmente Laika prima di partire era felice: tante cose buone da mangiare, una cuccia calda dove dormire lontana dalla neve e riceveva moltissime attenzioni da parte di tutti; ma per lei (per non farla soffrire più del necessario) era stato preparato un pasto avvelenato che avrebbe dovuto consumare non molto tempo dopo il lancio. Quel pasto però non riuscì a mangiarlo perché morì molto prima del previsto.
Laika partì lo spazio il 3 novembre del 1957: alle 2:30 lo Sputnik 2 venne lanciato dal Cosmodromo di Bajkonur (Ap) e Laika nella sua cuccia era monitorata da sensori che ne misuravano i battiti cardiaci, la pressione sanguigna e la frequenza respiratoria.

Non è chiaro quanto tempo sia sopravvissuta Laika dopo il lancio nello spazio: il governo sovietico sostenne che Laika fosse sopravvissuta oltre quattro giorni, ma in seguito le ricerche condotte dallo scienziato russo Dmitrij Malashenkov rivelarono che Laika sopravvisse solo poche ore dopo il lancio.

Nemmeno la causa della morte è chiara: forse è morta per l’umidità, per le temperature troppo alte, per un eccesso di anidride carbonica, per asfissia a causa di un guasto al sistema di aerazione della navicella… Sta di fatto che i segnali vitali della cagnolina furono registrati soltanto per le 7 ore successive e poi ci fu il silenzio.
Il viaggio di Laika però durò 5 mesi e solo il 14 aprile 1958, dopo aver compiuto 2.570 giri intorno alla Terra, la navicella fu fatta rientrare. Anche quella manovra però venne progettata in maniera errata e il razzo andò completamente distrutto nell’atmosfera. Molti affermarono che quella missione fu un fallimento totale perché lo Sputnik 2 andò distrutto, ma quasi nessuno pensò ad onorare il sacrificio inutile.

Oggi ricordiamo Laika e tutti gli animali che a causa della sperimentazione animale sono stati e sono ancora vittime innocenti dell’uomo, anche se forse dovremmo chiederci se sia davvero necessario tali sacrifici per il nostro benessere o si possa arrivare alle nostre scoperte in altri modi.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere