aldila-nelle-varie-religioniL’aldilà nelle varie religioni

Nelle religioni e nelle mitologie il fulcro principale su cui si basano è il concetto di oltretomba o aldilà, cioè un luogo o una condizione di continuazione dell’esistenza (spesso solo in forma immateriale come anima o spirito) dopo la morte fisica.
La constatazione dell’evento della morte ha portato inevitabilmente l’uomo a chiedersi che cosa possa accadere al defunto dopo la morte stessa e la paura che tutto possa finire ci ha accompagnato in tutto il nostro percorso evolutivo. Anche oggi, in un mondo sempre più scientifico e calcolatore, nella maggior parte di tutti noi c’è la credenza e la speranza che vi sia una dimensione parallela dove le nostre anime continuino il loro percorso.
Alla fine ogni gruppo etnico ha cercato di dare una propria risposta al dubbio esistenziale “cosa c’è dopo morte?” dando risposte spesso guidate dal buon senso comune, dall’osservazione della natura e da disquisizioni teologiche, cosmologiche e filosofiche.
Vediamo come la pensano i principali culti nel mondo.

I CELTI: Nella cultura celtica si credeva che il mondo reale, chiamato “Shan”, fosse solo una sorta do ologramma in cui ogni soggetto transitava per un breve percorso evolutivo (che incominciava prima ancora della sua nascita e proseguiva oltre la morte). Il ciclo vitale consisteva nell’accesso a diversi piani di esistenza fino a raggiungere il centro mistico dell’esistenza. Nella tradizione degli antichi druidi i “cromlech” (cerchi di pietre che i Celti edificavano in luoghi sacri), rappresentavano il luogo dove si univano le forze cosmiche del mondo dei viventi con quello di Avalon, l’Aldila’. Una sorta di porta comunicante tra i due mondi.

I VICHINGHI: I Vichinghi veneravano molti dei e dee; i tre principali erano Odino, Thor e Freyr. La massima aspirazione per un vichingo era un’immortalità conquistata con il proprio coraggio, che avrebbe assicurato ai grandi guerrieri il Valhalla, la “dimora degli uccisi”. Il pensiero di ogni guerriero prima di indossare le armi e prepararsi alla battaglia era dedicato al Vaìhalla: ognuno scacciava la paura della morte pensando al maestoso edificio che si stagliava lassù nel cielo in mezzo alle dimore degli dèi, nel regno di Asgardh. Solo i guerrieri più valorosi, gli einheriar (i “campioni”), potevano oltrepassare una delle 540 porte del Valhalla e il loro premio era poter prepararsi alla suprema ed ultima battaglia che avrà luogo alla fine dei tempi, quando insieme ad Odino saranno chiamati a combattere contro gli oscuri abitanti di Muspellheim. Il loro ingresso al Valhalla era permesso grazie alle Valchirie, “coloro che scelgono gli uccisi in battaglia”, che armate di scudo e di lancia, invulnerabili ed immortali, conducevano i caduti dinnanzi alla prima porta. Nel Valhalla i campioni erano rifocillati dalle bellissime amazzoni, ai quali portavano coppe ricolme di spumeggiante birra e che occasionalmente divenivano anche loro amanti.

GLI EGIZI: Gli Egizi credevano che l’uomo nascesse con due anime: il Ba e il Ka; il Ba era destinato ad effettuare il viaggio verso l’aldilà, dove riceveva il premio o la punizione che le spettava; il Ka era destinato a rimanere con il corpo e a custodirlo nella tomba finché duravano i viveri. Gli Egizi, infatti, pensavano che dopo la morte ci fosse un’altra vita: per questo motivo mummificavano i corpi dei faraoni e degli eletti per permettere ai morti di conservare per lungo tempo il corpo nella vita dell’aldilà e quindi permettergli la sopravvivenza. Nelle tombe mettevano cibi, vesti e cosmetici, ritratti del defunto e una specie di cofanetto in pietra con incisa una porta per permettere al defunto di andare dal mondo dei vivi a quello dei morti. Gli Egizi ritenevano che nell’aldilà la vita si svolgesse in una specie di paradiso rurale, con immensi campi di papiro governati dal dio Osiride. La prova più difficile da superare per il defunto era al cospetto di Osiride: Anubis portava il morto da Osiride e dai suoi 42 giudici che pesavano il cuore del morto con la piuma della Dea Maat. Se il cuore pesava più della piuma il defunto veniva divorato da Ammut, un mostro terrificante, se il cuore pesava come la piuma andava verso la vita eterna.

GLI AZTECHI: Gli Aztechi erano soliti adottare le divinità degli altri popoli, permettendone il culto quale parte del loro pantheon. Quindi possiamo dire che la religione azteca era piuttosto complessa. In generale secondo gli Aztechi la morte era necessaria alla perpetuazione della creazione: dei ed uomini insieme avevano il dovere di autosacrificarsi al fine di permettere la continuazione della vita. Per quanto riguarda il mondo dell’aldilà, gli Aztechi credevano nell’esistenza di tre differenti regni dei morti. Nel primo, chiamato Ichan Tonatiuh Ilhuicac (casa del sole nel cielo), dimoravano tutti coloro che venivano uccisi nei sacrifici, così come i caduti in battaglia e le donne morte di parto. Nel secondo regno, noto come Tlalocan, e corrispondente al regno del dio della pioggia Tlaloc, trovavano eterno riposo tutti gli annegati e coloro che erano stati colpiti da fulmini, nonché i lebbrosi e i paralitici. Infine, tutti gli altri morti finivano nel terzo regno, detto Mictlán (luogo dei morti), e corrispondente al regno sotterraneo del dio Mictlantecutli.

GLI EBREI: Secondo l’ Ebraismo esistono una Gehenna (l’abisso di fuoco menzionato nella Bibbia) e una dimora di beatitudine, il Gan Eden (il giardino di delizia). I malvagi trascorreranno nella Gehenna, salvo casi eccezionali, 12 mesi: dopo entreranno nel Gan Eden per godere in compagnia del giusto, secondo l’espressione rabbinica, “lo splendore della Shekinà” (presenza divina) e la vita eterna. Il Gan Eden non è riservato esclusivamente a Israele: l’insegnamento giudaico fa dipendere la salvezza dalla retta condotta, di conseguenza tutte le nazioni sono ammesse alla beatitudine della vita futura. L’Equità divina si esprime nell’intolleranza al male e nella punizione del peccato. Conformemente, la Torà fornisce un sistema di punizioni che varia secondo la gravità e l’intenzione dell’offesa.

GLI INDIANI D’AMERICA: Le molte tribù pellerossa avevano culti diversi, ma che seguivano una linea comune. La morte era un evento che veniva vissuto con un forte senso della comunità. I riti funebri si svolgevano nell’assoluto rispetto delle norme sacre per chiunque lasciasse il mondo terreno, sia che fosse ritenuto buono che malvagio. Le tribù di collina seppellivano i loro morti in campi sacri, mentre gli indiani delle pianure li deponevano su una piattaforma e sulla roccia al riparo dei rapaci; altri ancora li cremavano in grandi e sontuosi falò. Gli indiani credevano che il regno dei morti fosse delimitato da un fiume a sud-est, perciò tutte le tombe erano rivolte in quella direzione in modo da indicare la giusta via al defunto. Nell’ aldilà solo i buoni avrebbero goduto della visione del Grande Spirito, mentre i cattivi sarebbero stati costretti a vagare in una sconfinata pianura arida senza una meta.

I CRISTIANI: In generale il cristianesimo parla del Regno dei Cieli e della possibilità, per tutti, di risorgere con il proprio corpo nel giorno del Giudizio Universale. Il Paradiso è un giardino fiorito presieduto da Maria. Nell’iconografia e l’immaginario cristiano hanno avuto un grande impatto le descrizioni del paradiso elaborate dai teologi, dai padri della chiesa, ma anche dagli artisti. Celebre è l’impostazione delle sfere celesti, presiedute dalle varie gerarchie di Angeli, Arcangeli, Troni, Cherubini, Serafini che ruotano creando musiche sublimi ed al vertice dei quali, c’è la Santissima Trinità che infonde una luce celestiale.

I MUSULMANI: I Musulmani dipingono il Paradiso in contrasto con le condizioni di stenti, privazioni tipiche vita terrena (spesso condotta in ambienti ostili come il deserto) alle quali sono abituati. Perciò si tratta di un’oasi celeste, un giardino come ruscelli di acqua fresca, latte e miele, palme cariche di datteri, frutta profumata e succulenta, animali esotici e cibi deliziosi. Ci sono anche sontuosi appartamenti dotati di tutti i comfort nei quali i trapassati vengono serviti da vergini ed efebi.

I TAOISTI: Secondo il taoismo, l’uomo non è un “se unico”, ma è costituito da differenti coscienze. Ad esempio vi sono le “anime” del cuore (shen), del polmone (po), del fegato (hun), della milza (yi) e del rene (zhi), che possono essere considerati corrispondenti agli elementali della tradizione occidentale. Poi vi è lo spirito degli antenati (jing), l’energia vitale (qi) e il Vero spirito (shen). Siamo quindi un’accozzaglia di spiriti. Quando moriamo tutti questi spiriti immortali si separano, a meno che non vengano fusi ed integrati in una più grande identità. Solo la personalità muore perchè non c’è niente che possa tenerla insieme. Gli spiriti dell’astrale restano lì fino a quando verranno a costruire un nuovo corpo combinandosi con altri spiriti. Lo Shen, la nostra anima, torna invece al piano mentale superiore. I taoisti si curano poco delle vite precedenti o della reincarnazione, poichè non ha senso cercare di tracciare la vita di un individuo che non esiste, poichè costituito dalla somma di più spiriti. Tutto quello che conta è trovare un’armonia di questi spiriti nel momento presente, questa la rinascita dello Spirito Originale (il Vero Sè, lo Shen), l’unione degli spiriti del Cielo e della Terra in un’unica entità in perfetta armonia con il Tao.

GLI INDUISTI E I BUDDISTI: Le due religioni prevedono vari paradisi nei quali le anime in attesa di reincarnarsi vengono rifocillate. A differenza dell’Ebraismo, del Cristianesimo e dell’Islam l’obiettivo finale non è una vita individuale nell’aldilà, ma un’unione spirituale al Dio creatore con l’annullamento del se. Il paradiso è un luogo meraviglioso con una copiosa e lussureggiante flora e fauna e dove abbondano cibi e bevande. Ciò dipende dal fatto che la maggior parte delle religioni è nata in un contesto di povertà e stenti e quindi nell’aldilà si ottiene il premio per le giuste azioni e i sacrifici fatti in vita. Nel paradiso non ci può andare chiunque, ma vi è accolto solo chi lo merita (generalmente per le proprie azioni rette, buone, caritatevoli).