Point Nemo: il cimitero dei veicoli spaziali

Era la notte tra il 4 e il 5 ottobre 1947 quando Radio Mosca diede l’annuncio del successo del lancio dello Sputnik 1, il primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra. Era stato lanciato il 4 ottobre dal cosmodromo di Baikonur. Da allora i nostri cieli si sono letteralmente riempiti di satelliti artificiali e ad oggi se ne contano oltre 14.000 in orbita.

Ogni satellite viene inviato ad una certa quota dal suolo e ci rimane seguendo un’orbita o una rotta per un certo periodo di tempo: un po’ per i danni che subiscono dalle radiazioni solari, un po’ perché la tecnologia diventa presto obsoleta, i nostri satelliti artificiali hanno una “vita” prefissata, trascorsa la quale le opzioni sono due: essere dirottati nello spazio profondo (a volte verso il Sole), oppure fatti precipitare sulla Terra per recuperare i dati raccolti e quelle attrezzature che potrebbero tornare utili.

Capite anche voi che se dovessimo far precipitare a caso le nostre sonde o i moduli inviati continuamente per rifornire la Stazione Spaziale Internazionale nei nostri cieli e al suolo ci sarebbero moltissimi incidenti; ecco quindi che, almeno su questo argomento, le nazioni di tutto il mondo sono giunte ad accordarsi di far precipitare i veicoli spaziali tutti in una sola area.

Le è stato dato il nome di “Point Nemo” ed è uno dei luoghi più lontani dalla terra ferma: è uno dei cosiddetti “poli dell’inaccessibilità oceanici” (ne esistono altri sulla Terra in diversi punti dei due emisferi) e si trova nel cuore dell’Oceano Pacifico a oltre 2.600 km di distanza da qualunque affioramento di terra. I punti di terra ferma i più vicini sono l’isola di Ducie a nord (un piccolo atollo corallino dell’arcipelago delle Pitcainr), Moto-Nui a nord-est (fa parte delle isole di Pasqua) e l’isola di Maher a sud (che fa parte dell’Antartide). Se a noi questi nomi non ci dicono nulla, basti pensare che gli esseri umani che passano più vicini a Point Nemo sono gli astronauti dell’ISS che, quando vi passano sopra, sono ad “appena” 360 km di altezza.

Point Nemo si trova a 48° 52.6’S 123° 23.6’W e fu scelto nel 1992 da Hrvoje Lukate attraverso il programma geospaziale “Hipparcus”; il punto Nemo ha preso questo strano nome in onore del capitano Nemo, il celebre protagonista dei romanzi di Jules Verne “Ventimila leghe sotto i mari” e “L’isola misteriosa”.

Purtroppo questa porzione di oceano oggi è adibita a discarica di rifiuti spaziali, un luogo dove le agenzie di tutto il mondo lasciano affondare le carcasse di velivoli, razzi e altri dispositivi coinvolti nella conquista dello spazio.

«È un ottimo posto dove puoi far precipitare le cose senza colpire nulla», ha sottolineato il dottor Bill Ailor, ingegnere aerospaziale e specialista di rientro atmosferico presso la NASA.

Si stima che fino a giugno del 2016 a Point Nemo si siano inabissati i resti di 260 velivoli spaziali, oltre 100 solo nel 2015. Giusto per citarne qualcuno, qui venne fatta ammarare la celebre stazione MIR, molte capsule da rifornimento russe e molte altre dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA); oggi per la maggior parte vengono dirottate qui le capsule di approvvigionamento della Stazione Spaziale Internazionale. Per i satelliti si preferisce porre fine al loro utilizzo liberandoli nello spazio perché i resti dei satelliti si disintegrerebbero nell’atmosfera prima di raggiungere la superficie terrestre, con il rischio di una pioggia di detriti non facilmente direzionabile in zone disabitate.

Point Nemo è a tutti gli effetti una discarica di rifiuti spaziali e, sebbene si trovi in un luogo lontano dalle persone, prima o poi dovremo fare i conto con un inquinamento progressivo dei nostri mari: pur essendo una terra remota e praticamente mai esplorata, spesso i veicoli spaziali portano materiale radioattivo o carburante non utilizzato e ciò pian piano sta rendendo la zona un altro punto dove la vita scompare dai fondali.

Curiosità: nel 2015 i partecipanti della Volvo Ocean Race durante la traversata da Auckland a Itajai, in Brasile, sono stati gli esseri umani civili che si sono avvicinati di più alla zona, ma sono rimasti comunque a oltre 500 km di distanza.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere