Che cos’è l’alchimia?

“È pertanto l’alchimia una casta meretrice, che ha molti amanti, ma tutti delude e a nessuno concede il suo amplesso. Trasforma gli stolti in mentecatti, i ricchi in miserabili, i filosofi in allocchi, e gli ingannati in loquacissimi ingannatori…”

(da Annalium Hirsaugensium Tomus II, S. Gallo, 1690)

Per alchimia si intende una materia esoterica che implica, a titolo diverso, molte discipline scientifiche e non, come la chimica, l’astrologia, la medicina.
L’alchimia è una disciplina complessa che si pone come scopo di studiare fenomeni scientifici, e soprattutto di manipolare i metalli. Lo scopo dell’alchimia era anche quello di riuscire a trasformare tutti i metalli in oro, oppure in rimedi che avrebbero allungato la vita. Possiamo definire questa disciplina come una sorta di archetipo della chimica. 
Uno degli scopi dichiarati di questa disciplina era quello della creazione della pietra filosofale, una pietra che sarebbe stata lo scopo ultimo di questi studi, ma questo si è dimostrato essere più una interpretazione tradizionale e popolare. Infatti l’alchimia aveva anche molti altri scopi, in primis quello di una crescita del soggetto, dal punto di vista spirituale e filosofico. Il processo dell’alchimia era infatti intriso di significati esoterici, religiosi, filosofici, e la trasformazione fisica dei metalli aveva come simbolo la trasformazione interiore di colui che li lavorava. Non si è quindi trattata di una scienza sperimentale, o almeno, non solo. L’alchimia aveva anche dei profondi significati filosofici e spirituali.
Questa scienza, dai connotati esoterici, aveva come fine quello di trasformare il piombo in oro: ma si faccia attenzione, il piombo rappresentava tutto quello che di negativo si trovava nell’anima umana, mentre l’oro rappresentava la parte positiva dell’essere umano. Si tratta quindi, ancora una volta, di un linguaggio altamente simbolico e filosofico; gli alchimisti diffondevano le loro conoscenze utilizzando allegorie e messaggi misteriosi, e per questo per lungo tempo sulla reale natura della loro attività c’è stato un grandissimo mistero, che poi è alla base delle tante incomprensioni storiche di questa disciplina.
Il ‘trasformare il metallo in oro’ quindi rappresentava non solo un obbiettivo materiale, ma anche il desiderio di trasformarsi e di perfezionarsi. L’oro era il simbolo del metallo perfetto, incorruttibile, degno, la parte più spirituale e pira dell’essere umano, quello che poteva vincere le malattie dell’umanità.
L’alchimia man mano che trascorse il tempo si tramutò in un’arte di sapienza e conoscenza, ma non trascurò anche un’importante base pratica. Infatti l’alchimia diede le basi per i futuri studi scientifici in chimica e in medicina moderna.
Il mondo alchemico è pervaso da moltissimi simboli, e dal concetto di ‘sulphur et mercurius’: questi due elementi, zolfo e mercurio, erano visti come i creatori di ogni altro tipo di essenza materiale. Paracelso aggiunse ad esso anche il sale, come terzo elemento.
Il termine ‘alchimia’ deriva dall’arabo al-khīmiyya (الكيمياء), che a sua volta deriverebbe dal termine ‘kīmiyya’, chimica. Questa parola potrebbe significare ‘fondere’ o ‘saldare, colare assieme’. Secondo un’altra pista ‘alchimia’ potrebbe derivare dal termine cinese kim-yia, ‘pozione per fare l’oro’. Un’altra interpretazione del termine vedrebbe la sua etimologia nella parola al kemi, ovvero ‘arte egizia’. I kemi nel mondo antico erano considerati dei maghi dotati di grandi poteri.

La storia dell’alchimia 

Le prime basi dell’alchimia vengono gettate nell’antichità della storia mediterranea da Ermete Trimegisto, considerato fondatore di questa disciplina. Egli nacque circa 5mila anni fa. Sembra che già gli antichi egizi avessero iniziato a comprendere le basi dell’alchimia. Essi avevano capito che i cadaveri si trasformavano in humus, e per evitare questo avevano iniziato a imparare l’arte della mummificazione. I cadaveri venivano svuotati e quindi chiusi in tombe ‘ermetiche’ (il nome deriverebbe proprio da Ermete). La piramide dove venivano sepolti i corpi dei faraoni rappresentava una struttura del tutto simbolica, con base quadrata, che rappresentava i quattro elementi, e una punta, che rappresentava la purificazione nonché l’elevazione spirituale del soggetto defunto. Non a caso più il defunto era importante, più elevata era la sua piramide.
Anche nel mito assiro e babilonese ci sarebbero alcuni elementi che fanno pensare ad una disciplina alchimistica, benché in fase ancora embrionale.
Un periodo però fondamentale per lo sviluppo dell’alchimia è stato il periodo fra la morte di Alessandro Magno e la chiusura dell’accademia di Atene, fra il 323 d.C., ed il 529 d.C.
In quest’epoca l’alchimia iniziò a svilupparsi, soprattutto sotto forma di manipolazione della materia. Gli alchimisti di Alessandria infatti erano operai ed artigiani, molto abili a livello tecnico, e svilupparono alcune modalità di lavorazione dei metalli e colorazione delle stoffe molto pregiate.
In questo periodo, i componenti della scienza alchimistica erano soprattutto le correnti del pensiero del pitagorismo, lo stoicismo, il platonismo e lo gnosticismo ermeneutico.
Dopo di che, l’alchimia entrerà a far parte anche del mondo arabo, dove viene sviluppata molto rapidamente. Anche qui degli abili artigiani danno via a nuovi mezzi di lavorazione delle pelli e dei tessuti. Anche dal punto di vista tecnico e delle attrezzature, si fanno dei passi da gigante, grazie allo studio della matematica. Nell’alchimia araba, le sostanze vengono indicate secondo il loro grado di novità, secondo la loro resistenza al fuoco ed all’acqua, secondo la loro tendenza all’alterazione. Non solo, in questa alchimia c’è anche una forte tendenza occulta e misteriosa, probabilmente dovuta anche alla traduzione fra lingue profondamente diverse come quella latina e greca e quella araba.
Non solo Europa e Africa, l’alchimia si sviluppò in maniera molto interessante anche in Cina.
In Cina questa materia si connette specialmente con la medicina. I primi libri che documentano la tradizione alchimista nell’impero cinese risalgono al Libro delle Mutazioni e al Ts’an T’ung Ch’i del 142 a.C. In questo libro il processo alchemico viene descritto come fondato sui cinque stati di mutamento, vale a dire la terra, il legno, il metallo, l’acqua ed il fuoco. Il processo si fonda anche sui due contrari, lo yin, che rappresenta la passività femminile, e lo yiang, l’attività maschile. Il primo rappresenta la luna e la notte, il secondo la luce ed il sole. L’alchimia cinese si sviluppa ancora di più con l’intervento del maestro Ko Hung nel IV secolo.
In questo periodo si sviluppa la ricerca di metodi che possano portare all’uomo l’elisir dell’immortalità, con una conseguente fioritura della medicina.
Si distinse l’alchimia della scuola interna, che ricercava l’immortalità per mezzo di pratiche fisiche ma anche mentali, e quelli della scuola esterna, che invece cercavano dei rimedi da pillole e minerali e vegetali contro la mortalità.
Anche in India si sviluppò una discreta scuola di alchimia, fin dall’antichità. Prioritaria, nella scuola alchimista indiana, è soprattutto la ricerca dell’immortalità piuttosto che la traduzione di metalli in oro.
Nel corso del Medioevo, l’alchimia fa il suo ingresso nel 1144. In quest’anno, non casualmente, entra in circolo la traduzione in latino del Morienus. Si crea il concetto dell’homo faber, l’uomo costruttore, che coopera con Dio alla creazione. L’alchimia è una scienza nuova, grazie alla quale si approfondisce lo studio della natura.
Cosa fece la Chiesa nei confronti dell’alchimia? La Chiesa condannò questa tecnica, e la proibì ufficialmente nel 1373 (forse anche prima). La Chiesa sancì che trasformare metalli in oro era impossibile e che nel caso gli alchimisti dovessero essere considerati dei truffatori. La disciplina viene in parte abbandonata, ma non del tutto.
Nel corso dell’Umanesimo e poi del Rinascimento l’alchimia assume maggior vigore. Leonardo da Vinci ha giudicato l’alchimia sulla base della sua capacità di perfezionare composti ed apparecchiature tecniche.
Pian piano, l’alchimia si tramuta nella chimica, anche se non in modo netto. In molti continueranno a portare avanti l’alchimia come scienza a parte.
Nell’Occidente, l’alchimia si tramutò pian piano in scienza ed in particolare nella chimica. L’introduzione dell’alchimia al metodo scientifico venne fatta nel XVII secolo da parte di Robert Boyle, ma fu il mondo occidentale nel suo complesso a considerare per primo l’alchimia non superstizione, ma scienza. Nonostante nella mentalità popolare il concetto di alchimia restasse strettamente connesso ad un concetto di superstizione e quasi di magia, nel mondo Occidentale questa arte venne in primis banalizzata, ritenuta alla stregua della superstizione e della cabala o dell’astrologia, per diventare poi una scienza rinomata. Prima, però, il declino, causato dall’incredulità degli occidentali nei confronti di questa materia così complessa ed ancora così poco conosciuta.
L’alchimia, dopo secoli e secoli di grande prestigio, scomparve dal mondo occidentale. Un po’ si dissolse nella chimica, un po’ rimase una materia misteriosa ed arcana, che venne recuperata negli studi di Carl Gustav Jung.
Nella psicanalisi, l’alchimia è concepita come una ricerca spirituale, oggetto di diversi saggi di Jung sulla materia.

La pietra filosofale ed il processo alchemico

La pietra filosofale, in latino lapis philosophorum, viene considerata la materia in grado di risanare la corruzione (sia spirituale che fisica) della materia e dell’uomo. Secondo la tradizione, lo scopo dell’alchimia sarebbe stato proprio quello di creare la pietra filosofale, che sarebbe una sostanza in grado di trasformare i metalli in oro al solo contatto, ci far acquisire l’onniscienza, e di dare l’elisir dell’immortalità.
Oltre a questo, il concetto della pietra filosofale si ricollega all’idea di una quintessenza in grado di portare alla totale elevazione del singolo. Un concetto quindi non solo fisico (la creazione di una pietra di enorme potere e potenziale) ma anche filosofico.
Secondo i manuali di alchimia, per poter giungere alla creazione della pietra filosofale bisognava perpetrare sette procedimenti in quattro operazioni.
Il loro nome era putrefazione, calcinazione, distillazione, sublimazione; le tre fasi invece erano soluzione, coagulazione e tintura.
Il numero delle fasi per mezzo delle quali poteva ottenersi la pietra è collegato al potere magico dei numeri, quindi alla simbologia.
Gli stadi più importanti erano tre:

  • nigredo (opera al nero) che permette la dissoluzione della materia;
  • albedo (opera al bianco) nella quale la materia si purifica;
  • rubedo (opera al rosso) che permette la ricomposizione della materia.

I simboli nell’alchimia 

L’alchimia è straordinariamente ricca di simboli, e da questo potrebbe provenire quell’alone di mistero che fino a qualche tempo fa circondava questa disciplina.
Nell’alchimia venivano rappresentati i simboli di vario tipo: per esempio i simboli astrologici che raffiguravano ciascuno dei sette corpi celesti del sistema solare.
Secondo la tradizione, la Luna è connessa con l’argento, mercurio col mercurio, Marte col ferro, saturno col piombo, Giove con lo stagno, Venere col rame, il sole con l’oro. Ciascuno di questi pianeti era dotato di un simbolo, che a sua volta rappresentava la ‘sette viscere dell’uomo’.
I simboli però rappresentavano anche gli animali, soprattutto quegli animali simbolici come il serpente, il cigno, la fenice, il corvo.

Rapporti fra alchimia e chimica

Più volte nel corso dell’articolo abbiamo detto che l’alchimia si è tramutata nella chimica, della quale ha gettato le basi. Non bisogna però incorrere nell’errore di credere né che si tratti di due materie del tutto simile, né che siano del tutto separate. Senza dubbio alcuno l’alchimia, per mezzo di esperimenti ed osservazioni scientifiche, ha gettato le basi della scienza sulla quale poi sarebbe nata la chimica. Paracelso fu il primo a rendersi conto della ‘filosofia chimica’ insita nell’alchimia.
La chimica nasce come scienza nel XVIII secolo, quando fu possibile avere strumenti per valutare oggettivamente il peso, la natura dei minerali e metalli, le loro variazioni, le leggi e via dicendo. Oggi come oggi la chimica ha ben poco a che spartire con l’alchimia, ma sicuramente questa disciplina l’ha introdotta nelle sue basi concettuali, nello studio degli elementi e delle loro trasformazioni.