La bambola Voodoo egiziana

Siamo abituati a pensare che le bamboline di pezza trafitte da spilloni siano tipiche solamente del culto voodoo; in realtà questi affascinanti oggetti vengono chiamati “bambole voodoo” impropriamente perché, sebbene oggi facciano parte di questa tradizione magico-religiosa, in realtà hanno migliaia di anni e venivano usati sai dagli antichi greci che dagli egizi.
La funzione della bambola voodoo è quella di rappresentare la persona o la divinità su cui si concentra il rituale; a quel punto si usa il fantoccio come catalizzatore per le proprie preghiere o maledizioni lanciate per “attaccare” un nemico.
I greci chiamavano queste bambole rituali “kolossoi” e al tempo il loro utilizzo era molto popolare anche nell’impero romano e in Egitto. Per capirci da ora in poi le chiamerò impropriamente “bambole voodoo”, sebbene con il voodoo non abbiano nulla che fare.
Da alcuni ritrovamenti negli scavi dell’alto Egitto si è scoperto che i faraoni imponevano criteri specifici affinché una bambola potesse realmente fungere da catalizzatore per gli incantesimi. Una bambola voodoo doveva soddisfare almeno due dei seguenti criteri:

– le braccia o le gambe della bambola dovevano essere intrecciate dietro la schiena;
– la bambola doveva essere trafitta con chiodi o spilloni;
– la testa, i piedi o la parte superiore del tronco della bambola dovevano essere ritorti in avanti;
– la bambola doveva essere sigillata in un contenitore ;
– la bambola doveva portare inciso il nome di una vittima o della divinità di cui prendeva la forma;
– la bambola doveva essere sepolta in una tomba, un santuario o in canale.

Le bambole voodoo già al tempo dei faraoni erano usate prevalentemente come catalizzatori di maledizioni o incantesimi per assoggettare una donna; erano comunemente fatte di piombo, bronzo o argilla, ma a volte erano anche fatte di cera. Molto spesso erano completate da una tavoletta sulla quale veniva incisa la preghiera o la maledizione e infine venivano seppellite in luoghi che avevano a che fare con la morte (per questo le tombe) perché si credeva che affichè un rito di magia nera avesse effetto ci volesse un buon catalizzatore (il piombo) e un luogo di unione tra il mondo terreno e l’Aldilà.
L’immagine che vi riporto è un caso un po’ inquietante di bambole voodoo antica. Questo esemplare è di argilla e oggi è custodito al Museo del Louvre di Parigi e osservabile in una teca dedicata all’antico Egitto.
In realtà, sebbene sia stata rinvenuta in uno scavo nei pressi di Tebe, la bambola risulta di origine greca, o almeno così si deduce dalla tavoletta trovata assieme ad essa. È stata trovata in un vaso di terracotta con una tavoletta di piombo ripiegato sulla quale era inciso un incantesimo. Si stima che risalga al III o IV secolo prima di Cristo.
L’effigie è inginocchiata con i piedi legati insieme e le braccia legate dietro la schiena; come se ciò non bastasse è stata accuratamente trafitta con 13 perni: uno nella parte superiore della testa, uno in bocca, uno in ogni occhio e ogni orecchio, uno ciascuno nel petto, vagina e ano, uno nel palmo di ogni mano e uno nella pianta di ogni piede. C’è forse qualche dubbio che sia stata utilizzata per una maledizione?
Se ci fosse basta leggere l’iscrizione sulla tavoletta per renderci conto che l’autore voleva lanciare un incantesimo d’amore un po’ sadico ad una donna che probabilmente lo ha respinto. Ecco cosa riporta l’iscrizione greca:

«Grande Tolemaide, che Aias, la figlia di Horigenes, venga a me. Impediscile di mangiare e bere fino a quando lei non si presenterà a me e non permetterle di avere esperienza con un altro uomo tranne che me solo. Trascinala per i capelli, scuoti le sue viscere fino a quando lei non accetterà di concedersi a me. Fino a quando vivrò lei dovrà obbedirmi, amarmi, desiderarmi e dirmi cosa sta pensando.»

La traduzione che ho fatto io è già presa da una traduzione probabilmente errata o incompleta perché Tolemaide non è una divinità ma una città (quindi qualcosa non torna). In ogni caso il concetto pare chiaro: l’incantesimo sembra sia stato lanciato da un uomo bramoso di una ragazza che probabilmente lo ignorava; certo è che non ci andò sul leggero nel nelle parole ne nel trafiggere il fantoccio, perciò c’è da sperare che non abbia ottenuto ciò che voleva, altrimenti povera ragazza!
Questa è solo una delle molte bambole usate per lanciare maledizioni o incantesimi di costrizione su una persona e, come avete visto, la pratica risale a molto prima del culto voodoo.

CURIOSITÀ: le maledizioni potevano anche essere rese inoffensive o rotte. Sempre da un testo greco si può leggere un caso in cui l’incantesimo venne spezzato: Sophronious nel VI secolo dopo Cristo in uno dei suoi scritti racconta di come Teofilo di Alessandria fu reso addirittura tetraplegico da in incantesimo lanciato per volere dei suoi amici. Invidiosi di lui avevano invocato la dea Ecate per instillare il dolore in tutte le sue membra. Teofilo in sogno ebbe una visione e assumere un pescatore per uscire in mare e gettare le sue reti in prossimità delle coste di Corone: il pescatore catturò nelle sue reti una piccola scatola sigillata con il piombo, all’interno della quale c’era un’effigie in bronzo di Teofilo con un chiodo conficcato in ogni arto. La bambola venne liberata dai chiodi e depositata in un luogo sacro: Teofilo in quel modo venne liberato dal suo dolore e dalla paralisi che lo affliggeva.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere