Emily Isabella Burt: la lupa mannara della Georgia

Nel secolo scorso, ma soprattutto nell’ultimo ventennio, in tutto il mondo c’è stato un boom di film, riviste, libri, storie e gadget sui vampiri. Oggi il vampiro è un’icona horror, una creatura che tanto temuta in passato quanto ammirata e “desiderata” oggi (e per desiderata intendo anche sessualmente). Al di là di quale vampiro vi piaccia (Edward Cullen, Lestat, Selene, Dracula, Blade, Nosferatu, ecc..) quello che è certo è che nessuno di loro si può definire tale, almeno non come fu pensato originariamente.
Ma perché si parla tanto di vampiri e non di licantropi? Le due creature hanno spesso luoghi comuni nella storia, ma i licantropi hanno origini molto più antiche e perfino le leggenda a riguardo sono molto di più; eppure la figura del mannaro (non sono solo i lupi ad essere mannari) non ha mai veramente avuto successo sul piccolo schermo o nella cultura moderna.
Quello di cui sto per parlarvi è uno di quei casi storici (quindi documentati e non inventati) che hanno portato a credere che i licantropi siano veramente esistiti, sebbene ci siano alcuni punti oscuri che avrebbero dovuto essere sviluppati a loro tempo per giungere ad una conclusione inequivocabile.
Secondo i documenti del tempo nel 1855 nella campagne e nei boschi della Georgia si aggirava un lupo mannaro affamato, pronto ad aggredire chiunque gli capitasse a tiro nelle notti di plenilunio. Da lì a collegarlo alla giovane Emily ci volle un po’, ma le prove sembrarono al tempo inoppugnabili, tanto che da lupo mannaro si passò a parlare di “Emily, la ragazza licantropo”.
Emily Isabella Burt era una ragazzina 14enne di famiglia ricca e viveva nei pressi di Woodland; terza di cinque figli, era la più timida e impacciata, spesso sopraffatta dai fratelli e al centro degli scherzi dei compagni di scuola. Quell’anno il padre di Emily morì, ma lasciò una grossa somma di denaro che permise alla madre di continuare a crescere i figli in maniera decorosa e assicurò a tutti un futuro tutto sommato agiato. Emily però non prese bene la dipartita del padre, anche perché era l’unico che veramente la capiva e con cui riusciva a confidarsi: Mildred Owen, la madre, preoccupata per la salute della figlia, decise allora di mandarla in Inghilterra da una sua parente e di farla distrarre frequentando un anno di scuola in Europa.
Se all’iniziò la lontananza da casa sembrò avere un effetto benefico sulla ragazzina, dopo un solo semestre Emily venne rimandata a casa e i parenti scrissero a Mildred che la ragazza mostrava strani segni di nervosismo e rabbia incontrollata. Non passò molto tempo che in effetti che la madre e fratello notarono qualcosa di strano in lei: era sfacciata, maliziosa nel parlare, amava provocare i maschi, anche gli anziani vicini, scoprendo parti del corpo, era iperattiva, sfociava spesso in malumori o gesti di stizza e di notte mugolava e non riusciva a dormire. Solo più tardi ci si accorse che quei comportamenti avvenivano principalmente nella settimana a cavallo della luna piena, ma anche allora il timore della madre e dei vicini fu che fosse semplicemente pazza.
Passò ancora qualche mese ed Emily iniziò ad aggiungere un ulteriore bizzarro comportamento: sempre nei giorni a cavallo del plenilunio la ragazza si alzava in piena notte e a piedi nudi usciva di casa per addentrarsi nella foresta poco lontano da casa. Tornava sempre al mattino, nuda o con la veste da notte strappata. Mildred chiamò dei medici affinché controllassero sua figlia e loro riscontrarono uno sviluppo anomalo delle arcate dentali nei pressi dei canini e capelli che crescevano due volte la velocità normale. A parte questo la ragazza sembrava normale, anche perché le visite avvenivano dopo alcuni giorni che Emily manifestava quei comportamenti (quindi dopo che l’effetto della luna piena era svanito) e quindi la trovavano sempre calma e razionale. Lei dal canto suo, affermava di ricordare nulla delle notti che trascorreva nei boschi e nemmeno dei suoi comportamenti bizzarri in quei giorni. I medici giunsero alla conclusione che la ragazza non avesse nulla e che quei comportamenti fossero dovuti semplicemente ai cambiamenti della pubertà.
Nel 1851, l’anno dopo, le cose però peggiorarono. In primavera gli agricoltori e i pastori della zona iniziarono a lamentare la morte di molti dei loro animali da fattoria, quasi tutti trovati nei loro cortili sbranati o fatti a pezzi. In tutta la contea di Talbot i coltivatori nei giorni di luna piena trovavano nei loro campi carcasse macellate di animali, apparentemente vittime di un attacco di lupi.
Gli agricoltori di Woodland si organizzarono per una battuta di caccia ai lupi e dopo settimane di insuccessi uscirono una notte di luna piena nel giugno di quell’anno riuscendo finalmente a trovare la creatura responsabile delle aggressioni al bestiame. Nel folto del bosco videro (e riportarono nei documenti di allora) una creatura dal pelo folto color scuro che poteva muoversi a due o a quattro zampe, con lunghi artigli e zanne mostruose; appariva in tutto e per tutto come un lupo, ma la postura erette fece subito gridare al “lupo mannaro”. A questo si aggiunse il fatto che molti di loro spararono alla creatura, ma nessuno di loro riuscì ad abbatterla, portando a pensare che fosse immune ai colpi normali.
I cacciatori dovettero attendere la successiva luna piena e nel mentre, guidati da un anziano particolarmente attivo, presero la vicenda talmente sul serio che fusero diversi oggetti in argento per creare proiettili (si pensa ancora oggi che l’argento sia una delle poche cose a danneggiare i lupi mannari). Gli agricoltori arrivarono anche a sciogliere le loro croci appese in casa pur di avere pallottole a sufficienza per uccidere la bestia.
Infine all’avvicinarsi del plenilunio iniziarono a darsi il cambio e fare turni ai bordi di ogni bosco della zona in modo da essere pronti ad ogni movimento sospetto nel sottobosco. Le molte energie spese furono nuovamente ripagate e una notte nel bosco fuori Woodland un gruppo di pattuglia si imbattè in una silhouette spaventosa grande come un uomo, ma con l’aspetto animalesco di un lupo che camminava su due zampe. I cacciatori fecero fuoco con i loro fucili e ci furono lunghi momenti concitati e di confusione; la creatura fuggì nella foresta, ma diverse chiazze di sangue a terra diedero la conferma che quella volta l’avevano colpita.
Mildred Owen Burt si svegliò al suono delle spari, e conoscendo l’attitudine della figlia di uscire di notte si allarmò e andò a controllare in camera sua: il letto di Emily era vuoto. Preoccupata per quegli spari troppo vicini a casa, accese una lanterna e si diresse verso la foresta seguendo la luce delle lanterna che già si muovevano nel sottobosco. Al suo arrivo vide con orrore Emily a terra in un lago di sangue.
Il giorno successivo il medico locale a chiudere le ferite di Emily e a salvarle la vita perché era stata colpita solo ad una spalla; le voci di “incidente” di Emily e quelle sulla caccia ai lupi mannari iniziarono a mescolarsi nelle taverne locali, fino alla conseguente conclusione che fosse proprio Emily la creatura mostruosa che uccideva gli animali nelle fattorie.
Per il bene della ragazza Mildred mandò sua figlia a Parigi da un medico che affermava di essere “specializzato in licantropia”. Secondo le leggende gli attacchi agli animali cessarono completamente da allora e quando Emily Isabella Burt tornò in Georgia alcuni anni dopo era stata curata dalla sua misteriosa malattia, non manifestando più alcun sintomo di nervosismo o stravaganze.
Emily visse il resto della sua vita a Woodland e divenne un’imprenditrice di successo. Morì Nel 1911, all’età di 70 anni.
Ancora oggi ci si chiede cosa fosse in realtà la creatura che uccideva gli animali nelle fattorie della contea di Talbot e se Emily davvero c’entrasse qualcosa. La storia della lupa mannara è caldamente contestata da scettici e studiosi, ma la gente di quei luoghi sono inclini a pensare che la bestia fosse proprio la ragazzina.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere