esperimento per entrare in contatto con Dio

L’esperimento per entrare in contatto con Dio

«L’essere umano sfrutta solo il 10 % del suo cervello…» Quante volte avete sentito questa frase? Sono certo parecchie.

È opinione comune che le capacità intellettuali degli umani non siano sfruttate se non in minima quantità e che se usassimo una maggiore porzione di cervello riusciremmo a disporre di capacità straordinarie, al limite del divino.

L’origine della credenza pare essere dovuta agli studi degli psicologi William James e Boris Sidis dell’Università di Harvard, formulati osservando lo sviluppo del figlio di Sidis, William James, un bambino prodigio: gli venne attribuito un quoziente intellettivo di oltre 250 e le sue straordinarie capacità condusse James ad affermare nel 1908 la famosa frase:
«Stiamo facendo uso di solo una piccola parte delle nostre possibili risorse mentali e psicologiche» poi erroneamente quantificata nel famoso 10% che si crede oggi.
Fu anche detto che per sviluppare le capacità mentali di una persona bisognerebbe inibire i 5 sensi della persona poiché sono degli “adattamenti” evoluzionistici che ne limitano lo sviluppo: in pratica si notò che le persone cieche, sorde o mute erano in grado di sopperire ad un senso mancante sviluppando capacità sostitutive e quindi sviluppando una parte delle proprie potenzialità cerebrali che le persone comuni non riescono a utilizzare.

Questo ultimo pensiero fu (e pare che sia ancora) alla base di alcuni esperimenti a dir poco agghiaccianti che miravano a sviluppare l’intelligenza umana fino a dimostrare o confutare l’esistenza di Dio. In sostanza l’idea era che per entrare in contatto con Dio bisognava evolversi ad un’intelligenza superiore e per farlo bisognava rinunciare alle “comodità” evoluzionistiche che ci hanno resi gli uomini attuali.

Ora, l’esperimento di cui sto per parlarvi probabilmente è un falso e lo dico perchè di riferimenti se ne trovano solo nei siti di creepypasta, ma ho l’impressione che non si discosti da altri esperimenti segreti simili svolti dagli scienziati del passato (in fondo hanno fatto anche di peggio e il mio timore è che ancora oggi si usino cavie umane per test così macabri). Prendiamo quindi questa storia come un”chissà”!

Nel 1983 un gruppo di scienziati finanziati dal governo americano ipotizzò che l’essere umano, se privato dei suoi 5 sensi, fosse in grado di adattarsi al mondo esterno andando oltre la rigida realtà e arrivare addirittura a percepire l’entità superiore che ha generato la vita (chiamiamola Dio per comodità). Elaborarono quindi un esperimento che rispondesse alle domande esistenziali che tutti ci poniamo sin dall’alba dei tempi: Chi ci ha creati? Come ci evolveremo? Siamo qui per caso oppure per volere di qualcuno? E se ci fosse “qualcuno” che ci ha creati, è possibile contattarlo?

A quanto pare gli scienziato trovarono perfino un anziano che si offrì volontario come cavia, nonostante gli venne preannunciata un’operazione definitiva: per privarlo dei sensi era necessaria un’operazione chirurgica con la quale si recidevano i nervi sensoriali del cervello e dopo di essa l’uomo non avrebbe più potuto usare nessuno dei suoi 5 sensi.

L’uomo accettò sostenendo di non aver più nessun motivo per continuare a vivere. L’operazione ebbe successo e l’uomo, sebbene fosse in grado di muoversi normalmente, non riusciva a percepire nulla, nemmeno al tatto. Venne chiuso in una stanza illuminate 24 ore al giorno e venne monitorato da diverse telecamere per giorni: come da accordo l’uomo doveva parlare di ciò che provava, ciò che avvertiva e anche di ciò che pensava, ma per quasi una settimana parlò solo di ricordi passati e de desiderio di tornare a vedere e sentire.
Poi la sua voce divenne più flebile e il suo modo di parlare divenne sconnesso, quasi come una persona sotto effetto di stupefacenti. Quel suo comportamento allarmò gli studiosi che iniziarono ad entrare ed uscire dalla camera per cercare di comprendere le necessità dall’uomo e valutare se fosse in preda a qualche problema psicologico o meno.

All’ottavo giorno l’uomo iniziò a piangere a dirotto affermando di sentire nella sua testa la voce di sua moglie defunta da anni e, cosa che fece drizzare le orecchie agli scienziati, affermò di riuscire anche a risponderle e di essere in grado di instaurare con lei un discorso.
Dopo qualche giorno l’uomo disse di essere ing rado di comunicare con i defunti e di sentire le voci di decine di entità che volevano comunicare qualcosa ai loro cari: alcune delle voci gli comunicarono particolari a conoscenza solo degli scienziati dietro ai vetri della stanza e alcuni di loro, in evidente stress, decisero di abbandonare l’esperimento.
Lo stadio successivo fu proprio ciò che temevano gli studiosi: l’uomo, sovraccaricato da stimoli psicologici, iniziò a battere forte la testa contro le pareti dicendo che il dolore era l’unica cosa che gli dava pace dalle voci nella sua testa. Disse di “vedere e sentire” delle presenze perfino nel sonno e quella confusione lo stava facendo impazzire.
Chiese più volte l’eutanasia, ma gli studiosi si convinsero che l’uomo fosse vicino a rispondere alle domande esistenziali che l’uomo si porta dietro da tempo e per impedirgli di farsi del male foderarono le pareti con del materiale spugnoso.

L’uomo allora iniziò a mordersi le braccia e con le unghie tentò di incidersi la carne proferendo una frase davvero inquietante:
«Nessun Paradiso, nessun perdono!»
Gli scienziati lo immobilizzarono e lo legarono ad una branda, ma l’uomo cercò in tutti i modi di liberarsi, fino a rompersi un braccio. Dopo molte ore passate in una sorta di frenesia mistica, l’uomo smise di urlare e si lasciò andare, come se avesse esaurito tutte le energie in corpo.
Dopo 12 giorni dall’inizio dell’esperimento l’uomo si spense come se fosse stato prosciugato delle forse, ma prima di spirare ebbe il tempo per un’ultima frase inquietante:
«Ho parlato con Dio. Lui ci ha abbandonati.»

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere