Peter Plogojowitz: il contadino vampiro

L’est Europa è da secoli un territorio di confine, sia geografico con l’Asia, sia culturale e religioso. Anche se noi pare che la Chiesa sia stata rigida nell’affermare il suo potere, in tutti i paesi dell’est Europa in periodo medievale si viveva in un clima di puro terrore psicologico e le superstizioni erano talmente radicate che ancora oggi sono vive più che mai. Iniziando dalla Valacchia e finendo vicini a noi, in Slovenia, ancora oggi ci sono cittadine convinte che i vampiri siano reali e gli abitanti adottano ogni prevenzione per scongiurare che queste creature attacchino le loro famiglie.
Questo è il motivo per cui a noi giungono notizie sconcertanti, spesso incredibili di fenomeni legati al vampirismo o alle streghe: mentre noi tendiamo a relegare la figura del vampiro nelle leggende, tra la Slovenia e la Russia è quasi una realtà quotidiana, perfino oggi giorno.
Questa storia proviene dalla Serbia e in particolar modo da un particolar modo da un piccolo villaggio chiamato Medvegia; forse tutto nacque a causa della tubercolosi o della difterite come in altri casi simili avvenuti nel 1800, ma le testimonianze degli abitanti e dei medici del tempo furono talmente inquietanti che ancora oggi fanno sprofondare l’intera questione nel mistero.
Nel 1725 nel distretto serbo Rahm di Kisilova l’intera comunità medica fu allertata da strane dicerie riguardo un uomo defunto che si sarebbe presentato a diverse persone portandole alla morte nel giro di pochi giorni; le notizie giunsero fino a Belgrado e un gruppo di medici venne mandato nel remoto villaggio di Medvegia per indagare sulla questione.
Al loro arrivo gli stessi medici si trovarono di fronte ad una comunità in preda all’isteria e alla paura e ci vollero due giorni prima di riuscire a mettere insieme i pezzi del puzzle. Tutti avevano qualcosa da dire e spesso le testimonianze si contraddicevano, ma una cosa era certa: l’artefice delle morti era un uomo di nome Peter Plogojowitz.
Plogojowitz era morto già da tre mesi, ma gli abitanti del villaggio erano certi che in alcune notti lo si vedeva camminare per le strade e che fosse in grado di sparire e riapparire nelle case dei poveri sventurati che finivano poi per morire. Ovviamente i medici scartarono a priori la possibilità di un morto vivente, ma riscontrarono che a Medvegia le morti erano troppe e troppo sospette da essere attribuite a una coincidenza; la prima cosa a cui pensarono fu un’epidemia mortale che in qualche modo giustificasse la perdita di sangue sulle vittime. In effetti a Medvegia al loro arrivo erano morte da quasi una ventina di abitanti di tutte le età e tutti, secondo i documenti del medico locale, presentavano perdite abbondanti di sangue dalla bocca e dagli occhi.
Il libro “The Everything Vampire Book”, che raccoglie molti casi simili del tempo in tutto l’est Europa, riporta diversi particolari di questa vicenda. Eccone un estratto:

«Peter Plogojowitz, un uomo medio di poca distinzione, morì e fu sepolto nel distretto Rahm di Kisilova. Poco dopo una settimana una misteriosa malattia ha colpito nove abitanti di diversa età con un decorso di 24 ore e la conseguente morte. La moglie di Plogojowitz ha affermato che il suo caro marito defunto le ha fatto visita chiedendole le sue scarpe. Questo fenomeno sembra avvalorare i rapporti anche di coloro che si sono ammalati: alcuni prima di morire hanno affermato che Plogojowitz non solo ha fatto loro visita, ma che abbia tentato di strangolarli.»

I medici per risolvere la questione, con la cooperazione delle autorità e del personale militare, fecero riesumare il corpo di Plogojowitz: secondo i racconti riportati nelle cronache del tempo il cadavere portava tutti i segni rivelatori di un vampiro. Alcuni lembi della sua pelle si erano staccati e mostravano una nuova pelle biancastra sottostante, i capelli e le unghie erano cresciute, c’era sangue vicino alla sua bocca, ma soprattutto il corpo appariva ancora relativamente intatto.
La folla accorsa urlò al vampiro e a gran voce chiese di distruggere la creatura in modo che non facesse altre vittime. Le autorità, per mettere a tacere quelle voci, ordinarono che il cuore di Plogojowitz venisse trafitto da un paletto di legno: quando l’ordine venne eseguito un fiotto di sangue non coagulato fuoriuscì dal petto e dalla bocca. A quel punto fu dato l’ordine di dare fuoco al cadavere e disperdere le sue ceneri. Nonostante quel “trattamento” macabro però gli abitanti non si placarono e chiesero (e ottennero) che tutte le presunte vittime di Plogojowitz subissero lo stesso trattamento in modo che non tornassero come vampiri per uccidere altra gente.
Il caso volle che dopo quella giornata di follia il villaggio di Medvegia tornasse alla tranquillità per un paio di anni, fin quando un uomo di nome Arnod Paole giunse in paese dopo la guerra in Grecia. Secondo quanto riferito da lui stesso, il soldato era in fuga da un vampiro: disse che era stato morso ad braccio e che per scongiurare la sua trasformazione aveva mangiato la terra della tomba del vampiro e si era imbrattato di sangue del vampiro, ma che ogni scongiuro era stato inutile e che il suo predatore era alle sue calcagna per completare l’opera e trasformarlo in un suo seguace.
Dopo qualche settimana Paole morì a causa di una caduta da un carro e nuovamente, così come per Plogojowitz, gli abitanti dopo qualche giorno iniziarono a spargere la voce che il morto era tornato dal regno dei morti per uccidere la gente. In quel periodo morirono 4 persone e le accuse insistenti della gente costrinse le autorità a riesumare il cadavere di Paole. Dopo 40 giorni la lapide di Paole venne scoperchiata e anche nel suo caso il cadavere era abbastanza integro e mostrava rivoli di sangue dagli occhi, naso, bocca e orecchie; la camicia e il feretro erano completamente insanguinati e capelli e unghie erano cresciute come se fosse ancora in vita.
Anche per Paole si profilò lo stesso destino di Plogojowitz: il cuore venne trafitto da un paletto di legno e il cadavere venne bruciato sul rogo.
La cosa interessante di questo “secondo vampiro” furono le dichiarazioni scritte dei medici che esaminarono le presunte vittime di Paole prima che fossero date anch’elle alle fiamme.
Nella loro relazione, “Visum et Repertum” gli ufficiali riportarono i dettagli clinici delle esumazioni, affermando che dopo l’apertura del corpo trovarono una notevole quantità di sangue fresco extravascolare. Le arterie cave, come il ventriculis cordis, non erano piene di sangue coagulato come si aspettavano, ma con sangue abbastanza fresco da sembrare quello di una persona sana; lo stesso valeva per polmoni, fegato e intestino.
I due casi di Medvegia sono diventati molto famosi nei decenni a seguire proprio perché, oltre alle dichiarazioni degli abitanti (che potevano anche essere giustificati come isteria di massa), si unirono quelle dei medici sconcertati per i risultati delle autopsie.
Cosa successe veramente nel piccolo villaggio di Medvegia? C’erano davvero i vampiri?

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere