Robert the Doll: la bambola maledetta

Bambole e pupazzi sono da sempre i compagni di gioco dei bambini e oggi sono sempre più realistici, al punto che per alcuni (non solo bambini) possono apparire perfino spaventosi. Alcuni psicologi credono infatti che un fantoccio non debba essere proprio realistico perchè più assomiglia ad un essere umano e più suscita nelle menti istinti negativi.
Non si può dire che un secolo fa le bambole fossero delle fedeli riproduzioni di esseri umani, ma anche a quel tempo ci sono state creazioni piuttosto inquietanti. Io però voglio parlarvi di un bambolotto (sarebbe meglio chiamarlo pupazzo) molto carino e tutto sommato ben fatto, anche se con materiali non egregi. Ne avrete sentito sicuramente parlare perchè è considerato uno degli oggetti più infestati del mondo: si tratta di “Robert the Doll”.
La storia di questa bambola ha dei “buchi temporali” molto lunghi, dovuti al fatto che fu tenuta per molto tempo chiusa in una cassapanca in soffitta; per questo motivo inizierò dal suo primo proprietario (o meglio il secondo) e colui che gli diede il nome.
Robert Eugene Otto è stato un artista e pittore di una certa importanza in tutti gli Stati Uniti. Nacque a Key West, in Florida, il 25 ottobre del 1900 da una famiglia molto agiata, tanto da permettersi piantagioni, servitù e una delle più belle case di allora. Tutto sommato si viveva bene in casa Otto, perfino i servitori di colore (che al tempo alcuni trattavano alla stregua di animali) godevano di un certo rispetto, e Thomas, il capofamiglia, era certo che tutti in casa si sarebbero presi cura del suo primogenito Gene (veniva chiamato così tra parenti e amici).
E in effetti fu sempre così e nella magione tutti vivevano senza rancori, seppur le caste dovevano essere rispettate e i servitori avevano i loro doveri. Era una situazione più unica che rara a quel tempo, ma a dimostrazione di quella tranquillità addirittura i servi erano soliti regalare al piccolo Robert Eugene (lo chiamerò Gene da ora per distinguerlo dal pupazzo) oggetti della propria terra nativa e occuparsene con l’amore che trasmetterebbe solo un vero genitore.
Si dice che Robert, la bambola, gli fu donata da una balia originaria delle Bahamas (un’altra versione dice che era giamaicana), che era stata cresciuta ed iniziata ad antiche pratiche religiose associabili al voodoo, e quel regalo fu talmente gradito dal piccolo Gene che non se ne separò mai fino a circa 6 anni.
Robert è un fantoccio alto quasi un metro, vestito di un completino bianco da marinaretto con tanto di berrettino e con in braccio un pupazzetto. Non è di certo una bambola come quelle di oggi, con espressioni e pieghe della pelle ben delineate, ma anche a vederlo oggi ispira una certa simpatia, forse proprio per la sua semplicità.
Fu il bambino a dargli il suo stesso nome, e Robert divenne da subito il suo compagno di giochi. Anni più tardi, quando l’artista era cresciuto, iniziò pian piano a chiamarlo Ufficiale Robert, chiaramente ispirato dalla divisa del fantoccio. Anzi, il bambino andò ancora oltre e pretese di essere chiamato Eugene e non Robert, perchè quello era il nome del suo “amico”.
Ad ogni modo il piccolo Gene passava buona parte del suo tempo in compagnia di Robert, giocando e chiacchierando col suo nuovo amico. I genitori notarono divertiti che spesso Gene sfruttava Robert come copertura per le sue marachelle: se un soprammobile di cristallo cadeva a terra, una finestra veniva lasciata aperta, un biscotto spariva dalla credenza o la cameretta era lasciata in disordine, il piccolo si giustificava dicendo: > (È stato Robert!).
Quella risposta che il bambino dava spesso era detta con tale enfasi che i genitori e i servitori scoppiavano in una risata e il piccolo Gene riusciva sempre ad evitare la punizione per le sue marachelle. La cosa divenne un po’ più preoccupante verso i 4 anni, quando il bambino iniziò a parlare per ore da solo e a rispondersi con una voce completamente diversa dalla sua. Ma l’immaginazione di un bambino, si sa, può portare anche a queste cose: in fondo anche quello poteva essere un gioco inventato per combattere la solitudine.
Le cose però in casa Otto iniziarono a diventare quanto meno “strane”: Gene iniziò ad avere incubi frequenti, si svegliava terrorizzato e quando i genitori accorrevano nella sua camera per tranquillizzarlo trovavano spesso mobili spostati e oggetti a terra. La spiegazione di Eugene era sempre la stessa: > e tutte le volte che accadevano cose insolite la ripeteva.
La cose inspiegabili si fecero sempre più frequenti: argenteria sparsa a terra, quadri caduti, letti disfatti, finestre rotte, graffi sui muri, giocattoli fatti a pezzi: era colpa di Robert!
A preoccupare i genitori del piccolo giunsero anche le segnalazioni dei servitori che vivevano nella casa di fianco e alcuni vicini degli Otto che in più occasioni giurarono di aver visto il pupazzo affacciarsi alle finestre o spostarsi velocemente nei corridoi, spesso accompagnato dalla risata gioiosa di un bambino.
Il comportamento del piccolo Gene poi iniziò a spaventare Thomas, soprattutto perchè il bambino, pur non essendo particolarmente vivace, quando parlava al suo bambolotto cambiava identità, assumendo contemporaneamente un tono della voce tranquillo e uno violento. Giunto all’età di 5 anni il bambino sembrava spaventato da Robert, al punto che dopo l’ennesimo episodio di isteria del bambino la madre decise di allontanare da lui la bambola: il giorno fatidico fu quando la signora Otto irruppe di corsa nella stanza del figlio e lo trovò rannicchiato in un angolo terrorizzato, mentre la bambola sedeva sul letto voltata verso Eugene.
La donna voleva disfarsi di quella bambola, ma molti servitori le consigliarono di non farlo per non incorrere in maledizioni: al tempo le credenze erano radicate sopratutto nel voodoo e nella stregoneria, quindi la donna ci ripensò e scelse di relegare Robert in soffitta in una cassapanca. Al bambino fu detto che Robert se ne era andato e lo distrassero con altri giocattoli.
In casa tornò la tranquillità, i fenomeni paranormali si attenuarono e Eugene crebbe. Andò a studiare a Parigi dove conobbe Anne, una pianista jazz che sposò il 3 maggio del 1930, e quasi 20 anni dopo tornò a vivere a Key West, in quella casa che lo aveva visto nascere.
Robert era rimasto in soffitta per tutti quegli anni e durante i lavori di ristrutturazione della villa Gene ritrovò quel suo compagno di giochi. Eugene fece costruire una stanza in scala appositamente per lui, con mobili di dimensioni ridotte e soffitto ribassato. Il nuovo padrone di casa Otto insisteva perché Robert fosse trattato come una persona, facendolo addirittura sedere a tavola durante i pasti.
Gene sembrava assuefatto da quel pupazzo e la cosa peggiorava ogni giorno; Anne notò un attaccamento morboso del marito verso Robert, al punto di preoccuparsi seriamente per la sua salute mentale. Un giorno, approfittando dell’assenza del marito, prese il vecchio pupazzo di stoffa e lo chiuse di nuovo in soffitta. Quando Eugene venne a sapere di quello che aveva fatto scoppiò in una scenata furibonda che terrorizzò Anne e la costrinse a chiedere aiuto ai vicini che l’accolsero per alcuni giorni. Eugene riportò Robert nella sua stanza, continuando ad accusare per diversi giorni la moglie di essere gelosa del suo “amico”.
Dopo quella scenata esagerata di Gene il rapporto tra i due iniziò a lacerarsi e l’uomo divenne sempre più scostante e chiuso in se. Passava la maggior parte del tempo rinchiuso nel suo studio a dipingere e la moglie preferiva stargli alla larga il più tempo possibile per non irritarlo. Nonostante questo ebbero una figlia, Sunny, che morì in un incidente a soli 18 anni.
L’artista Robert Eugene Otto morì il 24 giugno 1974 e Anne abbandonò in fretta Key West, andando a vivere a Boston. Casa Otto, divenuta famosa come “The Artist House”, venne data in affitto. Gene lasciò un testamento scritto con una clausola in cui stabiliva che se la casa fosse stata data in affitto, Robert doveva essere lasciato nella stanza fatta apposta per lui: lo fece per evitare che la moglie si disfacesse del pupazzo.
Quando nel 1978 anche Anne morì, la clausola divenne nulla e la casa fu sottoposta ad alcuni lavori dai nipoti. Gli operai incaricati riferirono che la bambola sembrava spostarsi ogni volta che giravano lo sguardo e più di una volta sentirono una risata risuonare nelle stanze.
Robert fu di nuovo trasferito in soffitta, ma i nuovi proprietari lamentarono episodi simili a quelli accaduti agli Otto: rumori notturni, oggetti distrutti, risate di un bambino nei corridoi.
Alla fine l’Ufficiale Robert fu donato al Fort East Martello Museum di Key West, dove venne messo in esposizione in una teca di vetro.
Oggi Robert ha raggiunto una certa popolarità ed è incluso in tutti i “ghost tour” della Florida. Il pupazzo a quanto pare non gradisce molto le attenzioni dei curiosi e all’entrata del museo viene detto loro che per potergli scattare una foto i turisti devono prima chiedergli gentilmente il permesso: molti che hanno provato a fotografarlo infatti, anche troupe televisive, hanno rilevato guasti all’attrezzatura e alle foto.
Forse per alimentare maggiormente la fama di bambola maledetta il museo si è inventato un blog su Robert e un account su facebook al quale potete chiedere l’amicizia e tentare di farvi un nuovo “speciale amico”, oppure, se proprio volete scaricare la colpa di qualche vostro guaio, potete comprare una sua riproduzione online al prezzo di 40 $ e dire >

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere