L’uomo vespa

Anche in Italia nascondiamo misteri degni dei casi di Shelock Holmes e non sempre con morti sulla coscienza. Uno dei più bizzarri e che sicuramente può far sorridere è quello dell’Omo Vespa (uomo vespa), un uomo che si divertiva a pungere il sedere alle ragazze per le vie di Trieste circa 80 anni fa. Quei fatti e quell’uomo, che è rimasto celato nel mistero, sono stati ispiratori di u…na delle più famose canzoni popolari triestine, addirittura rivisitata dal celebre Marilyn Manson.
Questa storia ha inizio nel 1932, quando una mattina sul giornale appare un articolo dal titolo piuttosto inquietante:
«Barista ferita da uno sconosciuto mentre imbocca Via Carducci»
Leggendo solo il titolo pareva un articolo davvero preoccupante perchè già allora iniziavano a sentirsi spesso casi di aggressione, stupri e purtroppo omicidi in città. Dando però una prima lettura l’articolo non poteva non strappare una risata per il fatto alquanto buffo e singolare.
Vi riporto qui l’articolo:
«Nelle prime ore di stamane, mentre usciva dal bar Procuratie di Piazza Goldoni, ove aveva lavorato nel corso della nottata, la barista Maria Forza di 56 anni ha notato che un individuo la pedinava. Impressionata, ha affrettato il passo, ma l’individuo l’ha raggiunta proprio all’angolo di Via Carducci colpendola al fianco sinistro con un oggetto appuntito, per fortuna producendole solo un ferita superficiale ledente appena la prima cute. Quindi l’individuo si è dato alla fuga senza che la donna potesse scorgerlo in viso. All’ospedale Regina Elena, ove si è recata per farsi visitare da un sanitario, la Forza escluse che l’individuo abbia agito a scopo di rapina, escludendo d’altro canto che si tratti di motivi di vendetta. La lesione da lei riportata è stata esaminata dai medici che però non hanno potuto stabilire se sia stata prodotta con un coltello o un altro oggetto appuntito.»
(da “Le ultime notizie”, 7 marzo 1932)
Un “punzecchiatore” quindi, qualcuno che si è divertito a pungere una ragazza. E fu proprio così che venne preso all’inizio quel caso: una bravata, forse di qualche ragazzotto un po’ troppo vivace o di un ubriaco. Una cosa destinata a non ripetersi, o almeno così si pensava.
Il 23 marzo, dopo due settimane circa, la cosa si ripetè e più di una volta nella stessa notte. Il quotidiano Il Piccolo scrisse di ben 6 ragazze ferite da un uomo avvolto in un mantello scurissimo che, armato di punteruolo, seguiva le sue vittime, tutte ragazze adolescenti o poco più che ventenni, per poi infliggere loro punture ai loro posteriori.
Tutte le “aggressioni” erano avvenute in vicoli poco frequentati, senza violenze, scippi o tentativi di far del male, a parte un bel “punturone” sulle natiche delle ragazze tutt’altro che indolori. Tutte le azioni si erano svolte in notturna, confidando nel buio impenetrabile della notte.
In brevissimo tempo in città si diffuse una vera e propria psicosi dell’ “omo vespa” (come fu ribattezzato dal popolo) e di conseguenza iniziò una vera e propria caccia all’uomo sia da parte della polizia che della gente. Iniziarono anche gli scherzi da parte dei ragazzi alle coetanee con finte punzecchiature, con l’unico risultato di scatenare reazioni spesso esagerate: si dice che un gruppo di ragazzini rischiò addirittura il linciaggio pubblico.
Nonostante la maggiore attenzione per le strade l’omo vespa continuò la sua condotta quanto meno bizzarra, colpendo giovani ragazze avvolto nel suo lungo mantello e destando preoccupazione, ma anche divertimento nella città di Trieste.
Le autorità si misero a scandagliare persino i sotterranei cittadini: mai prima di allora si era data così tanta importanza ad un fenomeno che non comprendeva vittime. E fu così che, oltre agli scherzi inscenati dalla gente divertita da quella situazione, un uomo cercò di trarre profitto su tutta la storia: un lattoniere di nome Giacomo Ziuch creò uno stampo di lamiera zincata a forma di sedere che cercò di spacciare come protezione anti omo vespa e si presentò sia in Comune sia alla redazione del Piccolo per racimolare soldi e “brevettare” questa sua “utilissima” invenzione.
Insomma, per farla breve, il caso dell’uomo vespa fece talmente scalpore che se ne parlò per anni e coinvolse non solo le autorità di Trieste, ma persino quelle di Gorizia e i paesi limitrofi.
Sulle tracce del losco figuro ammantato ed armato di punteruolo si misero ad indagare anche alcuni cittadini ex poliziotti che organizzarono ronde notturne in gran parte dei vicoli triestini. Il maniaco prediligeva i rioni popolari, ma i suoi attacchi si concentravano soprattutto nella zona di Cittavecchia, tra il colle di S.Giusto ed il mare.
Quando il caso arrivò persino al Corriere della Sera fu lo stesso aggressore, tra un attacco e l’altro, a contattare la redazione de Il Piccolo con una lettera anonima spiegando le ragioni del suo operato. Si dipinse come “un fustigatore della pubblica immoralità” affermando che il suo punzecchiare non era altro che “la giusta punizione divina, per mano umana, di Nostro Signore” nei confronti delle giovani scostumate, colpevoli di girare con gonne sempre più corte e vestiti alquanto scollacciati.
In tutto le sue “punizioni divine” durarono circa due mesi e terminarono alla fine del mese di aprile 1932. Non si sa che fine fece l’uomo vespa, ne tanto meno chi fosse: molti sostengono che fosse un frate dell’ordine francescano di Piazza Rosmini, altri che fosse un gesuita di Via Ronco; anche sull’improvvisa interruzione delle aggressioni ci sono disaccordi: c’è chi pensa che sia scappato da Trieste per sfuggire alle ricerche serrate e c’è invece chi sostiene che la polizia lo arrestò, ma volle tenere l’episodio segreto per non scatenare rivolte nei triestini e tentativi di irruzione per far giustizia.
Oggi chi ha vissuto di persona quei giorni di paura e divertimento è scomparso, ma ancora si tramandano quegli avvenimenti che, un po’ come le vicende di Jack lo Squartatore, hanno infuso nei vicoli triestini un’aura di mistero quasi palpabile.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere