L’incontro ravvicinato di Cennina

Ogni sera se alziamo lo sguardo al cielo possiamo vedere sfrecciare strane luci di dubbia origine o pallini luminosi simili a stelle che si muovono nella volta celeste. La grande parte degli avvistamenti si può giustificare come satelliti: attualmente attorno al nostro pianeta ruotano circa 16.000 satelliti e sebbene a noi possa sembrare di essere testimoni di astronavi aliene possiamo tranquillamente giustificare la cosa come meteoriti o satelliti; ciò non toglie che una piccolissima percentuale di avvistamenti ricade nella categoria “mistero”.

Oggi va un po’ “di moda” caricare in rete UFO (intesi letteralmente come oggetti volanti non identificati) nei nostri cieli, ma è decisamente più difficile portare a testimonianza foto o filmati credibili di incontri ravvicinati con extraterrestri. Nel secolo scorso però questi avvenimenti erano talmente rari da essere presi seriamente in considerazione e forse più genuini di molti di quelli più recenti, soprattutto dallo sviluppo di internet.

Restando in Italia, possiamo “vantare” alcuni casi di incontri ravvicinati quanto meno enigmatici e che ancora oggi fanno discutere; uno di questi avvenne nel 1954 in provincia di Arezzo.

Erano circa le 6:30 del mattino del 1° novembre e Rosa Lotti si stava recando alla chiesa di Cennina (una frazione di Bucine) attraverso un sentiero sterrato in un bosco. Rosa era una 40enne sposata e con quattro figli e viveva in una casa colonica nel podere La Collina situato in una zona isolata tra Capannole e Cennina; quel mattino aveva intenzione di seguire la messa di Ognissanti e poi andare la cimitero per onorare i propri cari defunti. Pur essendo parte di una famiglia contadina, Rosa sapeva bene che le apparenze contano e così in occasione della messa aveva indossato il vestito per le occasioni importanti e per non sporcare le scarpe buone di fango aveva deciso di portarle a mano insieme alle calze fino alla chiesa per poi indossarle in sicurezza. Aveva anche un mazzo di garofani, la sua offerta alla Madonna Pellegrina perché la sera prima non aveva potuto partecipare alla processione in suo onore.

Non molto lontano dalla chiesa c’era una piccola radura che Rosa stava per attraversare quando si accorse di una strana struttura in mezzo a dei cespugli: si avvicinò e vide una specie di fuso composto di due coni uniti per la base, alto circa 2 m e largo poco più di 1 m; era come infisso nel terreno e sembrava avere una superficie metallica. Nella parte centrale dell’oggetto ai lati opposti c’erano due oblò e nel cono inferiore uno sportello di vetro chiuso.

All’improvviso, già sconcertata per quel ritrovamento, Rosa si trovò di fronte a due piccole figure umanoidi che erano uscite dai cespugli di ritorno al loro veivolo; la donna li descrisse come “bellissimi”, alti circa un metro e dall’apparenza umana, sebbene sembrassero anziani. Indossavano una tuta grigia con una corta mantella e un casco di cuoio e sembravano avere il sorriso stampato in volto.

La donna li sentì parlare e la loro voce, seppure molto simile al timbro umano, sembrava quella di due adulti; a suo dire parlavano una lingua strana che a lei sembrò cinese. A differenza sua i piccoli omini non si mostrarono particolarmente sorpresi di vederla; addirittura quello che a lei sembrava più vecchio le rivolse la parola, ma rendendosi conto che Rosa non riusciva a comprenderlo, si avvicinò e afferrò una calza e il mazzo di fiori per poi avviarsi allo strano oggetto metallico.

La donna a quel punto reagì, prima protestando e poi avvicinandosi con fare minaccioso; l’essere allora le restituì parte dei fiori, ma si tenne la calza, che gettò all’interno del veivolo dopo aver aperto lo sportello di vetro. Rosa nuovamente protestò, ma l’ometto, sempre sorridendo, estrasse dall’oggetto metallico un piccolo cilindro di color marrone, che posizionò all’altezza dello stomaco puntato verso Rosa. La donna a quel punto si fece prendere dal panico e scappò, ma poi successivamente disse che sembrava più una macchina fotografica che un’arma. Dopo alcuni metri si voltò e vide che i due esseri la seguivano con lo sguardo, ma senza accennare a seguirla, lei allora continuò ad allontanarsi a velocità sostenuta.

Giunta alla chiesa, la donna raccontò quello che le era successo alla gente che stava giungendo per la messa. Per quanto il suo racconto sembrò assurdo, alcuni curiosi si recarono sul luogo dell’incontro per controllare e lì trovarono un buco nel terreno del diametro di 10 cm e profondo circa 15.

La vicenda di Cennina divenne molto famosa al tempo e fu raccontata perfino sui giornali americani. Alla sua testimonianza si unirono diverse altre che raccontarono di un oggetto luminoso visto atterrare e decollare dal bosco nello stesso orario in cui la contadina aveva avuto l’incontro ravvicinato.

Il marito di Rosa affermò che all’alba, mentre era nei boschi a raccogliere legna, sentì parlare alcuni contadini e alcune donne di uno strano oggetto luminoso, ma non ci aveva prestato molta attenzione, ritenendo la vicenda semplici chiacchiere. Qualche tempo dopo due bambini di Cennina scrissero un tema nel quale dissero che avevano visto la donna parlottare con due piccoli esseri, ma non furono ritenuti credibili perché la vicenda era ormai sulla bocca di tutti.

Nel 1972 ci fu la prima inchiesta ufficiale sul caso e risultò che in casa di Rosa il giorno prima dell’incontro si era discusso di dischi volanti e si era fatto riferimento ai molti film di fantascienza sugli extraterrestri; ciò portò a pensare che la donna avesse inventato tutto o che fosse pazza, ma fu sottoposta a visite mediche e risultò sana di mente.

Il dubbio su tutta la vicenda permane, anche perché l’indagine avvenne a 18 anni di distanza dai fatti; tuttavia ancora oggi quello di Cennina è uno dei più interessanti casi italiani di incontri ravvicinati del III tipo.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere