L’incidente di Falcon Lake

Tra tutti i casi di incontri ravvicinati del secondo tipo presi in esame dalla medicina il caso di Falcon Lake è senza dubbio uno dei più controversi e significativi. L’avventura vissuta da Steve Michalak, infatti, supera per importanza la maggioranza dei casi clinici irrisolti legati agli U.F.O. L’ufologo inglese John Harry Nottinghall ha dichiarato:

«Di tutti i casi che ho avuto occasione di studiare, quello di Falcon Lake mi sembra al tempo stesso il più misterioso e il più affascinante. Per una volta, gli scienziati ufficiali, gli increduli e tutti coloro che ritengono quelle di extraterrestri delle storie da dormirci in piedi, destinate ai deboli di mente e agli ingenui, sono costretti a riconoscere la realtà dei fatti. Le analisi mediche subite dal testimone, i prelievi minerali effettuati sui luoghi dell’atterraggio da scienziati competenti conferiscono al racconto del testimone un’autenticità indiscutibile.»

Tutto ha inizio il 20 maggio 1967 a Falcon Lake, una località situata a circa 120 chilometri a est di Winnipeg, nel Canada. Steve Michalak, un giovane appassionato di geologia, è alla ricerca di minerali di cui la zona è ricchissima. Siamo intorno a mezzogiorno e il nostro geologo dilettante, munito dei suoi attrezzi, procede lentamente attraverso i boschi verso una formazione rocciosa che ha individuato non lontano da una vasta palude. Ad un tratto scorge nel cielo due luci rosse che si avvicinano e subito dopo distingue due oggetti a forma di sigaro, sormontati da una protuberanza, che scendono lentamente.
Uno degli apparecchi viene a posarsi a una cinquantina di metri da lui, mentre il secondo, dopo essersi librato per un attimo sulla cima degli alberi, scompare rapidamente dietro una nuvola. Il nostro testimone può osservare attentamente il singolare oggetto che è atterrato, il cui colore subisce delle strane trasformazioni: come un metallo arroventato che si raffredda a poco a poco l’oggetto passa dal rosso brillante al rosso-grigio, poi al grigio e infine al grigio-argento.

Steve Michalak è un uomo razionale e molto pratico e ipotizza che l’oggetto possa essere un apparecchio sperimentale dell’aviazione militare. Ma dopo una rapida occhiata si rende conto che l’apparecchio non ha niente in comune con i tradizionali velivoli dell’aviazione: una corona periferica di circa 10 m di diametro, a forma di cono appiattito, circonda una cupola centrale la cui base è striata da fessure di 25 cm di lunghezza. Sotto quel complesso, proprio di fronte a lui, si trovano nove pannelli rettangolari di 15×25 forati ciascuno da numerosi buchetti che Michalak ipotizza siano bocche d’aerazione.
Man mano che l’UFO pare raffreddarsi l’aria si impregna di un odore pungente di zolfo e Michalak inizia a sentire un ronzio simile a quello di una turbina. Nella zona di quelli che pensava pannelli d’aerazione si apre una specie di porta dalla quale parte un’intensa luce violetta che, secondo il testimone, supera in intensità quella del sole a mezzogiorno.

Michalak si avvicina di qualche passo e inizia a sentire in maniera poco chiara tre voci umane che conversano. Convinto allora che l’ipotesi del mezzo sperimentale, il testimone decide di richiamare l’attenzione sugli occupanti.
Michalak è poliglotta e benchè non conosca alla perfezione tutte le lingue studiate a scuola riesce a pronunciare saluti in inglese, in russo, italiano, tedesco e polacco. Non riceve alcuna risposta, così, non riuscendo a vedere l’interno del veicolo estrae dallo zaino i suoi occhiali da sole e decide di andare a vedere più da vicino che cosa ci sia all’interno di quello strano apparecchio.

Michalak si accosta all’entrata del misterioso velivolo e si sporge per guardare all’interno. Con sua grande sorpresa l’apparecchio è vuoto, ma non ha il tempo di proseguire la sua ricognizione perchè la porta gli si richiude bruscamente con tre pannelli scorrevoli, due dei quali si chiudono orizzontalmente mentre il terzo dal basso in alto.
Ormai convinto di non avere a che fare con un apparecchio dell’aviazione militare, Michalak passa la mano sulla parete esterna che gli sembra di acciaio cromato. Immediatamente avverte un odore di gomma bruciata: il suo guanto sta bruciando per effetto di un calore misterioso. Pochi istanti dopo l’UFO si solleva leggermente da terra e Michalak prova un intenso bruciore al petto. I suoi abiti prendono fuoco, e il giovane si getta a terrae inizia a rotolare su se stesso per poter spegnere le fiamme. Riesce a spegnere il fuoco, ma prima che si sia potuto riprendere dallo spavento, il misterioso velivolo è già sollevato sopra gli alberi e in brevissimo tempo si allontana a forte velocità.
Dolorante per le bruciature e nauseato dall’intenso odore di zolfo il testimone tenta di ritornare alla macchina. Dopo due ore di estenuante marcia, durante le quali vomita quasi costantemente, incontra una pattuglia della polizia canadese a cavallo che lo trasportar d’urgenza all’Ospedale della Misericordia, a Winnipeg. Da quel momento Steve Michalak, per circa 18 mesi, è preda di una strana malattia dai sintomi più diversi, intervallata da brevi periodi di guarigione.

Dapprima viene curato per le ustioni che, fortunatamente, sono solo superficiali. Le ferite si cicatrizzano piuttosto rapidamente, ma altri sintomi appaiono più preoccupanti: nel corso dei primi otto giorni dal ricovero in ospedale Michalak perde dieci chili di peso. La perdita di peso è tanto più allarmante in quanto Michalak è già un uomo piuttosto magro. Informati della strana avventura, i primi medici avanzano l’ipotesi di un contatto con materiali radioattivi. Eppure tutte le analisi effettuate al centro atomico di Pinawa risultano negative. Tuttavia, senza che la medicina vi sia intervenuta, la salute del malato migliora in poco tempo e il giovane riprende il suo peso normale. Poi però il 3 giugno si presenta un prurito al petto che peggiora di giorno in giorno fino a che, parole sue, il testimone prova la dolorosissima sensazione «che migliaia di invisibili bestioline gli stiano divorando la carne».
In seguito ala nuovo ricovero il prurito scompare, ma due mesi più tardi si manifesta di nuovo, poi a gennaio, maggio e agosto del 1968.
Le sofferenze di Michalak non sono che all’inizio: un giorno di dicembre del 1968 sente un intenso bruciore al collo e al petto e ha l’impressione di avere la gola in fiamme. All’ambulatorio, dove lo trasportano immediatamente, si riscontra che il suo corpo è stranamente gonfio e che nel punto preciso delle vecchie scottature sono comparse delle grandi macchie rosse. Condotto d’urgenza da un medico, Michalak è vittima di uno straordinario fenomeno: in 15 minuti tutto il suo corpo diventa viola e si gonfia a tal punto che gli riesce impossibile togliersi la camicia. Le mani diventano come due piccoli palloni. Gli illustri specialisti chiamati attorno al letto d’ospedale in cui egli giace ormai incoscente non credono ai loro occhi e si dichiarano impotenti a formulare una diagnosi su quel male misterioso.

Stranamente tutti i mali di cui soffre il testimone svaniscono completamente durante la notte senza il minimo intervento medico. Il giorno dopo, fresco e riposato, Michalakrientra a casa, accolto con gioia dalla sua famiglia che attribuisce la sua guarigione a un miracolo. I ventisette medici che si sono alternati attorno a Steve Michalak hanno formulato varie ipotesi per cercare di spiegare i disturbi quanto meno curiosi di cui egli è stato vittima. A forza di analisi e di controanalisi, hanno proposto agli ufologi tre possibili teorie.

Secondo la prima, il testimone sarebbe stato «bruciato da onde ultrasoniche». La seconda teoria invece afferma che la sua misteriosa malattia sarebbe piuttosto «una reazione termica provocata da un getto d’aria compressa». Infine, la terza ipotizza una radiazione di tipo gamma 1 che avrebbe provocato le bruciature e l’immediato deterioramento, nello stomaco del testimone, del cibo che aveva consumato proprio prima dell’osservazione. In effetti, i sostenitori di questa teoria pensano che tale decomposizione possa essere all’origine dell’orribile odore di zolfo percepito dal testimone dopo i fatti, e che questi, secondo la sua espressione, aveva l’impressione di portare in sé.

Queste diverse teorie non riescono però a spiegare tutti i disturbi di Steve Michalak: né lo straordinario e istantaneo gonfiore del corpo, né la brusca perdita di peso, né le macchie rosse seguite alle bruciature. I sintomi manifestati dal testimone di Falcon Lake rimangono ‘inspiegabili.

Mentre il malato era sotto cura, le indagini svolte hanno tentato di scoprire eventuali tracce dell’atterraggio dell’apparecchio. Si è trovata sul terreno una piccola zona circolare dove era sparita ogni traccia di vegetazione. Campioni del terreno prelevati e analizzati dal National Research Council (Consiglio nazionale della ricerca) del governo canadese e dall’Aviazione militare del Canada hanno rivelato la presenza di radioattività.
Con analisi più approfondite, si è giunti anche a identificare il radio 226 (226Ra). Il 19 maggio 1968 furono effettuati altri prelievi che confermarono le prime risultanze. Gli stessi prelievi rivelarono anche la presenza di piccole particelle metalliche che erano sfuggite alle prime analisi e che erano essenzialmente composte di argento nella proporzione del 92%-96% di argento, contro l’1%-2% di rame, proporzione notevole che rende questo metallo purissimo.

Le scoperte e le analisi effettuate in sito non ha preoccupato la Commissione Condon, che ha avanzato l’idea che sia stato lo stesso Michalak a organizzare la messa in scena per autenticare il suo racconto. Il rapporto sul caso, così come le loro conclusioni, non tenne conto dei disturbi fisici manifestatisi nel testimone.

A coloro che lo accusano di essere un simulatore, Michalak risponde semplicemente:

«Non chiedo a nessuno di credermi, ma io so quello che ho visto».

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere