BAMBINO SENTE VOCIIl nostro bambino sente delle voci!

La storia che sto per scrivere “sono costretto” a raccontarvela come una leggenda metropolitana perchè, nonostante sia apparsa su molti giornali di cronaca americana, i protagonisti non hanno voluto identificarsi o dare informazioni sul luogo dove è accaduta.
La prenderemo quindi come una storiella da brividi, ma attenzione: a differenza delle solite creepypasta questa vicenda non è affatto assurda, anzi, potrebbe essere capitata anche a qualcuno di voi senza che lo abbiate mai saputo!
Una coppia di genitori, che chiameremo con i nomi di Francesco e Federica, forse un po’ apprensivi per il loro piccolo Alessio di 3 anni, decisero di istallare nella cameretta del bambino una di quelle telecamere notturne che vanno molto di moda oggi giorno. In effetti il piccolo Alessio era un po’ irrequieto e faceva ancora fatica ad abituarsi a dormire da solo la notte.
Stranamente dopo qualche settimana da quel loro accorgimento il bambino sembrava essersi abituato a quel nuovo ambiente e solo raramente faceva capolino dalla porta della camera dei genitori per convincerli a dormire con lui.
Alessio era un bambino vivace e giocoso, andava all’asilo e aveva una fervida fantasia; proprio per questo i genitori non fecero molto caso a quando lo sentivano parlare da solo in camera sua. Si sa, i bambini da piccoli tendono a crearsi un amico immaginario per riempire quei vuoti quando tornano a casa e non vedono gli amichetti.
Francesco, per cercare di interegire il più possibile con il suo bambino, gli chiese con chi parlasse quando se ne stava da solo e il piccolo Alessio gli rispose che il suo amico si chiamava Max e che la notte gli parlava e gli raccontava delle “storie di bimbi senza la mamma”.
In un primo momento Francesco e Federica pensarono si trattasse di qualche sogno o della vivace fantasia tipica dei bambini, poi incolparono la TV e i cartoni animati di oggi, forse un po’ troppo crudi per i bambini dell’età di Alessio. Insomma, pensarono si trattasse di un fenomeno transitorio e del quale non ci fosse nulla di che preoccuparsi: forse era solo il caso di fare un po’ più attenzione a cosa il bambino guardava in TV.
Ma una sera Federica entrò nella stanza del figlio addormentato per rimboccagli le coperte e il sangue le si gelò nelle vene: ancor prima di raggiungere il lettino del piccolo Alessio sentì chiaramente una voce maschile nella stanza che diceva:
<<Svegliati piccolo, la tua mamma ti sta cercando!>>.
La donna si guardò attorno e non vedendo nessuno corse terrorizzata a chiamare il marito. Quando i due tornarono, trovarono il loro bambino seduto sul letto che guardava nella telecamera e la voce disse:
<< Vedi, mamma è papà sono qui. Loro si prenderanno cura di te ora…>>.
Dapprima la coppia non riusciva a capire da dove provenisse quella voce, ma poi fu tutto chiaro: il baby monitor! Notarono che telecamera mobile del monitor li stava seguendo ed ebbero un sobbalzo. A quel punto capirono che il baby monitor era stato violato da un hacker e veniva controllato dal computer o dallo smartphone di un anonimo.
Nessuno sa esattamente ciò che l’hacker volesse fare con il figlio di Federica e Francesco. Spaventarlo? Fare delle foto? Si trattava di un estraneo o di qualcuno che il bambino conosceva? Ovviamente la voce non tornò più a farsi sentire, sebbene la coppia ancora oggi, dopo mesi da quell’evento, fa fatica a tornare alla calma: oggi vivono nel timore di essere spiati e soprattutto che un male intenzionato possa fare del male al piccolo Alessio.
Come ho scritto all’inizio, una violazione del genere è più comune di quanto si pensi, soprattutto se si usano password semplici o che contengano date di nascita o nomi dei familiari. Il baby monitor, ad esempio, non dovrebbe mai avere la stessa password del Wi-Fi e la password, al tempo stesso, dovrebbe essere particolarmente elaborata e complessa affinchè non venga violato e succedano cose come queste.
Come nel caso di Francesco e Federica non è sempre così semplice accorgersi se un dispositivo è stato violato e a me viene da pensare che nel loro caso l’hacker volesse appositamente spaventarli o farsi notare: il bambino dormiva e non c’era il caso di chiamarlo se non voleva farsi scoprire; inoltre le frasi dette dal dispositivo sembravano appositamente elaborate per attirare l’attenzione.
Io vi ho raccontato solo una storiella, ma credo sia importante capire come mettere al meglio in sicurezza le nostre case e i nostri apparecchi tecnologici affinchè non succeda mai questa cosa ( o cose più gravi) ai nostri figli.