#4. Satanismo gnostico

Il Satanismo gnostico è una corrente che spesso viene confusa con il Luciferismo; in questo ambito Satana non è visto come un’entità malefica, né come quello descritto nella Bibbia, ma come una divinità che ha dato all’uomo la capacità di evolversi e tornare al suo stato divino originario. Prende molti concetti dalle dottrine dellognosticismo, anche se rinnega la visione gnostica del mondo materiale inteso come una prigione da cui fuggire. Il fondatore di questa corrente, Dean Joseph Martin, riordinò tutta una serie di idee riferendosi agli aspetti religiosi mistici del pitagorismo, dello gnosticismo, dell’ermetismo e della Cabala esoterica.

Il tratto distintivo di questo lavoro di riordino e unione di idee in apparenza dissimili tra loro è anche la principale chiave di lettura della corrente gnostica: ovvero che sia spiegabile anche il cosiddetto “di in o” o “soprannaturale” con lo studio e le leggi scientifiche, in quanto parte di una realtà superiore, ma non per questo priva di logica, anzi strettamente soggetta alle leggi scientifiche. Si prefigge l’evoluzione dell’uomo fino al ritorno a uno stato di divinità, da cui proviene, utilizzando gli strumenti di cui è stato dotato, e che Satana ha contribuito a rendere utilizzabili concretamente. L’ignoranza, intesa come mancanza di conoscenza, è vista come un vero e proprio peccato, una condizione da cui l’uomo deve riscattarsi mediante lo studio e la conoscenza in senso lato, che si ottengono con il costante ragionamento sia sulle esperienze spirituali, sia su quelle fisiche. La vita stessa è intesa come una sorta di aula di studio, le cui esperienze sono una fonte inestimabile di conoscenza ed illuminazione. Vita che quindi, secondo il satanismo gnostico, va vissuta pienamente, senza condizionamenti esterni quali superstizioni o convenzioni sociali, ma nel rispetto di se stessi, degli altri e della legalità. Alcuni di questi principi del Satanismo gnostico risultano, quindi, molto simili a quelli della corrente razionalista di LaVey, per il quale Martin ammise sempre di avere rispetto e ammirazione.