Lago d’Aral 4Le surreali immagini delle navi abbandonate nel lago d’Aral

Il Lago d’Aral,  si estendeva per 68 mila chilometri quadrati, situato tra le nazioni ex-sovietiche del Kazakhstan e dell’Uzbekistan, era chiamato “il mare delle mille isole”, adesso non è altro che una semplice pianura arida nel bel mezzo del nulla.

Il lago infatti adesso è completamente prosciugato a causa della deviazione del corso degli immissari vengono sfruttati completamente per l’irrigazione dei campi. Tutto questo ha portato alla totale evaporazione delle acque del lago, che nel 2007 non rappresentavano che il 10% della superficie originale di questo “mare” asiatico.

Ci sono stati nel corso degli anni, diversi tentativi per il recupero del Lago d’Aral, ma tutti gli sforzi purtroppo sono falliti. Il motivo è che le nazioni interessate sono ben più delle due sulle quale insisteva il lago. Uzbekistan, Tagikistan, Turkmenistan, Kirghizistan ed in parte l’Afghanistan sono infatti tutte interessate alla coltivazione del cotone mediante l’irrigazione dei campi con i fiumi immissari del lago, e il ritorno economico legato a queste attività è di molto superiore rispetto alla pesca del pesce, che interessava peraltro solo Uzbekistan e Kazakhstan.

Le fotografie della galleria sottostante fanno parte del progetto documentario di Hélène Veilleux, che l’autrice descrive in modo evocativo:

Ci hanno detto che il mare era andato ben oltre l’orizzonte, lasciando nella sua fuga disperata un terreno e dal sapore di sale e sabbia e gli scheletri di alcune barche che offrono le loro ombre di animali stanchi all’infinito della steppa.

Aral…il suo nome è famoso. L’immenso lago di acqua salata ha lasciato il posto a una pianura marziana cotta dal sole dell’Asia centrale, un mare offerto in nome della Shoah della coltivazione del cotone e della politica delle nazioni bagnate dalle sue acque.

Ci hanno detto che il mare tornerà, e che le sue acque blu saranno meno salate delle lacrime e con più pesci di quelli dei nostri ricordi. Fino ad allora rimaniamo in attesa all’ombra delle barche…

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