robert-wadlowRobert Wadlow, l’uomo più alto del mondo

Si dice che “l’altezza è mezza bellezza”, ma purtroppo è anche vero che “il troppo stroppia”. Non è raro vedere in giro per le nostre città persone decisamente più alte del normale, come d’altronde persone molto grasse, molto basse, molto anziane o molto magre, che attirano inevitabilmente gli sguardi di tutti quelli che sono attorno. Ma chi può dire cosa sia normale e cosa non lo sia?
Lo dice, purtroppo erroneamente, il nostro standard sociale: una donna più alta del proprio compagno stona, oppure un uomo troppo grasso lo si reputa un mangione, o una persona molto magra viene vista come malata, ecc. Siamo abituati a definire i nostri canoni di bellezza semplicemente attraverso sciocche idee e molto spesso ci fermiamo ad una prima impressione e ignorando che quelle persone hanno in realtà un problema serio.
Eh sì, in realtà forse l’unica cosa che può dirci se una persona sia “normale” o meno è la salute: a volte dimentichiamo che una persona può essere grassa per un problema di metabolismo, che una persona è molto bassa per un problema di cromosomi, che sembra molto anziana per una malattia… Purtroppo quelle persone hanno vita breve per molti problemi di salute.
Una di queste persone era Robert Wadlow, conosciuto come l’uomo più alto del mondo.
Robert Pershing Wadlow nacque il 22 febbraio 1918 ad Alton, in Illinois e negli Stati Uniti divenne famoso come “The Gentle Giant” (“Il gigante gentile”). Nacque in una famiglia dove non vi erano casi di gigantismo, ma sin dalla nascita mostrò un funzionamento anomalo dell’ipofisi, la ghiandola situata alla base del cranio, che controlla l’attività endocrina e metabolica dell’organismo.
Da bambino venne operato nella speranza di regolare la secrezione degli ormoni, ma l’operazione ebbe l’effetto inverso: mentre tutti i suoi coetanei crescevano in modo normale Wadlow dopo l’operazione cominciò a crescere a dismisura. A soli 13 anni era già alto 224 cm e nel 1936, a 18 anni, pesava 177 kg per 254 cm di altezza.
Come un vero e proprio fenomeno da baraccone il ragazzo venne impiegato in una campagna pubblicitaria per una ditta di scarpe,e girò gli Stati Uniti per il resto della sua vita, che durò solo altri 4 anni.
Come tutte le persone affette da questo tipo di problema, Wadlow soffriva di disturbi causati dall’altezza eccessiva che lo rendevano fragile e soggetto a fratture ( spesso accompagnate da infezioni che la medicina dei tempi curava fino ad un certo punto).
Le sue ossa, in pratica, erano troppo deboli per sostenere quel corpo così importante, e a 21 anni non riusciva più a sostenersi senza un congegno in metallo che scaricava parte del suo peso. Proprio quella invenzione fu però la causa della morte del ragazzo: dopo l’ennesima frattura alla tibia Wadlow fu colpito da un’infezione probabilmente causata dall’apparecchio poco pulito e il 15 luglio 1940, a soli 22 anni, l’uomo più alto di tutti i tempi spirò.
Al momento della morte misurava 272 cm, portava scarpe numero 76, le sue mani erano lunghe 32,4 cm e i suoi piedi 47 cm. Quando fu sepolto la sua bara era lunga 328 cm, larga 86 e profonda 74. Nella sua città natale fu eretta una statua in suo onore, presso l’Alton Museum of History and Art. mentre un’altra statua, a grandezza naturale, si trova presso il Guiness Museum di Niagara Falls.
Attualmente, il record di “uomo più alto del mondo” è detenuto da Sultan Kosen, di origini turche. Ha 30 anni ed è alto 2,51 cm. Anche a lui il gigantismo ha causato e sta causando moltissimi problemi: recentemente a Sultan è stato asportato un tumore, responsabile della sua crescita esponenziale.
Sultan Kosen, l’uomo più alto del mondo, però non crescerà più: la sua statura è stata bloccata chirurgicamente all’altezza di 2,51 metri da Jason Sheenan, medico dell’Università della Virginia, che ha voluto in questo modo fermare il problema prima che diventasse mortale come è stato per Wadlow.
L’esperienza di queste persone insegna che purtroppo tutto ciò che appare strano o fuori dal “normale”, crea disagio: non a chi osserva, ma purtroppo a chi vive il tormento di patologie ancora difficili da curare.