castello-di-bosaI fantasmi del castello di Bosa

Bosa è un bellissimo borgo della provincia di Oristano, nel nord della Sardegna: la parte più antica. chiamata Sa Costa, è arroccata sulle pendici del colle di Serravalle, in cima al quale si trova il Castello dei Malaspina, edificato tra il XII e il XIII secolo.
Proprio il castello, che dall’alto domina la foce del Temo e la cittadina di Bosa, è stata protagonista di truci storie di amori negati, adulteri e omicidi ed oggi sembra che al suo interno si aggirino ancora le anime dannate che non riescono a trovare pace. Ad alimentare la fama di rocca infestata c’è poi il vicino cimitero che richiama da subito immagini tetre e soprattutto di notte si immerge alla perfezione in una ambiente molto suggestivo.
Ci sono almeno tre leggende che aleggiano attorno al castello dei Malaspina di Bosa e tutte terminano nel peggiore dei modi.
La più famosa parla della marchesa Malaspina, una ragazza giovane e bellissima, ma sposata ad un uomo molto geloso e iracondo che ogni volta che organizzava una festa al castello la costringeva a coprirsi il volto affinchè nessuno potesse godere della sua bellezza. Per il marchese però si presentava il problema di doverla lasciare sola quando era fuori per controllare le sue terre o per le riunioni politiche; così, non fidandosi nemmeno delle sue stesse guardie, era solito chiudere la moglie nelle sue stanze e permettere solo al personale femminile di avvicinarla.
La ragazza, sempre più infelice e provata da quella clausura, trovò un parziale sollievo nella preghiera, ma non riuscendo a raggiungere la chiesa se non insieme al marito, si rivolse al vescovo con una lettera affinchè lo convincesse a concederle un po’ di libertà. Il marchese allora fece scavare un cunicolo sotto il castello, affinchè la bella moglie potesse raggiungere la cattedrale senza incrociare lo sguardo di nessuno e ordinò alle due guardie più fidate di scortarla e di riferirgli ogni atteggiamento strano della sua consorte.
A questo punto la leggenda prende diverse versioni: c’è chi dice che la marchesa corruppe le guardie e fece scavare un passaggio segreto affinchè lei potesse entrare ed uscire dal castello senza esser vista e successivamente si “consolò” con diversi contadini della zona; c’è chi dice che il marito era così geloso da avere il sospetto che lei lo tradisse con le guardie anche se non era vero.
Sta di fatto che il marito si insospettì del comportamento allegro e spensierato della sua bella e un giorno la accusò di tradimento; nonostante lei negasse ogni suo sospetto, l’uomo preso dall’ira per punizione le mozzò le dita delle mani. L’uomo raccolse le dita della moglie e le avvolse in un fazzoletto che mise in tasca, poi rinchiuse la moglie nelle sue stanze ed uscì per incontrare alcuni amici. Senza rendersene conto estrasse il fazzoletto davanti a tutti e le dita rotolarono per terra rivelando le sue colpe.
Il marchese fu imprigionato e condannato a morte, ma della marchesa non si ebbero più notizie. Alcuni dicono che sia morta poco per un’infezione, alcuni pensano che il marchese l’abbia fatta murare viva per vendetta e che sia morta di stenti; sta di fatto che negli anni a seguire e ancora oggi c’è chi giura di aver sentito una donna piangere all’interno del castello, a conferma che lo spirito di quella bella e sfortunata dama si trovi ancora imprigionato fra quelle mura.
Una seconda leggenda, meno nota, parla di un triangolo amoroso di cui furono protagonisti un uomo e due donne di nome Letizia, Giovanni e Tonia ( i nomi sono indicativi e l’esistenza non è certa).
Letizia divenne la baronessa di Bosa e tra lei e suo marito Giovanni chi portava i pantaloni era lei: donna avida, cinica e sanguinaria, spingeva il marito a reprimere nel sangue ogni tentativo di ribellione da parte del popolo e spremeva le caste più basse con tasse pesantissime. Si dice che non fosse molto bella e che Giovanni, uno più mite e goliardico, amasse intrattenersi con le molte fanciulle di corte. Letizia accettò quel suo modo di fare finchè le voci sulle scappatelle del marito non giunsero oltre confine e quando la donna venne screditata dagli altri signorotti e sbeffeggiata davanti alla alta aristocrazia, decise di porre fine alla questione nel peggiore dei modi.
In quel periodo il marito Giovanni si era invaghito della giovane cortigiana Tonia e usava compiere le sue scappatelle di notte sulle rive del Temo. Probabilmente usava proprio il cunicolo segreto della marchesa Malaspina e come a lei anche a lui risultò fatale: Lucrezia fece seguire Giovanni dalle sue più fidate guardie e lo raggiunse in un prato, proprio mentre amoreggiava con la bella Tonia. Con un solo cenno del capo decretò la morte dei due e le guardie li afferrarono, li legarono a dei pesanti massi e li gettarono in acqua facendoli annegare.
Infine l’ultima leggenda la racconta Riccardo Mostallino Murgia nel suo libro “Bosa e la Planargia” e riguarda due amanti torturati e uccisi da uno dei Signori del castello. Il signore era un uomo vecchio, brutto e zoppo, ma come ogni uomo di potere poteva vantare di splendide fanciulle con cui sollazzarsi. Un giorno, mentre si fermò nel borgo a valle dopo una battuta di caccia, vide una splendida ragazza del luogo e fece pressione su di lei affinchè lo sposasse. In principio la ragazza si rifìutò, ma al tempo a decidere chi doveva sposare era il padre, che al contrario vide ottime prospettive di guadagno e sociali.
Costretta ad un matrimonio non voluto e con nessuna prospettiva di amore nei confronti di un uomo così brutto, la ragazza fece buon viso a cattivo gioco e si lasciò ricoprire di regali e attenzioni. Ciò che non sapeva il signore del castello era che a farle regali e donarle attenzioni era anche un giovane rampollo preso come cavaliere a palazzo. La loro passione si consumava in tutti gli angoli segreti del castello, soprattutto quando l’uomo dormiva o era fuori per le faccende politiche e sociali.
Dopo mesi di relazioni adultere, un servo li colse sul fatto e andò ad avvertire il suo padrone, che catturati entrambi li sottopose a tortura finchè non confessarono la loro relazione. L’anziano signore, forse realmente innamorato della sua sposa, subì un duro colpo, tanto che non riuscì ad uccidere i due amanti e si limitò a rinchiuderli nelle prigioni, uno accanto all’altra, e ogni giorno si recava dai due per convincerli a giurare davanti a Dio che non si sarebbero mai più rivisti.
Per giorni e giorni i due amanti si lamentarono, ma mai accettarono l’imposizione del loro signore. E venne il giorno in cui la rabbia prese il posto dell’amore per la sua sposa, così l’uomo, stanco di quel loro sguardo innamorato, fece condurre i due amanti sull’orlo di un precipizio e li scaraventò giù.
La leggenda vuole che i lamenti strazianti dei due, dilaniati dalla caduta, risuonerebbero di notte su tutto il colle di Serravalle e che dopo la mezzanotte una processione di defunti lasci il cimitero per raggiungerli. Oggi c’è chi dice che tra le fila di quelle anime perse si vedano già quelle di chi, senza saperlo, morirà entro l’anno

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere