Il castello di Fumone e il suo sinistro passato

Il piccolo borgo medievale di Fumone sorge sopra un’altura in provincia di Frosinone, circondato da colli ameni ed uliveti.
Come ogni borgo medievale che si rispetti anche Fumone ha il suo castello, costruito tra il IX ed il X secolo. In passato quasi tutte le fortezze hanno vissuto momenti spiacevoli come assalti, carestie ed epidemie, ma questo castello è stato testimone di vicende decisamente macabre.
Già si dal suo primo utilizzo non si fece una fama piacevole: infatti fu adibito a prigione per la Chiesa e bene presto venne conosciuto come un luogo di torture indicibili, condizioni disumane dei prigionieri e la molte, moltissime condanne a morte sentenziate ingiustamente.
Tra i prigionieri ha annoverato anche figure storiche molto importanti, come l’ “antipapa” Gregorio VIII, che fu murato vivo in un’intercapedine del castello, e papa Celestino V, che vi morì il 19 maggio 1296 trapassato da un chiodo: il teschio presenta un foro causato da un oggetto appuntito e ciò fa pensare che nemmeno lui fu esonerato dalle folli torture medievali.
Ma la vicenda più famosa avvenuta nel castello di Fumone è quella del marchesino Francesco Longhi, che ha circondato la costruzione di un’aura di mistero e orrore.
Francesco nacque nel 1795 e fu il settimo figlio del Marchese Longhi, il figlio maschio tanto desiderato dopo sei femmine. La sua nascita aveva riempito di gioia il cuore della madre e del padre che tanto lo avevano desiderato, ma aveva anche riempito di odio il cuore delle sue sorelle che vedevano in lui un potenziale nemico. Infatti egli avrebbe ereditato tutti i beni di famiglia, costringendo le sue sorelle o a matrimoni combinati per interessi politici, o a prendere i voti nei conventi della zona.
Le sei sorelle approfittarono della sfarzosa festa per il quinto compleanno del marchesino e misero in atto un tremendo piano ai suoi danni: per tre giorni misero dei pezzetti di vetro nel cibo del bambino che ben presto cominciò ad accusare tremendi dolori che lo portarono alla morte cinque giorni dopo il suo compleanno, dopo una lenta e atroce agonia.
La madre, straziata dal dolore causato dalla perdita di quel figlio tanto atteso ed amato, ordinò che venisse imbalsamato affinché la sua memoria non cadesse nell’oblio. Non è ben chiara la tecnica che fu usata per conservare il corpo, ma la cera e gli unguenti hanno ottenuto un effetto duraturo nel tempo, conservandolo perfettamente.
Si dice che la marchesa cambiasse ogni giorno i vestiti del bambino e che continuasse ad accudirlo come se fosse ancora vivo. Il corpo imbalsamato del marchesino è custodito all’interno di una teca e ancora oggi si conserva sorprendentemente intatto. Ad appesantire l’atmosfera del castello fu la decisione, sempre della madre, di far ridipingere tutti i ritratti presenti facendo togliere qualsiasi immagine gioiosa e serena.
La leggenda vuole che il castello sia infestato dalla presenza del fantasma di Emilia Caetani Longhi, la madre del piccolo Francesco. Ogni notte la presenza sarebbe udibile percorrere con passo inquieto le stanze verso la teca fino a prendere in braccio il figlio per cullarlo, ancora una volta, tra singhiozzi e lamenti.
Allo stesso modo il fantasma del piccolo marchese si manifesterebbe in molte notti, spostando o nascondendo oggetti in giro per il castello.
Di tanto in tanto vengono ancora udite provenire dai sotterranei le urla ed i gemiti dei poveri condannati alle sofferenze delle prigioni e c’è chi giura di vedere globi luminosi percorrere i corridoi freddi e buoi della fortezza duranti le notti di estate.

Infine il castello ha un luogo ancora più macabro delle prigioni, chiamato”il Pozzo delle Vergini”.
Il tempo non è stato clemente con le parti esterne del castello, ma il pozzo è ancora visibile, anche se non visitabile. Si tratta di un pozzo stretto e molto profondo dove venivano gettate le donne appena sposate che non giungevano vergini al letto del proprietario del castello.
In passato esisteva una pratica chiamata”jus primae noctis”, che venne studiata per lo più per ricavare un po’ più di denaro rispetto alle normali tasse già pesanti sui contadini. Venne attuata pochissime volte e per evitarla di solito il castellano imponeva un obolo da pagare al padre della futura sposa. Qui a Fumone però si esigeva che la regola venisse applicata alla lettera: tutte le ragazze in procinto di matrimonio, prima di perdere il loro candore, dovevano trascorrere la prima notte dopo le nozze nel letto del signore del luogo. L a cosa venne addirittura amplificata a tutte le ragazze in età da marito (ai 16 anni venivano reclamate una notte al castello).
Si dice che molte contadinelle vennero gettate nel pozzo dopo la notte con il signore del castello, dove le poverette, se non morivano sul colpo, morivano lentamente per le fratture e la fame tra urla strazianti che risuonavano per tutto il borgo.
Il Castello di Fumone è quindi conosciuto per le numerose vicende passate che lo riguardano e, come molti borghi teatro di eventi tragici, può vantare un folto numero di fantasmi ed eventi paranormali.