Le pietre delle Streghe

Vi è mai capitato di trovare lungo un sentiero o in riva al mare un sasso bucato? Le pietre forate, quelle naturali, non sono certamente facili da trovare, eppure in riva ai laghi, sulle spiagge e lungo i torrenti di tanto in tanto qualcuna se ne trova.
Se durante una passeggiata vi dovesse capitare di vedere una strana pietra bucata da parte a parte, raccoglietela perché, almeno secondo le culture nordiche, è un dono per voi dalla natura (alcuni pensano dagli dei). Si crede, infatti, che queste pietre bucate naturalmente siano una sorta di talismano naturale che protegge dalle malattie, dagli spiriti maligni e che portino fortuna e prosperità.
Ciò di cui sto per parlarvi non è una credenza superficiale di qualche popolo isolato, ma pare essere alla base di moltissime culture di tutto il mondo e l’origine è antichissima, forse addirittura risalente alla nascita dell’uomo.
Come mio solito parto da lontano, ovvero dal simbolo del buco: praticamente in tutto il mondo questo simbolo antichissimo ricorre in culture diverse e lontane tra di loro; solitamente viene rappresentato come un cerchio con un foro al centro, una specie di disco forato. Non serve essere paleontologi o amanti dell’archeologia per ricordare reperti di questo tipo: basta una semplice visita ad un museo di storia naturale e in qualche modo ci renderemo conto che negli utensili e negli oggetti di culto questa figura, anche solamente disegnata, è davvero molto ricorrente.
Avete presente l’acchiappasogni dei nativi americani? La forma è esattamente quella di un cerchio con un foro al centro. E alcune monete cinesi? Avete presente la conformazione di Stonehenge? Sapete perché la tavola rotonda di re Artù era fatta proprio così?
Potrei andare avanti a lungo, ma il concetto è che quasi tutti i popoli, dal nord Europa agli aborigeni australiani, dagli egizi agli gli aztechi, avevano un culto per questo simbolo e quando lo trovavano in natura lo veneravano al pari degli dei.
Per quanto riguarda la nostra Europa potremmo far risalire il culto ai Celti, per i quali questo simbolo era noto con il nome di “Shahqt-mar”: per loro era il Cerchio Sacro al cui interno avveniva l’evoluzione spirituale umana e che portava alla trasformazione da materia a spirito, in perfetta armonia con l’universo.
Ok, vengo alle nostre pietre bucate. Le pietre forate in maniera naturale sono tali per effetto dell’acqua, dell’aria, a volte degli animali, che scavano nella pietra (l’elemento terra) finché in uno o più punti in essa si apre un passaggio, un buco, forgiando quelle che oggi vengono chiamate “pietre delle streghe”.
Questi ciottoli, che possono avere uno o più fori naturali, fin dai tempi antichi sono considerati dotati di poteri magici: come ho già scritto, si attribuivano loro capacità curative, di protezione dalle maledizioni, dalle streghe e dalle malattie; si diceva che potessero anche conciliare il sonno e scongiurare gli incubi, tant’è che ancora oggi in Norvegia e Svezia alcune famiglie sono solite appendere queste pietre sulle culle dei neonati o sulle pareti dei letti degli ammalati.
Ma la capacità più sconvolgente delle pietre delle streghe sarebbe quella di aprire finestre attraverso le quali vedere il mondo degli spiriti invisibili. Secondo una leggenda, guardando attraverso il buco della pietra si sarebbe in grado vedere le creature del Piccolo Popolo (fate folletti, gnomi, ecc.) e di entrare in contatto con esse. Per questo motivo queste pietre sono spesso presenti nelle favole e nelle leggende nordiche, soprattutto in quelle legate alle fate.
Solitamente queste pietre bucate sono dedicate alle divinità femminili: nelle civiltà pre-cristiane si svolgevano riti propiziatori in cui le donne dovevano attraversare dei buchi dentro grandi massi per favorire le nascite, la fertilità e per guarire dai malanni.
In conclusione queste pietre erano e sono considerate magiche e benedette e la casualità della loro formazione e non fa che rendere queste pietre speciali anche agli occhi di chi in queste cose in ci crede.
Concludo con una piccola curiosità e una leggenda. In realtà ad essere pignoli bisognerebbe chiamare questi ciottoli “pietre di Odino” perché del loro utilizzo ne parlarono per primi i popoli nordici. Erano soliti giustificare la loro esistenza con questa leggenda:

«Kvasir, il più saggio dei figli degli Æsir (un gruppo di dei) era solito vagare sulla Terra per rispondere alle domande più difficili degli esseri umani. Un giorno giunse presso la casa di due malvagi nani, Fjalarr e Galarr, che venuti a conoscenza della sua natura semi-divina, con un tranello lo distrassero e lo uccisero, per poi raccogliere il suo sangue in un vaso: lo mescolarono con del miele e ottennero una bevanda, un magico idromele che faceva comporre versi di poesia meravigliosa a chiunque lo bevesse.
(Questo è il motivo per cui gli antichi poeti islandesi definivano la loro arte “il sangue di Kvasir”.)
I due fratelli però non si fermarono affatto dal compiere crimini e qualche tempo assassinarono il gigante Gillingr e sua moglie, anch’essi fermatisi per la notte a casa loro. Il gigante Suttungr, figlio della coppia, venne per vendicarsi della morte dei genitori; li catturò e li portò in mezzo al mare su una scogliera che sarebbe stata sommersa non appena fosse giunta l’alta marea. I due nani, pur di avere salva la vita, offrirono al gigante tutto il loro prezioso idromele; per loro fortuna Suttungr era geloso di idromele e accettò lo scambio, ma per proteggere la bevanda la mise in una caverna dove mise a guardia sua figlia Gunnlöð.
Ma gli dei desideravano riportare ad Asgard quello che rimaneva del loro figlio e così chiesero ad Odino quell’idromele in cui era stato disciolto il suo sangue.
Odino assunse le sembianze umane e si avvicinò ad un campo del fratello di Suttungr, Baugi, dove stavano lavorando nove suoi servitori: a costoro propose di affilare i falcetti, e questi acconsentirono. Odino affilò con tale maestria le roncole che i contadini gli proposero di comprargli quella cote. Egli accettò, e lanciò in aria la pietra: i servitori, desiderosi di averla, si sbracciarono per prenderla e con i falcetti si uccisero a vicenda.
Baugi era così rimasto senza uomini e Odino si propose per fare il lavoro di tutti e nove in cambio di un sorso dell’idromele: Baugi accettò, ma Suttung rifiutò di dargli anche un solo assaggio della sua bevanda.
Odino allora si trasformò in un verme, entrò nella caverna dove Gunnlöð custodiva la bevanda, la sedusse e la convinse a dargli il permesso di bere tre sorsi. Il dio però trasse dei sorsi così grandi che non lasciò nulla nel recipiente e così, trasformato in un’aquila, volò via per portare ad Asgard tutto l’idromele.
Per penetrare nella caverna Odino dovette scavare nella pietra in forma di verme e proprio così diede origine alle pietre forate naturali che portano il suo nome.»

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere