la casa delle lacrimeLa triste storia della casa delle lacrime

Quasi sempre i luoghi infestati hanno tutti in comune gli stessi fattori: tragedie, morti violente, e tanta sofferenza.

A Tuam, una cittadina irlandese nella Contea di Galway di poco più di 8.000 abitanti, c’è un edificio in stato di abbandono che però ha fatto la storia del luogo e che moltissime persone non riescono proprio a dimenticare, nel bene ma soprattutto nel male.

“La casa delle lacrime” forse dalle nostre parti non dice molto, ma in tutta l’Inghilterra e l’Irlanda ancora oggi se ne parla molto. Ogni anno in TV esce un documentario che aggiunge nuovi inquietanti particolari del passato.

Ad oggi risulta che 796 bambini siano morti tra il 1925 e il 1961 in quello che era nato come istituto di accoglienza per madri single e i loro figli.

L’edificio è stato costruito nel 1841 ed è stato battezzato “The Home”, il suo scopo era quello di dormitorio per la gente irlandese povera e poteva ospitare circa 800 persone.

Oltre al dormitorio, la struttura era dotata di un’infermeria e una “corsia d’emergenza” per offrire ospitalità ad eventuali vittime di disastri naturali.

Dal 1846 vennero costruiti capannoni supplementari per ospitare i detenuti in eccesso nelle carceri e gli ammalati di malattie contagiose.
Nel 1916, durante la rivolta contro il dominio britannico, le truppe inglesi presero possesso di tutte le costruzioni, sfrattando gli occupanti per rendere l’edificio una loro caserma. Vennero tutti buttati per strada, senza un tetto sulla testa ne un rifugio nel quale andare in caso di cattivo tempo. Nel 1923, dopo essere stato testimone delle ultime esecuzioni dei membri dell’IRA che si battevano nella guerra civile, la caserma fu abbandonata dai militari e l’edificio fu dato alle suore.

Tra il 1925 e il 1961 la costruzione principale fu trasformata in una casa per ragazze madri gestita dalle monache Bon Secours e prese il nome di “St. Mary’s Mother and Baby Home”. Fu da allora che iniziarono i veri orrori in quell’istituto.
Come riporta il Daily Mail, nello scorso secolo le donne incinte non sposate in Irlanda venivano destinate a questo genere di istituti per crescere i propri figli, molti dei quali venivano poi adottati da facoltose famiglie americane. Secondo quanto raccontato da alcune donne che lì ci hanno vissuto, i bambini in quella casa morivano come mosche. Molti di loro non riuscivano a superare l’anno di vita a causa di una vera e propria epidemia di pertosse.

La “casa” a quel punto creò una sorta di cimitero nei pressi della struttura, che oggi è murato per tenerlo lontano dai curiosi.

Di tutto quello che accadeva all’interno dell’edificio ne parlò ufficialmente una donna chiamata Julia Davaney, che nel 1980 fu intervistata e registrò su nastro tutte le crudeltà che le giovani ospiti ed i propri figli dovevano subire.

Il mistero sul perchè tale registrazione è rimasta segreta fino al 2014 ancora deve essere sciolto.
La donna, morta nel 1995, parlò così delle suore:

Loro non condannavano le ragazze perché peccatrici. Non avevano però molti contatti con i loro figli e non volevano neanche sapere i loro nomi.

La Devaney sottolineò quanto i piccoli fossero fragili e bisognosi di cure, che non ricevevano perchè le suore li consideravano frutto del peccato. Molti di questi, i più gracili e deboli, venivano addirittura tenuti in stanze separate dagli altri bambini, accuditi solo dalle loro madri e solo per il primo anno di vita; successivamente il loro destino poteva prendere due strade: venire adottati da famiglie facoltose o morire misteriosamente. Per quelli più forti e sani invece c’era qualche speranza di sopravvivere fino ai 7 – 8 anni.
Julia Devaney entrò al St Mary’s Mother and Baby Home di Tuam quando aveva solo 9 anni e vi restò per altri 36 fino alla sua chiusura definitiva nel 1961 come domestica per le suore che gestivano la struttura.

Quel posto era freddo, triste e senza amore. Non era una casa ma un buco vecchio e solitario. I bambini parlavano un linguaggio strano, nessuno insegnava loro ad usare le parole e a nessuno importava della loro crescita. Urlavano e correvano senza meta. Avevano comportamenti molto innaturali. In genere i maschi venivano mandati via a 5 anni e le femmine a 7. Erano tutti sottopeso, non sapevano giocare perché non avevano giocattoli o libri per allenare la fantasia. Scommetto che molti di loro sono rinchiusi in centri psichiatrici.

Tutto questo fino al 2014 era rimasto segreto, le voci che giravano sembravano più leggende metropolitane che altro, molta gente tendeva a sminuire queste storie credendole frutto di fantasia.

A riportare a galla tutto è stata Catherine Corless, una storica di Tuam che indagava sul destino dei bambini scomparsi.

Le sue ricerche sono state pubblicate sul quotidiano Daily Mail, nella sua versione irlandese, e da allora i fattacci della casa delle lacrime sono giunti a tutti noi..
Catherine Corless scoprì l’entità del numero di bambini nella fossa comune quando chiese i certificati di morte dei bambini deceduti nella casa: nei registri di Galway erano elencate 796 morti. Scioccata, la Corless, che ha passato intere settimane fra i registri delle biblioteche, delle chiese e degli uffici comunali, ha controllato 100 di questi nomi con le sepolture presenti nel cimitero, ed ha trovato un solo ragazzino sepolto in una tomba di famiglia. La stragrande maggioranza dei resti dei bambini era in una fossa settica nascosta sul retro dell’istituto.

Secondo le indagine della Corless, il tasso di morte dei bambini della casa delle lacrime era 4/5 volte superiore alla media.

Nel 1944 un ispezione ASL rivelo che in quel momento l’edificio era occupato da 333 persone, 271 bambini e 61 ragazze madri, in quel periodo la capacità della strutture era di solo 90 persone.

Dopo che Catherine Corless ha trasmesso i suoi tristi risultati alla stampa la storia è stata diffusa a livello internazionale e anche negli Stati Uniti e il governo irlandese ha avviato un’inchiesta su quanto accaduto a Tuam. Dopo aver raccolto e trascritto i resoconti della signora Devaney e di altre donne che nelle settimane successive si sono fatte avanti, ha trasmesso la sua ricerca al giudice Yvonne Murphy, a capo della Commissione investigativa sui crimini consumati all’interno di questi istituti.
L’arcivescovo di Dublino Diarmuid Martin ha chiesto che una commissione indipendente sia dalla Chiesa che dallo Stato si occupi della vicenda:

Sarà importante intraprendere un progetto di ricostruzione storica sociale, per dare un’immagine accurata di queste case d’accoglienza nella storia del nostro Paese. Sono favorevole a riesumare le ossa nella fossa ed edificare un monumento che raccolga i nomi di tutti i bambini defunti.