emily-la-bambina-cannibaleEmily, la bambina cannibale

Questa storia è rimbalzata più volte sui social network e su alcuni notiziari online, ma per quanto abbia cercato dei riferimenti sulla veridicità o su date e nomi, ho sempre fatto un “buco nell’acqua”. Per questo motivo la inserisco come una creepypasta, una storiella per inquietare i più paurosi.
Nel secolo scorso quasi tutti i buchi sulle mappe sono stati riempiti e di conseguenza anche le stesse cartine sono diventate pian piano più accurate e dettagliate. Ovviamente, come in ogni cosa, i dettagli sono giunti lentamente e le piccole località sono state aggiunte solo di recente ( alcune ancora oggi non compaiono se non su mappe specifiche regionali o locali).
Yellspilld è appunto uno di questi casi: oggi è un paesino scozzese quasi completamente abbandonato e anche in passato non ha mai superato i 100 aitanti. Per la precisione si trova ai piedi dei Monti Grampiani, non molto distante dalla città di Fort William, in Scozia. La sua locazione sulle mappe è stata segnata solo nel 1970.
Oggi nessuno saprebbe dell’esistenza di questa frazione se non fosse per un evento raccapricciante avvenuto nel 1909. A quel tempo Yellspilld contava 90 abitanti, tutti parenti o amici che vivevano di pastorizia e agricoltura. La posizione non era affatto delle più favorevoli: a ridosso del Ben Nevis, la montagna più alta delle isole britanniche ( 1.344 m), la terra risultava fredda e inospitale per le colture più remunerative, perciò la gente doveva accontentarsi dei pochi frutti colti nei 5 mesi più caldi e di ciò che ricavava dai pascoli di mucche e pecore. Purtroppo la zona nei mesi invernali impedisce ogni coltura e la beve scende copiosa spesso isolando i villaggi a valle per diversi giorni.
Come succede ancora oggi, anche in Italia, i pastori erano soliti approfittare dello scioglimenti delle nevi per portare il proprio bestiame ai pascoli sulle alture, in modo da approfittare di erba fresca, clima fresco e soprattutto non sprecare le proprie risorse a valle. Chiunque avesse dei capi di bestiame in estate si avviava lungo i sentieri montani e per almeno tre mesi restava in montagna assieme ai propri animali, approfittando dei rifugi montani e sopravvivendo con il latte e i formaggi ricavati in quel periodo. Per fortuna si viveva sempre a stretto contatto e ci si aiutava in caso di bisogno, quindi grazie a qualche dono, qualche scambio di favori e al baratto si riusciva tutto sommato a passare un’estate proficua e a tornare a valle in tempo per preparare le scorte per l’inverno.
Nel novembre del 1909 sulle alture erano già scesi metri di neve ed era improponibile incamminarsi lungo i sentieri montani: come ogni anno la transumanza era finita già da tre mesi e tutti erano a valle per prepararsi ad un nuovo rigido inverno. Per diversi giorni nessuno notò la mancanza di una donna e della sua bambina, ma gli altri abitanti verso al metà del mese non poterono che constatare la loro scomparsa.
Le ricerche partirono in tutta la zona e si mobilitò l’intero villaggio, ma nessuno riuscì trovarle. Un paio di boscaioli dissero di aver visto due serie di impronte di stivali dirette verso la cima del Ben Nevis, ma inizialmente nessuno volle credere che le due avessero davvero preso quella strada: perfino i boscaioli, esperti della zona e abituati a quel clima rigido, si rifiutavano di spingersi oltre un certo punto per paura delle slavine.
Le ricerche proseguirono per diversi giorni, finchè quella segnalazione divenne l’unica spiegazione logica alla scomparsa della donna e della bambina. Il capo-villaggio allora organizzò una spedizione sulle alture per verificare se le due per qualche motivo avessero davvero tentato la scalata e fossero rimaste bloccate sull’altopiano a causa del maltempo.
Pur inviando tute persone esperte, quella scelta si rivelò catastrofica: i volontari dopo 5 giorni di ricerca raggiunsero un’altitudine di 800 m, ma furono costretti a tornare a valle in seguito ad una forte bufera; purtroppo tre di loro morirono durante le ricerche a causa di un grosso cumulo di neve che si staccò sopra le sue teste e li travolse fino a valle.
Dopo quella tragedia sia la donna che la bambina venero date per morte e ogni ricerca venne fermata: si decise di riprovare a fine inverno, quando i sentieri sarebbero diventati praticabili. Si attese quindi il marzo del 1910 e a quel punto 17 abitanti di Yellspilld si diressero verso le alture convinti di dover recuperare due cadaveri e dar loro una degna sepoltura in paese.
I volontari erano già pronti al peggio ed erano convinti di trovare due corpo in decomposizione e semi mummificati da freddo, ma ciò che scoprirono fu molto più agghiacciante.
Madre e figlia erano effettivamente andate in uno di quei rifugi, il solito che ogni anno sfruttavano come abitazione temporanea durante l’estate, ma mentre la madre era effettivamente morta, la figlia invece era ancora viva.
Al loro arrivo al rifugio gli abitanti di Yellspilld videro sull’uscio della casa una osso, che esaminato meglio era chiaramente una tibia umana; entrando nella casa si trovarono davanti a diverse ossa sparse sul pavimento, alcune ancora con lembi di carne e pelle. Su di loro c’erano chiari segni di morsi e ben presto trovarono anche chi li aveva fatti: la bambina, conosciuta da tutti come Emily, se ne stava rintanata nella legnaia e attorno a lei c’erano dei pezzi di carne e ossa umane.
Della madre restavano solo le ossa: la bambina s’era nutrita di sua madre, probabilmente deceduta a causa del freddo. Cercarono di interrogare la bambina, ma dalla sua bocca non uscirono altro che suoni gutturali e nemmeno una parola utile: era come se avesse avuto un trauma tale da aver perso l’uso della parola.
Molti si interrogarono su coma avesse fatto una bambina così piccola a sopravvivere all’inverno da sola, seppur cibandosi della madre. Le ricerche attorno al rifugio portarono a misteriose scoperte che allarmarono i cittadini del paesino: nella casa c’erano almeno 10 quintali di legna verde tagliata e accatastata: il colore non poteva che indicare che chiunque avesse portato quella legna lo aveva fatto da poco tempo; sul retro del rifugio c’erano pozze di fango nelle quali erano chiaramente visibili orme maschili e all’interno del rifugio e sul tetto c’erano segni di interventi di emergenza, di cibi cotti e di cure prestate alla bambina.
Emily fu portata a valle e l’unica cosa che riuscì a confermare agli abitanti di Yellspilld fu che la madre era morte per il freddo e che lei si era cibata della sua carne. Per il resto disse di non ricordare nulla e nessuno e ogni volta che si provò ad entrare nell’argomento la bambina scoppiò in crisi di ansia e e scappò via rifiutandosi di rispondere alle domande.
La terza persona del rifugio non fu mai trovata e anche Emily sparì nel nulla qualche tempo dopo, lasciando negli abitanti di Yellspilld una sensazione di timore e di macabro che ancora oggi si avverte ai piedi del Ben Nevis.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere