La chiamata dalla tomba di Martin Sheets

Credo di averlo già scritto da qualche parte che una delle mie maggiori paure è quella di essere sepolto vivo. Se a questo aggiungiamo anche una mia lieve (per fortuna) claustrofobia, il solo immaginare che un giorno finirò in un loculo mi mette già l’ansia. Probabilmente non arriverei al punto di Martin Sheets, ma nel caso dovessi affrontare una lunga malattia forse qualche cosa la lascerei scritta nel testamento.
Martin Sheets era un uomo d’affari piuttosto ricco che nei primi anni del 1900 viveva con sua moglie a Terre Haute, in Indiana. Una delle sue più grandi paure era quella di una sepoltura prematura, ma la peggiore era di non poter far nulla per avvisare qualcuno al suo risveglio.
Tutto era nato da una caduta da cavallo che da giovane lo aveva lasciato paralizzato e incapace di comunicare per qualche tempo: in quel periodo, pur essendo cosciente, sentì diverse volte parenti e medici fornire diagnosi errate e più volte, anche in sua presenza, fu valutata la possibilità dell’eutanasia.
Orami sulla 60ina l’uomo era conscio che prima o poi sarebbe giunto il suo momento, ma voleva che fosse una morte naturale e soprattutto vera.
Spesso sognava di essere sveglio, ma incapace di muoversi, all’interno di una cassa di legno sotto terra e di morire soffocato nel tentativo di liberarsi. Deciso a combattere le sue paure e i suoi timori, Sheets decise di investire un discreto gruzzolo nella prevenzione di morire sepolto vivo. Per prima cosa fece progettare una bara con una serratura all’interno in modo che se fosse stato collocato all’interno prematuramente, avrebbe potuto aprire la bara e fuggire; poi nel cimitero comprò un pezzo di terreno e fece costruire un mausoleo in modo che una volta morto, o ritenuto morto, non sarebbe stato imprigionato sotto due metri di terra ma in una camera da cui era facile uscire. Infine, nell’eventualità che fosse riuscito ad uscire dalla bara, fece istallare uno dei primi telefoni a fili nella tomba in modo da avvertire i guardiani di essere intrappolato all’interno del mausoleo di pietra.
Studiò tutto nei minimi particolari e fece collegare il telefono all’interno della tomba con una linea diretta all’ufficio principale del cimitero: in quel modo gli sarebbe bastato alzare la cornetta per far accendere una spia nell’ufficio e avvertire di aver bisogno di aiuto.
La morte per Martin Sheets giunse nel 1910 e, seguendo le sue volontà, fu sepolto nel mausoleo e nella bara fatta costruire apposta. Per diversi giorni i dipendenti del cimitero, pagati profumatamente come da testamento, tennero d’occhio la spia del telefono in ufficio, ma il tempo passò e la cosa venne dimenticata. Dopo 3 mesi dalla morte di Sheets la linea diretta di collegamento con l’ufficio venne rimossa, anche se il telefono nel mausoleo venne lasciato al suo posto.
Circa 15 anni dopo anche la vedova di Sheets morì: la causa ufficiale fu per un ictus fulminante. La donna venne trovata stesa sul letto con il telefono stretto tra le mani: teneva la cornetta così saldamente che fu necessario romperle le dita per estrarla. Chi abitava enlla casa pensò che la donna, sentendo l’arrivo di un malore, avesse tentato di chiamare un’ambulanza, ma senza successo; la realtà, forse, fu un’altra.
Dopo un pomposo servizio funebre la bara della donna venne portata al mausoleo di famiglia, dove sarebbe stata sepolta accanto al marito. Quando gli operai del cimitero entrarono nel mausoleo però rimasero scioccati da un particolare inquietante: nulla di strano a prima vista, ma il telefono di Martin Sheets non solo era smosso, ma il ricevitore era inspiegabilmente fuori posto e penzolava come se qualcuno avesse tentato di telefonare.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere