porta-dei-100-occhiLa porta dei 100 occhi

La nostra Italia è conosciuta all’estero anche come “il paese degli innamorati” e non a caso molte coppie straniere vengono da noi a sposarsi o in viaggio di nozze per entrare in un’ambientazione romantica.
Ma non sono solo Venezia e Verona le città degli innamorati: in tutta la penisola ci sono state storie d’amore che sono entrate nella storia e soprattutto sono state protagoniste dei migliori romanzi mai scritti.
Renzo a Lucia, Romeo e Giulietta, Paolo e Francesca… Molte coppie sono diventate famose a livello mondiale, ma ce ne sono tantissime meno note la cui storia è altrettanto avvincente. Quasi tutta hanno un filo conduttore comune: due giovani innamorati che trovano come ostacolo la famiglia di uno dei due o addirittura la Chiesa stessa, che si oppone al loro matrimonio. E purtroppo non tutte la storie finiscono al meglio: c’è un’ampia casistica di tragedie in cui l’amore dei due giovani non può essere coronato.
In questo articolo io invece vi parlerò di una porta di legno, una misteriosa e affascinante porta rinascimentale… Perchè allora tutta questa introduzione?
Perchè la porta di cui vi parlerò è proprio uno dei simboli dell’opposizione del “potere” all’amore di due giovani innamorati. Innanzi tutto chiariamo dove, quando e perchè.

Oggi questa porta è custodita nella Pinacoteca di Conversano, un paese di circa a 25.000 abitanti a 30 km da Bari. originariamente però apparteneva al monastero di clausura di San Benedetto, che oggi ospita il museo civico della città.
Si pensa che la porta servisse a separare il piano terreno da quello interrato, dove c’erano le stanze di punizione e di rigore per le suore disciplinate. Questa porta è chiamata “porta dei 100 occhi” perchè su di essa è dipinto un disegno a dir poco inquietante: il soggetto principale è una giovane donna con in mano un lungo coltello insanguinato e quella che sembra la pelle di un animale ucciso: la ragazza è inoltre completamente ricoperta da occhi aperti e tutti uguali. La ragazza è mezza nuda e sotto la sua figura è possibile leggere l’iscrizione ” QUI POTEST CAPERE CAPIAT” ovvero “Chi può comprendere comprenda”. L’immagine probabilmente sta a simboleggiare la vittoria sulle tentazioni da parte delle vergini che entravano in monastero.
Molti hanno interpretato l’immagine come un insegnamento imposto alle novizie che dovevano liberarsi, con le buone o le cattive dei vizi umani come la lussuria e per farlo dovevano uccidere la “belva”, intesa come l’insieme dei mali terreni. I 100 occhi servivano per scovare il male e prepararle ad una vita di rinunce e di battaglie interiori per raggiungere la purezza e meritare il regno dei cieli.
Sembra che ad ispirare l’autore di questa porta sia stata la vicenda della giovane Dorotea Acquaviva d’Aragona, che nel monastero di San Benedetto fu costretta a prendere i voti alla fine del 1600.
E’ necessario però che scriva alcune righe per spiegare in che tempi viveva Dorotea per poter capire il suo amaro destino.
Al tempo il potere della Chiesa era incontrastabile persino dai sovrani, ma nonostante questo su tutto il territorio che da Conversano arriva fino a Castellana le badesse del monastero seppero reggere il confronto con le autorità ecclesiali e civili, al punto che nessuno osava interferire con la vita delle monache. La badessa veniva eletta ogni tre anni e nessuna diocesi poteva interferire sulle votazioni interne. Ciò indica che alle monache di San Benedetto era concesso un potere immenso.
Nel 1400 la contea di Conversano venne affidata alla famiglia Acquaviva, che subito volle conquistarsi le simpatie monastero. L’influenza della potente famiglia abruzzese intaccò quelle regole ferree del monastero e pian piano l’elezione della badessa divenne una sorta di passaggio di scettro da una suora della famiglia a un’altra.
Avere un membro della propria famiglia come badessa al monastero di clausura di San Benedetto significava avere un appoggio non indifferente sia politico che commerciale e fu questo il motivo per cui Dorotea era destinata ad entrarci già sin dalla sua nascita.
La ragazza crebbe tutt’altro spensierata: sin dalla tenera età venne istruita al meglio in tute le materie letterarie, teologiche e filosofiche, al portamento e nell’eseguire ordini; purtroppo per lei none ra un automa e crescendo quella vita rigida e confinata non fece altro che alimentare il suo desiderio di avventura e di fuga.
Dorotea ebbe essenzialmente due “sfortune”: quello di nascere donna e quello di innamorarsi di un baldo giovane che ad insaputa della famiglia l’andava a trovare di nascosto: si trattava di Ridolfo Carafa, il fratello del Duca di Noja. La seconda sfortuna era davvero atroce: la famiglia di Ridolfo era rivale degli Acquaviva e spesso scoppiavano veri e propri conflitti tra le due famiglie.
I due si innamorarono, ma non c’era alcuna possibilità che il loro amore venisse coronato, a meno che…
Dorotea venne costretta a prendere servizio al monastero e molto presto avrebbe preso i voti; Ridolfo, con l’aperto consenso di Dorotea, la rapì poco prima che si votasse a Dio e i due fuggirono a Venezia, dove in gran segreto dalle loro famiglie si sposarono. I due ebbero anche un figlio, ma Ridolfo morì un giorno in un duello d’onore e Dorotea si trovò da sola e senza alcun appoggio per poter sopravvivere. Costretta a tornare a casa dalla sua famiglia non venne affatto accolta a braccia aperte: ormai considerata “di proprietà” del monastero venne riportata alla badessa che la sottopose ad anni di punizioni esemplari, prendendola come esempio per tutte le altre fanciulle costrette alla clausura.
Dorotea venne gettata in una cella chiusa da una porta con diversi fori, affinchè tutte le novizie vedessero quanto fosse duro e difficile raggiungere il perdono di Dio per aver infranto le sue regole e quanto fosse lungo il cammino del pentimento per aver inseguito i desideri carnali.
La leggenda dice che dopo la morte di Dorotea, per mantenere quel clima di terrore all’interno del monastero di clausura, venne commissionata la porta dei 100 occhi, affinchè ricordasse il patire della giovane sventurata e insegnasse con un’immagine il senso del rispetto delle regole.
Negli ultimi decenni però la storia della porta e di Dorotea era stata quasi dimenticata, fino al rifacimento del monastero, quando venne recuperata e sottoposta a un necessario restauro. Il 13 dicembre 2014 è stata esposta nella Pinacoteca, dove continua ancora oggi a guardare con i suoi occhi inquietanti i visitatori del museo.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere