rianimazione-dei-cadaveriLa rianimazione dei cadaveri

La paura della morte accompagna l’essere umano fino dagli albori e proprio su questa paura hanno fatto leva le maggiori religioni: la promessa che dopo la morte vi sia qualcosa, che una parte di noi continui a persistere, ha portato a culti, sette ed infine grandi masse a seguire principi a volte sbagliati pur di coltivare quella piccola speranza di eternità.
La scienza dal canto suo non fa di meglio: pur ritenendo che l’uomo sia nient’altro che un insieme di reazioni chimiche e una collaborazione di elementi biologici, ha più volte cercato di contrastare l’inevitabile e di sperimentare metodi per tornare indietro dalla morte fisica del corpo.
Oggi, almeno ufficialmente, gli esperimenti sugli esseri umani sono banditi su gran parte del nostro pianeta, ma gli scienziati non hanno affatto desistito dall’inseguire la chimera dell’immortalità. La genetica in questo senso investe molto denaro nella ricerca: proprio recentemente i ricercatori dello Swiss Federal Institute of Technology di Zurigo hanno annunciato di aver isolato 30 geni di alcuni animali da laboratorio che sarebbero la causa dell’invecchiamento delle specie e hanno creato nuove specie giocando sulla loro manipolazione. Ne sono risultati vermi e topi in cui l’attività dei geni è artificialmente bloccata e la durata media della vita si è allungata del 25% rispetto agli esemplari normali.
Detto più semplicemente, se la stessa cosa venisse fatta sull’uomo la vita media aumenterebbe di circa 15 anni, passando da un’aspettativa di 79 anni a una di 94. Sarebbe molto bello, se non fosse che gli stessi studiosi hanno riscontrato effetti collaterali pressochè distruttivi: gli animali modificati geneticamente sono risultati più piccoli del normale e loro ossa invecchiando peggiorano più velocemente del normale, portando a una degenerazione invalidante.
Cosa accadrebbe sugli esseri umani? Siamo certi che la genetica modifichi solo la struttura e non la nostra mente? Per fortuna ( almeno dovrebbe essere così) siamo ancora molto lontani dai test sulle persone.
In passato però i controlli erano quasi inesistenti e i test sugli esseri umani si sono sprecati. Uno dei esperimenti più agghiaccianti mai tentato non fu l’allungamento della vita, ma bensì il riportare in vita i cadaveri.
Anche se non siete vecchiotti come me, sicuramente ricorderete la famosa scena del romanzo “Frankenstein” di Mary Shelley ( più volte immortalata su pellicole cinematografiche) in cui una scarica elettrica si propaga attraverso i cavi di un macchinario improbabile e il corpo sotto al lenzuolo bianco ha un fremito; il barone, vestito di un camice bianco, urla con gli occhi allucinati: <<È vivo!>> e una mano ricoperta di cicatrici si solleva da sotto di esso.
Frankenstein è un’opera di fantasia, ma sappiamo benissimo che l’essere umano è capaci do cose che vanno ben oltre la fantasia. Finora nessuno è ancora riuscito a rianimare un cadavere, ma di tentativi ne sono stati fatti molti, sia clandestini che “legalmente in nome della scienza”.
La stessa Mary Shelley, pur dimostrando un’ottima personalizzazione, non inventò tutto di sana pianta e per la sua opera si ispirò alle scoperte di un ricercatore italiano, Luigi Galvani. Galvani dedico la sua vita allo studio sull’elettricità, ma si spinse oltre gli altri colleghi cercando di sviluppare quella che lui stesso definì “elettricità animale”: nei suoi esperimenti utilizzò per lo più rane e nel 1780, facendo passare una corrente elettrica attraverso i nervi di alcune rane sezionate, osservò delle contrazioni muscolari e movimenti degli arti degli anfibi.
Le sue ricerche vennero riprese da suo nipote, Giovanni Aldini, che psi avvicinò molto alle imprese del barone Victor Frankenstein. Aldini decise di fare ciò che nessun altro aveva tentato, il tabù dell’epoca ( in verità ufficiosamente si faceva anche di peggio): provò a rianimare i cadaveri umani collegandoli all’elettricità.
Inizialmente criticato e duramente ammonito dalla comunità scientifica del tempo, Aldini divenne il pioniere della rianimazione dei cadaveri e in poco tempo riuscì ad ottenere l’attenzione di tutti i maggiori luminari. Le sue dimostrazioni sull’elettrificazione del corpo umano vennero accolte con grande clamore e lui girò tutta l’Europa, offrendo al pubblico il suo agghiacciante spettacolo.
La dimostrazione più celebre fu quella svoltasi al Royal College of Surgeons di Londra il 17 gennaio 1803. Quel giorno in piazza venne giustiziato un assassino di nome George Forster, colpevole di omicidio della moglie e del proprio figlio. Impiccato all’alba, nel giro di due ore venne condotto nella sala del collegio, spogliato e “preparato all’intervento”. Quella mattina Aldini collegò diversi elettrodi al cadavere, in particolar modo al volto dell’assassino, e dall’altro capo collegò una batteria da 120 Volt.
I muscoli del corpo di Forster: ebbero uno spasmo e l’espressione sul volto dell’assassino divenne una smorfia di dolore. L’occhio sinistro si aprì e il ventre si contrasse; un braccio battè sul tavolo più volte, i polmoni si gonfiarono e la schiena si inarcò. Forster, niente più che una ammasso di carne, davanti allo sguardo stupefatto di decine di medici e studiosi, aveva per qualche istante ripreso vita, e a dimostrarlo fu un inquietante rumore generato dall’aria espansa nei polmoni che imitò un angosciato respiro.
Ma Aldini aveva in serbo per il suo pubblico qualcosa di ancora più stupefacente: collegò un polo ad un orecchio e infilò l’altro nel retto, poi diede un’altra scarica al cadavere che cominciò a contrarsi in una sorta di danza grottesca e terribile. La mano destra si strinse a pugno, le gambe e i fianchi iniziarono a muoversi e gli spettatori, tenuti allo scuro di quella dimostrazione, parve davvero che l’uomo avesse ripreso vita davanti ai loro occhi.
Quello spettacolo ebbe talmente successo che gli emulatori di Aldini e Galvani non tardarono a mettersi in mostra e ad andare sempre più in là con i loro esperimenti. Tra tutti ci fu uno che addirittura affermò che con i suoi studi sarebbe giunto a sconfiggere la morte e a riportare le persone defunte in vita: il suo nome era Andrew Ure.
Ure volle dare dimostrazione dei risultati delle sue ricerche il 4 novembre del 1818, quando radunò a Glasgow i più insigni ricercatori di medicina e presentò loro il cadavere di un altro assassino da poco giustiziato, Matthew Clydesdale. Per avere un effetto più incisivo sul corpo esanime collegò una batteria molto più potente di quella di Aldini, di 270 Volt e usò come poli il midollo spinale e il nervo sciatico. L’effetto fu talmente macabro che persino sul giornale cercarono di mitigare la scena.
<< Ogni muscolo del corpo di Clydesdale hanno iniziato ad agitarsi in modo convulsivo, come quelli di una persona che trema dal freddo. Il petto si è sollevato in un respiro affannoso e lo stomaco è balzato fuori per poi ricadere su se stesso. Le braccia hanno iniziato a piegarsi e le ginocchia hanno iniziato a battere l’una contro l’altra come una marionetta mal governata…>>
Ure poi continuò il suo esperimento spostando i poli e ponendone uno dietro la nuca e uno sul tallone.
<<E’ stato allora che molti dei presenti si sono voltati e alcuni sono fuggiti per non assistere a quello spettacolo di orrore e disperazione. Il cadavere ha iniziato a contorcersi su se stesso e sul volto di Clydesdale gli spasmi hanno generato l’espressione di un terrificante sorriso, peggiore di qualunque sorriso abbia potuto inscenare nella sua vita scellerata.>>
Ure era davvero convinto di essere a buon punto per riuscire a rianimare i morti, tanto che a conclusione della sua dimostrazione disse pressochè queste parole:
<< Sono fermamente certo che la vita possa essere donata di nuovo e questa operazione, benchè poco desiderabile nel caso di un assassino come Matthew Clydesdale, potrebbe essere concessa a persone sommamente onorevoli o utile alla scienza>>.
Dal 1818 gli scienziati hanno fatto scoperte enormi ed è grazie a loro che la nostra vita è notevolmente migliorata e molte malattie sono state debellate: la scienza però ha anche ispirato molti folli visionari e gente senza scrupoli che pur di scrivere il proprio nome nella storia hanno perpetrato le peggiori atrocità contro l’umanità. Sembra però che almeno la rianimazione elettrica di tessuti morti sia stata abbandonata dalla moderna ricerca e che almeno in questo senso gli scempi sui corpi umani ridotto. Sembra…