nave RodeurLa terribile traversata della nave Rodeur

Oggi i racconti horror e le leggende metropolitane sono sempre più sofisticate per dare un senso sempre più realistico di ciò che si racconta. Ma per quanto a molti la storia insegnata a scuola non piaceva proprio, c’è da dire che in passato alcuni avvenimenti vanno al di là della nostra fantasia e non è raro leggere di episodi talmente inquietanti da sembrare pura invenzione.
In questo articolo voglio presentarvi una storia tutt’altro unica nel suo genere: di queste morti assurde ne sono capitante tantissime nel periodo del colonialismo e nessuno ci badava più di tanto perchè l’importante non erano gli uomini che giungevano vivi nelle colonie, ma i carichi di risorse trasportate.
Eh sì, la vita umana a cui oggi diamo poca importanza una volta valeva addirittura nulla o quasi: dopo la scoperta delle Americhe le navi partivano con un carico di schiavi verso le colonie e tornavano con oro, minerali, spezie, nuove colture e sopratutto con il vanto di aver sterminato e conquistato i popoli indigeni. Non stupisce quindi che la corsa alla conquista americana abbia causato, già al tempo, milioni di morti.
La nave Rodeur era una delle tanti navi schiaviste francesi che caricavano schiavi in Africa per condurli nelle colonie e tornare in Francia piene fino all’orlo di beni preziosi. Nell’aprile del 1819, dopo aver fatto rifornimento di forzuti lavoratori, partì dal golfo del Biafra diretta all’isola di Guadalupa: l’ordine, come al solito, era di accelerare quanto più possibile la traversata e di riportare quante più risorse possibile; il viaggio di andata non importava perchè era “a vuoto” e gli schiavi non valevano nulla, quindi non importava quanti sarebbero arrivati vivi perchè altre navi avrebbero approvigionato le colonie con “carne fresca”.
L’imbarcazione schiavista partì dalle coste africane con a bordo 22 uomini dell’equipaggio e 162 schiavi. Credo di aver chiarito la situazione degli schiavi, ma per completare il quadro posso dirvi che per tutta la traversata furono obbligati a restare nel buio della stiva in condizioni igieniche orribili e venivano nutriti poco e con cibo spesso avariato per il caldo e danneggiato dal sale e i topi, loro compagni di viaggio. Era concesso loro solo mezzo bicchiere d’acqua al giorno e per evitare ribellioni o ammutinamenti ognuno di loro era legato con una catena a dei ganci a terra.
In condizioni del genere era nomale che si sviluppasse qualche morbo e che qualche schiavo morisse, ma era tutto calcolato e l’equipaggio era pronto a gettare in mare quelli più gravi e destinati a morire.
Dopo circa due settimane di viaggio alcuni degli schiavi cominciarono a diventare ciechi, ma alla cosa non venne data molta importanza alla cosa, anche perchè l’unica luce che gli schiavi vedevano proveniva da raggi infiltrati in buchi e fessure del ponte. Dopo alcuni giorni però alcuni membri dell’equipaggio si resero conto che si trattava di una malattia infettiva e che l’epidemia aveva iniziato a dilagare fra i prigionieri.
Il medico di bordo disse che la causa era l’aria insalubre e impura che si respirava nella stiva e così ordinò che agli schiavi fosse di tanto in tanto permesso di prendere una boccata d’aria. Quando per la prima volta gli schiavi vennero portati sul ponte, di fronte agli attoniti marinai, molti di loro si presero per mano e si gettarono fuori bordo, impedendosi vicendevolmente di nuotare così da annegare più velocemente.
Uno di loro, che qualcosa parlava di francese, disse che lo facevano nella speranza che i loro spiriti sarebbero stati velocemente trasportati indietro alle loro case in Africa, mentre se fossero andati avanti sarebbero morti lontano dalla loro terra in preda alla malattia e le loro anime non avrebbero potuto tornare dai loro cari.
Al capitano della Rodeur non piaceva affatto perdere il suo carico in quel modo, non tanto per la perdita di braccia per la colonia, ma per la figura che avrebbe fatto di fronte ai suoi superiori una volta giunti a Guadalupa. Così decise di salvare il ” carico” spaventando i restanti schiavi e ordinò che quelli che tentavano il suicidio venissero legati all’albero maestro e fucilati di fronte ai loro compagni.
Passarono altri giorni e l’epidemia non si arrestava: in breve tutti i prigionieri persero la vista e a quel punto fu lo stesso capitano a cominciare a gettare gli schiavi fuori bordo, nel tentativo di arginare l’avanzare della malattia. Non cambiò nulla e a poco a poco anche l’equipaggio cominciò ad essere inesorabilmente infettato dall’oftalmia, finché rimase soltanto un uomo ancora capace di vedere. Il capitano si affidò completamente a quell’uomo, un mozzo, affinchè stesse al timone e conducesse il Rodeur verso la salvezza a Guadalupa.
A tentoni nelle tenebre della cecità i marinai si diedero il cambio per giorni alle corde, mentre il timoniere sperava ( lo speravano tutti a dire il vero) di non contrarre quella malattia e porre fine alle speranze della Rodeur.
Ma quando al sfortuna colpisce le persone lo fa nella maniera peggiore e a volte sembra addirittura prendersi beffe dei malcapitati. Un mattino, mentre cercava disperatamente di tenere la rotta impostata sulle carte, il solitario timoniere del Rodeur avvistò una nave che avanzava a vele spiegate: era la goletta schiavista spagnola Leon. La gioia esplose fra la ciurma: finalmente qualcuno avrebbe portato dei soccorsi perchè anche se rivali, in mari si aiuta sempre una nave in difficoltà.
Mentre la nave spagnola si avvicinava, però, gli occhi affaticati del timoniere misero a fuoco una realtà ben più triste: le gomene erano lente e sfatte, il ponte completamente deserto e la Leon sembrava un relitto galleggiante abbandonato al mare. Quando le due barche si incrociarono i marinai francesi si misero a gridare verso la nave e finalmente alcuni uomini cominciarono ad apparire sul ponte della Leon. I passeggeri della nave straniera erano stanchi e terrorizzati quanto quelli della Rodeur e gli spagnoli risposero urlando che tutto il loro equipaggio era divenuto cieco a causa di una malattia sviluppatasi fra gli schiavi.
Quell’ attimo la speranza si trasformò in orrore perché proprio dalla nave che avrebbe dovuto portare il Rodeur fuori dall’incubo arrivava ora una preghiera di salvezza: colpite dallo stesso morbo e incapaci di darsi aiuto, le due navi si separarono.
Il 21 Giugno il Rodeur raggiunse Guadalupa e secondo la Bibliothèque Ophthalmologique l’unico uomo che era scampato all’oftalmia divenne cieco tre giorni dopo essere riuscito a ricondurre in porto la nave. Il Leon invece si perse nell’Atlantico e non se ne seppe più nulla.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere