ZONE MORTE DELL'OCEANO ATLANTICOLe zone morte dell’Oceano Atlantico

Gli oceani sono, secondo la teoria evoluzionistica, la culla della vita e il luogo dove vive la maggior parte delle specie viventi. Eppure proprio di recente sono state scoperte nell’Oceano Atlantico alcune zone misteriose, in cui avviene tutto il contrario: la vita al loro interno è quasi impossibile.
Queste zone morte sembrano concentrarsi al largo dell’Africa occidentale, ma ce ne sono anche altre molto più a largo.
Sono delle vere e proprie “zone dove la vita non è possibile” poiché i livelli di ossigeno sono bassi a tal punto da non consentire a nessun organismo, fatta eccezione per alcune specie di microrganismi, di sopravvivere in condizioni normali.
Queste aree sono state scoperte da un gruppo di ricercatori capitanati da Johannes Karstensen dell’Helmholtz Centre for Ocean Research di Kiel in Germania, e i risultati della ricerca sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Biogeosciences.
Queste aree morte si muovono da un punto all’altro grazie alle correnti e ai vortici d’acqua, divenendo quindi molto pericolose, perché spostandosi possono provocare la loro medesima condizione di assenza di vita ovunque. Ma come nascono queste zone morte?
A quanto pare il problema è da ricondursi, come al solito, all’inquinamento, in particolar modo ai fertilizzanti, ai pesticidi e a tutte quelle sostanze chimiche che finiscono in mare dopo che sono state versate o sono confluite nei fiumi.
Il procedimento è interessante e oltremodo inquietante, queste sostanze inquinanti favoriscono la crescita di alghe che una volta morte ricadono sui fondali. A questo punto, durante il processo di decomposizione, gli innumerevoli batteri che si sono formati consumano tutto l’ossigeno risucchiando la vita.
Ancora una volta, la cieca avidità alla base di un modello di sviluppo che non tiene conto della vita ha dato un ulteriore triste raccolto. Siamo arrivati addirittura a creare, dalla vita, l’assenza di vita, concetto quasi metafisico, ma sicuramente grave e molto triste.
Ecco quindi un ulteriore motivo per riflettere sul rapporto che abbiamo con la natura e sull’importanza, prima che sia troppo tardi, di iniziare a ripulire il nostro Pianeta, innanzitutto smettendo di inquinare e avviando dei modelli agricoli che abbiano al centro la produzione di cibo di qualità, difendendo il patrimonio genetico originale della natura.