George Town, isole Cayman.

In una notte tempestosa di un venerdì 17, Madeline Taylor sta per diventare ragazza madre nella sala parto dell’ospedale Cayman Island hospital. In realtà, è una delle ultime piogge della stagione in quanto l’inverno è ormai alle porte per lasciar spazio alla primavera e alle belle serate festose, una di quelle serate allegre, dove Madeline tra un bicchiere e l’altro lascia che un perfetto individuo, nella sala da ballo della disco più “in” dell’isola, la seduca con due parole e la porti nel più vicino cimitero abbandonato, il Dixie Cemetery per potersi approfittare sessualmente di lei. Il cimitero si affaccia sulla costa, la luna piena e il suono delle onde del mare, suggellano tra i due, un patto di sangue dai risvolti inaspettati.

Deve odiare all’infinito quella maledetta notte Madeline, mentre urla e si dimena per dare alla luce la piccola Viola, un nome preso a caso dritta dritta da una lapide su cui lei e il giovane impenitente hanno consumato il loro rito dai gusti a dir poco contestabili. La ragazza ha da poco compiuto ventitré anni e quella gravidanza ha segnato la fine delle sue “notti brave” da fotografa turista, in cerca del suo “io” in giro per il mondo. Così non gli resta che stabilirsi alle Cayman e svolgere il lavoro di cameriera presso un fast food accantonando la possibilità di laurearsi per riuscire ad allevare la piccola Viola, una bambina piuttosto taciturna, a detta della babysitter, con cui trascorre le sue serate tra le merendine e i colori che tiene in mano per disegnare le sue buffe opere d’arte.

All’età di nove anni, però, qualcosa cambia. Negli incubi notturni di Viola, sempre più frequenti, si manifestano dei de ja vous particolari e tuttavia sempre più ben definiti e descritti dalla bambina come ricordi vividi di una vita passata, dettagli che ogni giorno di più affiorano nella sua mente con dovizia di particolari che di tanto in tanto giungono al cospetto di Madeline, che presa dal lavoro e dalle faccende di tutti i giorni relega una superficiale considerazione, data la possibile immaginazione più o meno fervida che una bambina può celare dentro di sé. Sulla questione però non resta indifferente Amanda, anche se pagata pochi spiccioli l’ora, è per Viola l’amica più prossima non ché confidente referenziata. Quando Amanda, un giorno, spulcia gli ultimi disegni, nota l’assidua presenza raffigurante una casa in stile vittoriano di colore chiaro avente una porta d’ingresso di un rosso acceso con in mezzo una maniglia dorata.

<< Dove hai visto questa casa? >> Domanda Amanda alla fanciulla.

<< La vedo nei miei sogni… >> Spiega la piccola Viola << …è lì che abitavo prima! >> Sostiene.

<< Davvero? Ma io ti ho vista crescere qui, questa casa dove si trova? E’ forse la casa dei tuoi nonni, tesoro? >>

<< No no, questa è la mia prima casa, la mia vera casa e io presto ci voglio andare e ci andrò! >> Esclama tutta orgogliosa.

La ragazza, con scrupolo, racconta i dettagli a Madeline che gli confessa di non aver mai visto una casa simile in tutta la sua vita. Così, entrambi interrogano la bambina per scoprire cosa la tormentasse nelle notti insonni e capire se tutto ciò fosse scaturito da un brutto film visto in tv o da qualche altra spiegazione plausibile, ma più si inoltrano nella mente di Viola più questa si sente oppressa e desiderosa di andare in quella casa perché, a suo dire, è lì che abitava prima.

Dopo alcuni giorni, finalmente, Amanda scorge, in un disegno, la mappa di un’isola con dei chiari riferimenti, così accende il suo portatile e si mette a cercare, su internet, nei dintorni, un’isola che combaci con le descrizioni del disegno. Dopo una buona mezz’ora capisce che la località in questione esiste davvero, è Freeport! Una regione situata presso un’isola a nord est di Miami e grazie alle mappe satellitari e alle cartoline turistiche riesce a distinguere perfettamente la casa descritta così morbosamente dalla bambina. E’ una struttura situata a Fortune Beach, in una delle zone più desolate e poco frequentate. Viola smania per poter visitare quella località non appena ascolta Amanda raccontare della scoperta a sua madre, ma il vincolo del lavoro non consente a Madeline di allontanarsi dalla città, così con i pochi soldi che aveva messo da parte per i regali di natale ottenuti con le mance, decide di affidare ad Amanda il compito di soddisfare la curiosità di Viola e concedere ad entrambi, una gita, anche se non programmata.

I due corrono a fare i biglietti. Partenza prevista con il volo di domani.

Amanda porta con sé uno zaino abbastanza capiente per un pick-nick improvvisato costituito da vari snack, una torcia a manovella e un set  trucco da viaggio. La bambina, salita in aereo, è a dir poco contenta e festosa e questo mette di buon umore la sua accompagnatrice.

<< Finalmente torno a casa, la mia vera casa! >> Urla felice Viola, che lascia stupita e incuriosita Amanda.

La giornata è perfetta e il comandante della Cayman Airways annuncia previsioni meteo stabili e augura ai suoi passeggeri un volo sereno.

Giunti all’aeroporto lo sportello della guida turistica locale li indirizza sopra l’autobus che li porterà direttamente nei pressi Fortune Beach.

Durante il tragitto Viola termina il suo ultimo disegno raffigurante la casa e l’immagine di lei con un grande sorriso. Il mezzo li lascia sul ciglio della statale, dove a fianco si dirama una strada di campagna che conduce alla loro destinazione. I due s’incamminano lungo il sentiero, ma a poco a poco il cielo si fa, inaspettatamente, sempre più cupo intimando un’incalzante acquazzone che minaccia di rovinare la gita.

Finalmente arrivano alla meta. Di fronte a loro un edificio color chiaro invecchiato, con evidenti segni di abbandono e fatiscenza. La porta d’ingresso è tale e quale al disegno realizzato più e più volte da Viola. Perfino quello appena creato in viaggio tenuto in mano dai due è la foto spiccicata di quella casa.

<< Viola, ora che finalmente siamo qui, vuoi dirmi dove hai visto questa casa? A prima vista sembra abbandonata, guarda quante erbacce ci sono in giro, non è che ti è capitata in mano una foto, una cartolina o una pubblicità di qualche asta di vendita alla tv? >> Le chiede la giovane donna.

<< Questa è casa mia ti dico, vieni entriamo. >> Insiste con decisione la fanciulla che adesso ha assunto il volto curioso e fremente sgranando gli occhietti azzurri.

Amanda bussa inutilmente la maniglia in finto oro laccato, ma non riceve risposta alcuna. Tutt’attorno, un silenzio macabro, una finestra rotta, ma nessun segno di vita, né tanto meno un cartello di avviso, niente. Niente che faccia pensare all’uso costituito da quell’immobile, se fosse appartenuta a una specifica utenza, come a due coniugi anziani o se fosse adibita come centro culturale, un ospizio o addirittura una casa per appuntamenti, niente. D’innanzi all’insistenza di Viola, Amanda gira la maniglia che sorprendentemente fa aprire la porta, ma solo di una decina di centimetri, quel tanto che basta per dare una piccola spallata e riuscire ad addentrarsi all’interno. L’ambiente è buio e fuori inizia a piovere, ma Viola è contenta perché finalmente è a casa! L’elettricità è assente, quindi Amanda posa il suo zaino a terra e si munisce di torcia, ma non fa in tempo a dare una carica che Viola gli sguscia via come un’anguilla dritta nel ventre oscuro della casa. Un passo davvero azzardato. Cosa spinge una bambina di nove anni a fiondarsi all’interno di una dimora sinistra e a lei sconosciuta? La sente urlare felice in corsa lungo i corridoi e le stanze che di certo Amanda non dovrebbe conoscere affatto!

La ragazza si mette immediatamente alla rincorsa di Viola vagando in lungo e in largo sopra i pavimenti di legno scricchiolanti, ma ben presto si ritrova nell’atrio vicino alla porta d’ingresso in piena oscurità dove si accorge che il suo zaino è sparito nel nulla! La babysitter comincia ad avere paura e urla alla bambina nel tentativo di capire dove si sia cacciata. Armata della sola torcia che ogni tanto si spegne e necessita di essere ricaricata a mano, decide di andare a vedere nello scantinato.

Tra un lampo e l’altro si accorge di sporadici disegni fatti lungo le pareti dei corridoi con il suo rossetto trafugato dalla bambina. La voce di Viola si ode sempre più forte man mano che scende le scale che conducono al piano sotterraneo allorquando, finalmente, intravede la sua esile sagoma nella penombra. Amanda gli illumina il volto con la torcia che inizia a lampeggiare, un volto chiaro, divertito, ma dallo sguardo vuoto, perso chissà dove, come quando le persone entrano in uno stato d’ipnosi.

<< Viola? Viola che fai lì al buio tutta sola? Vieni, andiamocene da qui! Questa casa mi dà i brividi! Viola? Non vuoi tornare dalla mamma? >>

<< La mamma non deve preoccuparsi, io ora sono a casa, a casa mia. Visto che non dicevo bugie? >> Risponde la bambina.

<< No tesoro, questa non è casa tua lo sai, perché insisti ancora con questa storia? >> Domanda la ragazza.

<< Perché è qui che sono morta la prima volta… >> si sentì rispondere  <<…e adesso tu verrai con me! >>

Sulle guance di Viola compaiono improvvisamente due cicatrici e dalle labbra sgocciolano colate di sangue di un rosso intenso. La bambina trascina Amanda nell’oblio con un abbraccio mortale e di loro non vi rimane più traccia.

Madeline non scoprì mai che fine abbia fatto Amanda. Dopo le indagini della polizia non gli restò altro da fare che seppellire il corpicino ritrovato di sua figlia, a Dixie Cemetery, proprio là, dov’è sepolta un’altra Viola.

Gero Marino