Colleen Stan, sette anni nell’inferno di Cameron Hooker

Lo si dice sempre: affinché un rapporto tra due persone persista nel tempo c’è bisogno di complicità, di affinità, di condividere pensieri, emozioni e desideri. Questa frase però, inserita nel contesto delle coppie criminali fa decisamente scappare da ridere. Cosa spinge una donna (ma non è sempre così, a volte capita anche al contrario) ad accettare un rapporto in cui il proprio uomo imprigioni, stupri, torturi e arrivi anche ad uccidere un’altra donna? Cosa le fa pensare che lei non faccia la stessa fine e cosa le passa per la mente quando, pur di assecondarlo, lei stessa infierisce sulla vittima?
Non sono la persona più adatta a rispondere, ma certamente casi come quello di cui sto per parlarvi devono far riflette su quanto strana sia la psiche umana. Tutto ruota attorno a Cameron e Janice, una coppia apparentemente normale e felice californiana con addirittura una bambina avuta da poco.
Cameron Hooker nacque ad Alturas, sempre in California, il 5 novembre 1953. Era conosciuto come un ragazzo molto introverso, non bello, magrissimo e occhialuto: la classica vittima dei bulli. In compenso a scuola era ritenuto quasi un genio, brillante in ogni materia e un ragazzo dall’immaginazione davvero spiccata. Forse proprio quell’essere silenzioso e schivo lo costrinse a lasciare la scuola prima del diploma per finire a lavorare in una segheria locale, dove si scontrò con la rude vita operaia di uomini grossolani e piuttosto materiali.
Col tempo si abituò a quella vita fin troppo, limitando le sue lettura a giornaletti pornografici e a videocassette hard che guardava nelle pause o durante il lavoro; le sue fantasie si moltiplicarono velocemente arrivando a preferire scene di sesso estremo, bondage, sadomaso e dominazione totale, fino a provare un morboso interesse per le torture. Non sto parlando di un trentenne: quelle idee le aveva già a soli 19 anni, quando incontro la timida quindicenne Janice (il cognome non è noto).
Janice non era particolarmente bella, era timida e aveva una bassa autostima: la preda ideale per uno come Cameron. Tra di loro nacque una relazione sin da subito molto strana: lei era contenta di accompagnarsi ad un bel ragazzo con una macchina tutta sua e farsi vedere dalle amiche, lui riuscì a convincerla a sperimentare tutto quello che aveva fino ad allora solo visto sulle riviste.
Hooker un giorno la portò in un bosco e decise di capire fin dove potesse arrivare con lei: la legò ad un albero, le tagliò i vestiti e iniziò a picchiarla con violenza. Janice, sebbene sconvolta dalla paura e dalla vista del sangue (sì, lui la ferì diverse volta con una frusta), aveva più paura di perdere lui e tornare ad essere una ragazza invisibile, così si dimostrò obbediente e soddisfò i desideri del suo ragazzo. Non c’era più dubbio: Cameron aveva trovato la sua anima gemella.
I due si sposarono nel 1975, presero in affitto una casa a Red Bluff e lì Cameron sfogò la sua perversione e il suo sadismo, fino probabilmente a causare nella donna una reazione negativa. Decise allora di darsi una calmata e provò alcuni mesi a comportarsi in modo meno aggressivo. Nuovamente i due trovarono una sorta di accordo malato: Janice voleva una vita “normale” e desiderava un bambino, lui voleva invece dare sfogo alle sue perversioni senza freno; la soluzione era inserire nella coppia una terza persona, una ragazza che subisse il volere di Cameron mentre Janice allevava i figli e manteneva un basso profilo.
Janice accettò di lasciare a Cameron una schiava a patto che Cameron non avesse rapporti sessuali con lei.
Molti criminologi hanno cercato di giustificare il comportamento che questo momento Janice ebbe e hanno sminuito le sue colpe riducendola a interventi marginali e “scusabili” dalla sua paura che Cameron la lasciasse e se ne andasse di casa. Lei stessa nella sua confessione disse che era disgustata dal comportamento del marito, ciò nonostante vennero trovate moltissime prove che lei partecipò alle violenze, agli stupri e alle umiliazioni che inflisse il marito alle prigioniere. Oltre a questo giocò un ruolo fondamentale per attirare le vittime di Hooker e più volte si eccitò sessualmente nell’assistere alla dimostrazione di potere del marito sulle loro vittime.
Nel gennaio 1976 i due diedero un passaggio ad una 18enne di nome Marliz Elizabeth Spannhake, che raccolsero nella vicina città di Chico. la ragazza stava andando a casa dopo una festa e si aspettava che la coppia la riportasse a casa, ma Camaeron guidò per oltre mezzora fino a condurla in un bosco isolato dove nessuno l’avrebbe sentita urlare. Lì Cameron la stordì con diversi pugni, poi la legò e le chiuse la bocca legando le mascelle con la cinghia; infine bloccò la sua testa in una scatola di cartone che aveva progettato per un suo gioco sessuale. Dopo averla violentata e torturata i due la caricarono di nuovo in macchina e la portarono a casa loro, dove arrivò priva di sensi.
A casa la portarono in cantina, la denudarono e l’appesero per i polsi al soffitto. Quando la ragazza si riprese i due le dissero che ogni volta che avesse urlato o pianto Cameron ci sarebbe andato sempre più pesante, a costo di ucciderla. La ragazza era terrorizzata e riuscì a resistere solo alcuni giorni: non si sa esattamente come successe perché sul suo caso sono stati forniti pochissimi dettagli, ma secondo ciò che disse Janice il suo compagno, sentendo la ragazza urlare a squarciagola quasi tutto il giorno, una notte disse a Janice che voleva una schiava silenziosa; sta di fatto che Cameron alla ragazza tagliò le corde vocali e quando si rese conto che la ragazza stava soffocando le sparò con una pistola in pancia diversi colpi uccidendola.
Il giorno dopo gli Hooker caricarono il cadavere in auto e lo seppellirono in montagna in una fossa nel terreno. I resti non vennero mai ritrovati perché. sebbene Janice in cambio di uno sconto della pena condusse gli inquirenti sul posto, non riuscì a ritrovare il luogo esatto dove seppellirono la ragazza. Di conseguenza non vi furono prove sufficienti per incriminare Cameron Hooker di omicidio durante il processo.
La coppia ebbe la prima figlia e sembrò darsi una calmata, fino all’anno successivo quando iniziò una delle storie più atroci mai vissute. Sì, questo era solo l’introduzione al caso di Colleen, soprannominata “The Girl in the Box” (troverete molto a riguardo cercando in rete).
Era il 19 maggio del 1977 e Colleen Stan (è un nome fittizio per tutelarla oggi), di soli 20 anni, faceva l’autostop tra Eugene e Westwood, al confine tra Oregon e California del Nord. Stava cercando di raggiungere un amico che festeggiava il suo compleanno. Ebbe la sfortuna di ricevere un passaggio da parte delle persone sbagliate.
Collen anni dopo la conclusione della vicenda affermò che quando la macchina si fermò notò Cameron, Janice e la loro bambina sul seggiolone dietro: la tipica famiglia amorevole e di cui nessuno sospetterebbe.
La giovane coppia le offrì un passaggio sulla loro Dodge Colt blu ed entrambi sembravano persone miti e rassicuranti: l’uomo era pacato nei comportamenti e lei era la tipica madre apprensiva per la piccola e dal volto acqua e sapone.
Colleen chiacchierò con gli Hookers amabilmente, fino a quando Cameron iniziò a parlarle di incidenti che capitavano agli autostoppisti, del fatto che molti sparivano nel nulla o li trovavano morti. Quando Cameron si fermò all’autogrill per fare carburante Colleen disse che doveva andare in bagno e si convinse a cercare qualcun altro che le desse un passaggio, ma poi ci ripensò dato che entrambi gli Hooker dopo tutto erano stati molto gentili con lei. Si convinse semplicemente che Cameron avesse fatto una qualche battuta che lei non aveva afferrato e che non ci fosse alcun pericolo nel proseguire il viaggio con loro.
Gli Hookers avevano comprato delle barrette di cioccolato e gliene offrirono una: Colleen disse che in quel momento si era sentita perfino in colpa per i suoi dubbi. La macchina ripartì e poco dopo Cameron disse che in quella zona c’erano delle spettacolari grotte di ghiaccio che sognava di vedere da molto tempo: le chiese di poter fare una piccola deviazione e le promise di ripartire poco dopo e di portarla a destinazione. Colleen non fece obiezioni, ma quando Cameron raggiunse un luogo sufficientemente isolato, fermò l’auto scese dalla macchina e puntò un coltello alla gola della ragazza ordinandole di mettere le mani sopra la testa.
Janice le ammanettò le mani dietro la schiena, poi la bendò in modo che non vedesse il percorso che avrebbero fatto, le serrò le mascelle con la cinghia legata sulla testa e le inserì la testa nella famosa scatola (di legno questa volta) progettata per gli scopi sessuali del marito.
A cosa serviva la scatola? Semplicemente a bloccarle il collo, a chiuderla nel buio più completo e a insonorizzare le sue urla. Metodi del genere, come vedremo tra poco, servirono a Cameron per isolarla dalla realtà e assoggettarla al proprio volere privandola dei sensi fino a farle una specie di lavaggio del cervello: l’essere privati di uno o più sensi per lungo periodo provoca in una persona, se non la pazzia, una reazione di totale abbandono sul quale si gioca per manipolare i pensieri.
La coppia di sequestratori attese la tarda sera per rientrare in casa, in modo che nessuno passasse per strada e i vicini non spiassero le loro azioni. La ragazza venne portata in soffitta, ma le venne lasciata la scatola sulla testa e le manette, in modo che sentisse cosa succedeva attorno, ma non vedesse nulla; gli Hooker cenarono e poi Cameron la portò in cantina dove legò una delle manette ad un tubo e la spogliò completamente. Poi le tolse la scatola, lasciandola però bendata, e iniziò a frustarla: ad ogni frustata lui le dettò le sue regole, e cioè di non urlare, non piangere, non desiderare di essere rilasciata, non strattonare le manette, ecc.. Ogni volta che una frustata la faceva urlare o piangere Cameron gliene dava un’altra ancora più forte, ogni volta che lei faceva ciò che lui diceva lui la “premiava” con piccole comodità, come sostituire le manetta con polsini di pelle (molto meno dolorosi), fornirle un rialzo di legno per non lasciarla a pieni nudi sul pavimento, abbassare l’attacco delle sue braccia in modo che potesse riposare e non rimanesse appesa… In pratica iniziò una sorta di rieducazione fatta di punizioni o premi a seconda del suo comportamento.
Sin dalla prima sera la ragazza, seppur bendata, fu costretta ad ascoltare i gemiti della coppia che faceva sesso in sua presenza.
Attraverso il bordo inferiore della benda vide più volte una rivista pornografica di fronte a lei nella quale sembrava esserci una donna nuda nella stessa posizione in cui veniva messa lei per soddisfare la perversione di Cameron: in pratica l’uomo apriva una rivista sado-maso, cercava una fotografia che lo eccitava,e faceva assumere a Colleen la stessa posizione.
Collen per la notte veniva messa in una cassa di legno, molto simile ad un scatolone; le venivano legate le caviglie e Cameron le stringeva il ventre con una cintura in modo che respirasse solo quel tanto da sopravvivere, ma non per sviluppare la forza necessaria a liberarsi.
Dal giorno della cattura in poi ciò che passò Colleen possiamo solo immaginarlo: la ragazza parlò di ogni tortura possibile, come oggetti che davano la scossa elettrica, altri che la pungevano o la graffiavano, corde legate ovunque, oli e misture viscide sul suo corpo, cera e tutto ciò che umiliante era possibile infliggerle.
Per la maggior parte del giorno la ragazza era in balia dell’uomo e spesso anche di notte lui tornava per toccarla o abusare di lei. Durante i pasti Cameron restava con lei nella cantina e le slegava i polsi permettendo di mangiare, ma senza toglierle la benda. Se lui le diceva di mangiare lei doveva obbedire senza fare domande, altrimenti veniva schiaffeggiata o frustata; se lui diceva che doveva dormire lei doveva farlo, ecc.
Per settimane durante il giorno Collen venne tenuta legata al tubo, nuda e con le gambe e braccia divaricate e legate a dei ganci al suolo e al soffitto. Era sempre bendata, imbavagliata e di notte chiusa nella cassa senza poter muoversi o cambiare posizione. In quel tempo riuscì a misurare il passare del tempo studiando gli eventi regolari che la coppia sembrava eseguire per routine: riceveva un pasto al giorno, a volte i loro avanzi, dopo cena che i coniugi facevano sempre alle 20; i suoi bisogni dovevano essere anch’essi calcolati e diventare routine a certe ore, altrimenti veniva punita; era mattina quando sentiva l’auto dei vicini partire e pomeriggio quando in cantina scendeva Cameron.
Dopo tre mesi in quelle condizioni terribili Colleen iniziò ad avere un cattivo odore, così Janice convinse Cameron e farle fare un bagno: l’uomo le legò le mani dietro la schiena, le mise del nastro adesivo sulla bocca e sugli occhi sopra la benda e portò di peso la prigioniera al piano di sopra. Quella, forse. fu la prima volta che Cameron e Janice scattarono fotografie della ragazza. Janice la lavò e la pettinò, poi in un momento in cui Cameron si allontanò le disse che aveva pietà per il dolore che provava e per il fatto che fosse il “giocattolo” del marito, ma che era necessario perché non voleva essere lei a passare le pene di Colleen.
Janice nell’interrogatorio affermò che trovò un lavoro nella Silicon Valley in una società di elettronica e che fece pressioni su Cameron per passare con lui alcuni giorni a settimana dalla sorella e indebolire i legami tra Cameron e Colleen; su questa dichiarazione ed altre simili si basò la difesa di Janice Hooker per farle ottenere un ampio sconto della pena e farla figurare più vittima che carnefice.
Dovettero passare mesi prima che Cameron e Janice si decisero a toglierle la benda: quel giorno Colleen impiegò diversi minuti prima mettere a fuoco le figure davanti a se. Le vennero quindi dettate le nuove regole per sopravvivere e mantenere quelli che secondo la coppia erano dei privilegi: Cameron doveva essere chiamato “Padrone” e Janice “Signora”: avrebbe iniziato a imparare da Janice a ricamare e ogni volta che avrebbe fatto innervosire uno dei due sarebbe stata punita con scosse elettriche.
Janice, seppure sfogando le sue frustrazioni su Colleen con diverse punizioni e torture, ben presto iniziò a capire che la ragazza stava prendendo il suo posto nella vita di Cameron, non solo nelle perversioni sessuali, ma anche nella vita di tutti i giorni: Cameron passava gran parte della giornata nella cantina e spesso anche di notte abbandonava il letto coniugale per andare da Colleen. Colleen, ironia della sorte, nonostante fosse da mesi deperita e seviziata, era più attraente di lei e stava fornendo a Cameron l’eccitazione sessuale che lei non riusciva più a dargli. E fu allora che capì che suo marito aveva iniziato a violentare Colleen più volte al giorno e capì anche perché da qualche tempo aveva rinunciato ad accompagnarla dalla sorella e se ne stava a casa mentre lei lavorava e non poteva tornare a controllare.
Per di non perdere il marito gli parlò e accettò che lui avesse rapporti sessuali con Colleen, a patto che Cameron fosse più presente in casa e che le desse un secondo figlio di cui si sarebbe occupato anche lui. Nel 1978 nacque la seconda figlia della coppia e Cameron in una certo senso acconsentì a passare meno tempo con Colleen.
Cameron Hooker ebbe modo di sperimentare nel reale tutte le scene descritte nella sua vasta collezione di riviste pornografiche, immagini e letteratura. Anche se Hooker distrusse gran parte del materiale prima del suo arresto, fornì agli investigatori una panoramica spaventosamente chiara di tutte le torture che inflisse alla sua vittima.
Non mi soffermo più sui dettagli perché credo di aver dato un’idea, anche se parziale, dell’inferno in cui fu calata Colleen. Andiamo rapidamente alla fine della storia.
Man mano che il tempo passava quei metodi brutali e sempre costanti come una routine ebbero l’effetto sperato da Cameron: Colleen divenne un pupazzo nella mani della coppia, al punto che la slegarono e la tennero diversi giorni in casa sotto stretta osservazione. La ragazza non tentò mai la fuga e iniziò ad obbedire come un cane ad ogni loro rodine.
Il massimo della soddisfazione Cameron la ottenne con un gesto che ha dell’incredibile: mentre Janice era al lavoro Cameron portò Colleen dai genitori e si presentò come suo nuovo fidanzato, dicendo loro che era sua intenzione lasciare Janice e risposarsi con lei. Quella messa in scena trovò supporto in Colleen che non osò raccontare ai suoi familiari della terribile situazione in cui viveva e che si fece fare una foto in cui abbracciava felice il suo aguzzino.
Piccolo pensiero personale: ma possibile che i genitori, che non avevano notizie della figlia da oltre un anno, non abbiano fanno nulla nemmeno per cercarla? E come è possibile che una volta vista tornare a casa non abbiano nemmeno avuto un sospetto o si siano informati su chi fosse Cameron Hooker?
Vabbè, andiamo avanti. Colleen divenne una schiava in tutto e per tutto in casa Hooker, fino al punto di divenire “troppo servizievole” per Cameron che iniziò a stancarsi di lei. Sette anni dopo il rapimento Colleen, pur facendo tutto ciò che le veniva detto, era diventata come Janice e Cameron si mise in cerca di un’altra ragazza che si dimenasse, urlasse e piangesse in modo da istruirla e divertirsi a violentarla e torturarla. In effetti sia Janice che Colleen erano fin troppo remissive e lui aveva perso interesse per l’una e per l’altra. Quando ebbe la sfrontatezza di informare Janice che voleva cercare un’altra ragazza da schiavizzare Janice reagì malissimo e decise di aiutare Colleen a fuggire.
Nel 1984 Janice condusse Colleen dalla polizia e la ragazza ebbe modo di denunciare entrambi per tutto ciò che aveva subito.
Nell processo del 1985 Janice testimoniò contro il marito in cambio di immunità totale. Cameron Hooker venne condannato a consecutive aggressioni a sfondo sessuale, sequestro di persona e stupro, violenza, minacce per un totale di 104 anni di reclusione. Non potrà beneficiare della libertà vigilata fino al 2023. Il 16 aprile 2015 chiese la revisione del caso, ma gli venne negato e gli venne negata la richiesta di un’altra udienza fino al 2022.
Una volta tornata a casa, Colleen continuò gli studi di contabilità, si sposò ed ebbe una bambina. Ha aderito una organizzazione per aiutare le donne vittime di abusi e sia lei che Janice hanno cambiato il loro cognome, ma si crede che continuino a vivere in California.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere