David Parker Ray e la sua “Toy Box”

Se vi scrivessi le parole “stanza dei giochi”, a cosa pensereste? I più ingenui e i puri di cuore penserebbero ad una camera piena di giochi per bambini. Ma se vi dicessi che intendo la stanza dei giochi di un uomo? Scommetto che la maggior parte penserebbe a Christian Grey …

Come molti sapranno Christian Grey è il protagonista di una serie di romanzi e di film molto apprezzati e discussi negli ultimi tempi; l’autrice E. L. James lo descrive come un ragazzo ricco che si porta dietro dei traumi infantili e che con il tempo è diventato sadico e ama sottomettere le donne. Grey ha nella sua casa la “stanza rossa”, cioè una stanza dove custodisce una serie di oggetti e gadget sessuali che usa sulle sue donne e nella quale sfoga le sue fantasie.

Ecco, diciamo che l’autrice non ha proprio inventato questa stanza: nelle pratiche BDSM stanze come quelle di Grey sono normalissime, ma in ogni caso (restando nella legalità ovviamente), si tratta di una stanza di divertimenti sia per chi domina che per chi subisce; purtroppo come sappiamo la perversione umana spesso non ha freni ed alcuni non solo si abbandonano a fantasie distorte, ma le mettono pure in pratica e il piacere per uno dei due diventa orrore per l’altra.

Stupro, tortura e omicidio: questi erano gli “svaghi” sessuali di Parker Ray; le sue atrocità si possono solo immaginare, il numero delle sue vittime solo dedurre dai casi si sparizione di quegli anni. A lui e alle sue due complici furono contestati 7 omicidi, ma c’è chi ha ragione di credere che furono decine, addirittura oltre i 100.

L’interruzione della sua perversione si deve alla fortuna che ebbe l’ultima sua preda, ma non ci sono dati certi su quante ragazze abbiano sofferto prima di lei.

Chi era Parker Ray? Come quasi tutti i “mostri umani” era un uomo che ebbe la sfortuna si nascere in una famiglia disastrata e deviata: una corrente di pensiero tende a sminuire il comportamento di certi criminali proprio appellandosi a questa situazione, ma il caso di quest’uomo ha fatto ricredere anche i più tolleranti e addirittura in tutti gli Stati Uniti ha portato a frequenti disquisizioni su quanto sia salutare il sesso estremo.

Ma analizziamo la storia.

David Parker Ray è nato a Belen, nel New Mexico, il 6 novembre del 1939. Fu cresciuto dal nonno assieme alla sorella perché la madre andò in depressione e abbandonò i due figli. Il padre però fece ben di peggio: non avendo voglia di lavorare (e quando trovava lavoro non riusciva a mantenerlo a lungo) era un vagabondo che si guadagnava da vivere con piccoli furti e sfruttando alcune prostitute nei sobborghi; spesso tornava a casa ubriaco e sfogava le sue frustrazioni suoi figli picchiandoli e abusando di loro.

Quelle prolungate sofferenze ebbero in parte fine quando il nonno, dopo la morte della moglie, cacciò di casa il padre di David e si accollò la sua istruzione; la sorella di David preferì allontanarsi di casa e crebbe per strada per diverso tempo.

David era tutto sommato un bel ragazzo, ma il padre aveva avuto un’influenza malata sulla sua psiche: era diventato molto timido ed era solito disegnare sui suoi quaderni scene di sesso estremo, violenza e tortura, le stesse scene che il padre gli aveva inculcato abusando di lui e regalandogli riviste estreme sin da piccolo.

Con le ragazze Ray era sempre molto impacciato e per questo era spesso al centro di scherzi dei suoi compagni; ciò lo portò a soli 16 anni ad iniziare ad abusare di alcool e droghe. Diplomatosi a fatica, entrò nell’esercito e poi cercò di mantenersi facendo il meccanico: si pensa che la sua follia sessuale sia iniziata in quel periodo, quando spesso usciva di notte e si intratteneva con prostitute o nei bar fino alla chiusura.

In quegli anni si sposò 4 volte e per 4 volte divorziò; dai suoi matrimoni ebbe due figlie e una visse diversi anni assieme al padre e più tardi si unì a lui per partecipare alle torture delle sue vittime.

Il passatempo di David, forse alimentato da fatto che nessuna donna riusciva a sopportarlo più di qualche mese, divenne rapire, violentare e torturare giovani donne e adolescenti, ma nonostante questo si pensa che la follia sia iniziata alla fine degli anni ’60 e non sappiamo esattamente quando le sue perversioni sfociarono nell’omicidio.

Sta di fatto che coltivò la sua “passione” comprando e arredando un container con giocattoli sessuali e dispositivi di tortura. Lo soprannominò “Toy Box” e si stima che ci abbia speso oltre 100.000 dollari. Divenne la sua stanza dei divertimenti e la insonorizzò in modo che nessuno sentisse le urla delle sue vittime dall’esterno. Ora voi penserete che questo container fosse in chissà quale posto isolato o nascosto; ebbene, si trovava nel giardino di casa sua in centro città, ma nessuno fino al 1999 si pose anche solo il dubbio di cosa accadesse al suo interno.

Il 22 marzo 1999, dopo tre giorni di stupri e violenze, una ragazza completamente nuda, con il corpo lacerato e sanguinate e con un collare di ferro al collo raggiunse la stazione di polizia di Elephant Butte, nel New Mexico. La ragazza aveva già chiamato il 911 alcuni minuti prima grazie ad un cellulare che aveva rubato alla compagna di Ray, ma la chiamata era stata interrotta per l’aspra lotta che le due intrapresero prima che la vittima riuscisse a fuggire.

Cynthia Vigil è riuscita a fuggire per una serie di fortuite circostanze, ma grazie a loro pose termine alla crudeltà dei suoi aguzzini. David Parker Ray e la sua fidanzata Cindy Hendy vennero arrestati quello stesso giorno, ma durante l’interrogatorio venne alla luce una seconda complice: Jesse Ray, figlia del mostro.

Ciò che raccontò la ragazza fu agghiacciante: il 20 marzo la giovane venne avvicinata da David che le mostrò un distintivo e un documento falsi e le disse che era in arresto perché sospettata di furto. Cercò di ammanettarla, ma Cynthia fece resistenza, così alle spalle dell’uomo giunse la sua complice Cindy che con un teaser le diede una scossa elettrica facendole perdere i sensi.

Quando la ragazza si riprese era nuda e ammanettata nel salotto della casa dei due: dalle finestre vedeva diverse abitazioni e così iniziò ad urlare a squarciagola, ma nessuno venne a salvarla. Si scoprì più tardi che Ray aveva insonorizzato tutta la casa. La coppia di aguzzini mise un materasso in mezzo alla stanza, poi legò delle catene ai polsi di Cynthia e le mise un collare di metallo al collo, anch’esso unito a una catena. David poi andò allo stereo e mise una cassetta che lui stesso aveva registrato e che faceva ascoltare a tutte le sue vittime per terrorizzarle raccontando loro cose avrebbe fatto loro fino alla morte: l’uomo confessò che provava piacere nel vedere il terrore dipinto sui volti delle ragazze e che il suo scopo era proprio di spaventarle a morte oltre che torturarle.

La prima volta che David infierì su di lei lo fece con la batteria di una macchina: collegò dei cavi al seno di Cynthia e poi cominciò a darle scariche elettriche. Il giorno seguente la ragazza fu portata nella cantina, dove la coppia teneva attrezzi e strumenti di tortura, molti dei quali ideati e costruiti da David in anni e anni di rapimenti e torture. Alle pareti c’erano foto di altre donne torturate e schemi disegnati dall’uomo per la compagna e la figlia su come torturare nel modo corretto le ragazze.

Prima di andare a dormire Cindy disse a Cynthia che l’indomani l’avrebbero portata nella “Stanza dei Giochi”, dove sarebbe iniziato il “vero divertimento” e al termine le diede una nuova scossa con il teaser per farla svenire.

La mattina dopo David fu chiamato a lavorare per un imprevisto e non ebbe il tempo di trasferire la ragazza nel container in giardino; decise allora di liberarle i polsi e le caviglie lasciandole solo il collare legato alla ringhiera, in modo che la sua compagna potesse più facilmente slegarla e portarla nella Toy Box. Ogni volta che poteva Cynthia urlava come un’ossessa, ma puntualmente venivano a stordirla le due donne di casa.

Quella mattina però Cindy fu disattenta: giunse con il mazzo di chiavi per slegare la ragazza, ma prima che potesse stordirla con il teaser ricevette una chiamata sul cellulare; senza pensarci posò le chiavi sul tavolo del salotto e si allontanò in un’altra stanza per non far sentire le urla di Cynthia.

Nonostante la catena al collo la ragazza riuscì a prendere le chiavi e iniziò a provarle tutte per liberarsi; al suo ritorno Cindy le piombò addosso e la colpì con una lampada sulla testa. Cynthia però riuscì a liberarsi e tra le due donne iniziò una lotta piuttosto cruenta che terminò quando Cynthia raccolse un punteruolo da ghiaccio lasciato cadere da Cindy e la pugnalò due volte al petto.

Vide poi il telefonino della donna a terra e lo usò per chiamare il 911, credendo che Cindy fosse svenuta; la donna però si riprese e così Cynthia, completamente nuda e sanguinante, scappò in strada per chiedere aiuto.

Le indagini successive all’arresto non fecero altro che arricchire la vicenda di orrore: la casa era piena di oggetti da tortura, giocattoli sessuali, strumenti chirurgici, catene, pulegge, cinghie, morsetti, barre di metallo e siringhe; sulle pareti furono trovati disegni, diagrammi e foto delle vittime dei tre assassini e il famoso nastro intimidatorio.

Ray avrebbe anche registrato le torture, sia con l’audio o con una videocamera, che teneva come “trofei”; vennero inoltre trovati in soffitta molti vestiti e gioielli femminili mai riconosciuti da nessuno. Furono anche trovate ossa di animali sepolte nel vicino terreno e tutto questo ancora prima di aprire la Toy Box.

All’interno del container c’erano, oltre a decine di strumenti di tortura e sessuali, un lettino da ambulatorio medico, fruste, divaricatori, seghe e lame per uso chirurgico; secondo la testimonianza di Cindy Hendy era lì che venivano portate le ragazze prima di essere uccise e smembrate e per meglio terrorizzare le sue vittime Ray applicò al soffitto un ampio specchio affinché le sue vittime potessero assistere ad ogni singola tortura subita.

Il processo a Ray, la sua compagna e sua figlia iniziò il 28 marzo 2000.

Sia David che Cindy sostennero di aver rapito Cynthia Vigil nel tentativo di aiutarla a sbarazzarsi di una dipendenza da eroina (Cynthia in quel periodo aveva abbandonato casa per cercare un lavoro); lo stesso avvocato difensore però desistette dal portare avanti quelle dichiarazioni date le prove inoppugnabili a loro carico.

La coppia e la figlia di Ray furono imputati di 12 diversi crimini tra cui il sequestro di persona, stupro, tortura, associazione a delinquere e l’aggressione, ma tra loro non comparve mai l’omicidio: nonostante l’imputato stesso abbia confessato di aver torturato e ucciso oltre 60 donne, la legge del New Mexico restringe la condanna per omicidio solo in presenza dei resti delle vittime, in questo caso mai ritrovati.

Gli imputati confessarono che alcune delle vittime venivano lasciate andare dopo pochi giorni di “divertimento”, ma Ray le drogava per far loro dimenticare di quello che era successo o per renderle incapaci di sostenere un’eventuale accusa. Secondo Cindy Hendy, le vittime uccise sono state smembrate e sepolte o scaricate nel lago di Elephant Butte.

Nel novembre di quell’anno il giudice ha subito un attacco cardiaco ed è morto. Il processo fu rinviato all’aprile dell’anno successivo. Alla fine però Ray fu giudicato colpevole di tutte le accuse.

David Parker Ray subì una pena di 224 anni di carcere; purtroppo non ha mai scontato la sua condanna perchè il 28 maggio 2002, proprio mentre stava per essere trasferito in prigione, venne colto da un attacco di cuore e morì all’età di 62 anni.

Cindy venne condannata a 36 anni di carcere e Jean “Jessie”, la figlia di Ray, a 15.

Solo dopo, dagli indizi ritrovati nella casa, la polizia è risalita a 7 vittime certe della coppia, ma è molto probabile che le vittime reali siano state centinaia.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere