Donato Bilancia: il serial killer ligure

Finora quando ho parlato di serial killer o di mostri umani (stupratori, pedofili, carcerieri…) sono sempre andato a pescare in altre nazioni, eccezion fatta per Leonarda Cianciulli che aveva un metodo sicuramente bizzarro di giustificare i suoi omicidi. Qui invece vi parlerò di un serial killer molto simile a quelli statunitensi e che ha mietuto ben 17 vittime. Molti di voi ricorderanno al sua cattura e tutto il processo a suo carico perché avvenne non molti anni fa: si tratta di Donato Bilancia, uno dei più prolifici assassini italiani.
Bilancia nacque a Potenza il 10 luglio 1951, ma la famiglia in quegli anni si trasferì diverse volte in cerca di lavoro fino a stabilirsi nel 1956 a Genova. La famiglia era del tutto normale, ma Donato crebbe come un ragazzo difficile e più volte si trovò in contrasto con i genitori e il fratelli Michele: sin da bambino aspirava ad una vita agiata, ma le possibilità della famiglia erano quelle di semplici operai che cercavano di sbarcare il lunario e costruire una vita quanto meno decorosa.
Le ambizioni di Donato però erano tutt’altro e sin da quando ebbe 15 anni si mise nei guai con la giustizia: all’inizio si trattava solo di piccoli furti, di oggetti che desiderava e che non poteva avere; poi divenne una cosa più seria e cominciò a rubare oggetti di valore per rivenderli e iniziare a mettere da parte quel gruzzolo che credeva gli avrebbe permesso una vita da “ricco”.
I suoi problemi iniziarono nel 1973, quando venne arrestato in flagranza di reato (furto); proseguirono l’anno successivo quando venne nuovamente arrestato a Como per detenzione illegale di armi da fuoco e peggiorarono nel 1976 quando fu arrestato per rapina.
Lo stesso anno Bilancia riuscì incredibilmente ad evadere: stava scontando una pena di 1 anno e 6 mesi, ma venne ricoverato per un malore all’ospedale S.Martino di Genova; Bilancia riuscì ed eludere la sorveglianza semplicemente indossando gli abiti di un paziente di una camera adiacente e mescolandosi tra la folla che la sera andava a far visita ai parenti.
Nonostante i suoi già molti guai con la giustizia, Bilancia continuò con i furti e le rapine e occasionalmente si uni a diversi gruppi criminali per i suoi colpi. Nel 1981 un tentativo di rapina ad una coppia appartata finì con il loro sequestro (poi vennero rilasciati); nel 1983 venne nuovamente arrestato per furto: nel 1988 nuovamente per rapina e nel 1990 venne accusato di violenza da parta di una prostituta (l’accusa decadde per mancanza di prove).
Era diventato un criminale molto conosciuto, sia dalla malavita locale che dalle stesse autorità che spesso lo trovavano suoi luoghi di furti e rapine, ma probabilmente ciò che fecero scaturire la sua follia omicida furono i tre grossi traumi psicologici che subì in quegli anni.

– Il primo avvenne nel 1972: Bilancia stava guidando un camion, ma perse il controllo del mezzo e precipitò da un viadotto. Qull’incidente gli costo diverse fratture e alcuni giorni di coma, ma il danno maggiore fu un’invalidità del 44% che si portò dietro tutta la vita.

– Cinque anni dopo, nel 1987, Bilancia subì un grave trauma psicologico per la morte del fratello Michele: il 19 marzo, proprio il giorno della festa del papà, Michele Bilancia ebbe la notizia del definitivo divorzio dalla moglie; l’uomo apprese la notizia con tale sgomento che quella mattina andò alla stazione ferroviaria di Genova Pegli e con il suo figlio di 4 anni si gettò sotto l’espresso Ventimiglia-Genova. Quel tragico gesto per Donato fu talmente deleterio da destabilizzarlo psicologicamente e, chissà come, instillare in lui una morbosa attrazione per quella linea ferroviaria.

– Il terzo episodio fu nuovamente un grave incidente che lo coinvolse nel 1991: era in auto con un amico che stava guidando e che perse il controllo schiantandosi contro un palo della luce; Bilancia si ruppe un femore e il bacino e ciò gli costò un ulteriore 18% di invalidità.

Tra il 1990 e il 1997, anno dell’inizio della sua carriera omicida, Donato Bilancia attraversò un periodo molto difficile della sua vita e sprofondò nel vizio del gioco d’azzardo. Come dichiarerà successivamente negli interrogatori, arrivò a puntare spesso somme molto elevate, ma pagando sempre i suoi debiti e non tradendo mai la parola data. Il suo vizio divenne quasi uno stile di vita, con cospicue vincite e grosse perdite, ma tutto sommato Bilancia riusciva sempre a non finire sull’astrico. Divenne talmente assiduo nell’ambiente delle bische clandestine che divenne noto con il nome di “Walter”.
I problemi iniziarono nel 1997, quando Bilancia ebbe più sfortuna del solito nelle sue scommesse e si indebitò oltre le sue capacità di reperire denaro. Il 16 ottobre di quell’anno si presentò a casa del suo creditore, un imprenditore di nome Giorgio Centanaro, e nella sua casa a Molassana lo aggredì e lo soffocò con un cuscino. Nonostante Bilancia fosse stato precipitoso nelle sue azioni, la morte dell’uomo fu archiviata come infarto.
Otto giorni dopo, il 24 ottobre, Bilancia andò a saldare il conto anche con Maurizio Parenti, un altro giocatore a cui doveva parecchi soldi. Giunto a casa sua estrasse la pistola e lo costrinse ad andare in camera da letto, dove c’era anche la moglie di Parenti. Lì li fece spogliare, li immobilizzò con del nastro adesivo e li uccise sparando un colpo alla nuca all’uomo e due colpi alla schiena alla donna. Da casa di Parenti l’assassino scappò con un bottino di 10 milioni di lire a due orologi Rolex.
Il 27 ottobre 1997, solo tre giorni dopo, Donato Bilancia andò a casa di signori Bruno Solari e Luigia Pitto, una coppia di orefici in pensione, per farsi valutare gli orologi rubati. Una volta entrato in casa però decide di rapinarli. La donna, spaventata, urlò alla domestica di chiamare i carabinieri e quegli attimi di confusione portarono Bilancia a sparare un colpo alla donna e due colpi al marito, che morirono sul colpo. La domestica si salvò invece rifugiandosi in un angolo nascosto del terrazzo.
Nonostante con i primi due omicidi si fosse alleggerito di molti debiti, Bilancia era comunque ancora indebitato con molte persone che facevano pressione per riavere i loro soldi. Fu così che il 13 novembre cercò di ottenere i soldi con un’ennesima rapina. Questa volta la tentò a Ventimiglia assaltando l’ufficio cambiavalute. Preparò la rapina con minuzia e per diverse sere spiò il gestore, Luciano Marro cercando di capire come introdursi all’interno. Quel giorno sfruttò i pochi istanti in cui l’uomo uscì per gettare la spazzatura: lo uccise scaricandogli addosso l’intero caricatore e rubò circa 45 milioni di lire.
Se Bilancia avesse proseguito ad uccidere per rapinare la gente o per saldare i debiti di gioco, probabilmente non avrebbe ucciso così tante persone senza destare sospetti: uno dei problemi che ebbero le autorità nelle indagini fu il fatto che i suoi omicidi erano atipici e apparentemente non collegabili l’uno all’altro. Infatti dopo la rapina del 1997 Bilancia passò ad uccidere apparentemente in maniera causale: due prostitute, poi un altro cambiavalute, poi due metronotte, poi un’altra prostituta, e così via. Bilancia non giustificò mai pienamente i suoi omicidi successivi.
La sua follia omicida riprese a Varazze il 9 marzo del 1998: caricò in macchina una prostituta albanese di 23 anni di nome Stela Truya; la portò nei pressi di una scogliera e, dopo averla fatta spogliare nuda, la costrinse a salire sugli scogli dove le sperò un colpo alla nuca.
Nove giorni dopo invece toccò ad un’altra prostituta, una 23enne ucraina di nome Luydmila Zuskova. La portò dietro l’ospedale e dopo un rapporto sessuale la fece scendere e le sperò diversi colpi alla nuca.
Il 20 marzo, due giorni dopo, Bilancia tornò a Ventimiglia dove uccise un altro cambiavalute, Enzo Gorni. Approfittando della pulizia delle vetrine Bilancia sorprese l’uomo all’interno e gli intimò di dargli tutto il denaro che aveva; l’uomo tentò di afferrare la pistola da sotto il bancone, ma Bilancia lo vide e lo crivellò di colpi.
Quattro giorni dopo, questa vola a Novi Ligure, Bilancia si appartò con un transessuale conosciuto come Lorena, che intuì le sue intenzioni e fuggì. In quel momento sopraggiunsero due metronotte, Candido Randò e Massimiliano Gualillo, che gli chiesero i documenti per confrontarli con la centrale. Bilancia a quel punto sparò ad entrambi ferendoli gravemente e poi rincorse Lorena a cui sparò all’addome. Infine tornò dai due metronotte e li finì con diversi colpi per poi scappare in auto. Lorena si salvò solo perché Bilancia credeva di averla colpita a morte.
Solo 5 giorni dopo e Bilancia tornò ad uccidere. Era il 29 marzo del 1998 quando fece salire in macchina Tessy Adobo, una prostituta nigeriana di 27 anni conosciuta come Evelyn. Bilancia parcheggiò vicinissimo al muro per impedire l’apertura della portiera dal lato del passeggero e costrinse la ragazza a scendere dal lato del guidatore. Evely intuì le intenzioni dell’assassino e morse Bilancia alla mascella. Morì con tre colpi alla nuca.
Probabilmente appagato dalla strage di prostitute, Bilancia cambiò nuovamente modus operandi e iniziò a concentrarsi su vittime da adescare sui treni.
Il 12 aprile dello stesso anno sull’Intercity La Spezia-Venezia, Bilancia seguì una ragazza di nome Elisabetta Zoppetti, un’ infermiera 32enne; quando lei andò in bagno la seguì ed aprì la porta con una chiave quadra, per poi coprirla il capo con al giacca e spararle alla nuca.
Il 14 aprile a Pietra Ligure fu di nuovo il turno di una prostituta: la macedone Kristina Valla, impaurita dall’uomo, gli chiede di scendere, ma Bilancia la minacciò con una pistola e, dopo averle coperto il capo con la giacca di pelle le sparò alla nuca.
Quattro giorni dopo, nuovamente una vittima su un treno: erano circa le 22 quando Genova-Ventimiglia Bilancia si sedette vicino a Mariangela Rubino, una cameriera 29enne. Anche lei, forse per paura, si alzò e andò in bagno, ma l’assassino al raggiunse, aprì la porta con al chiave, e le sparò alla nuca dopo averle coperto la testa. Questa volta però Bilancia commise un grave errore: si masturbò sul cadavere della ragazza, lasciando così il suo DNA sugli indumenti del cadavere.
L’ultima vittima di Donato Bilancia fu il gestore di una pompa di benzina, ucciso ad Arma di Taggia il 21 aprile. Nuovamente Bilancia tentò la rapina, questa volta ai danni di Giuseppe Mileto, di 50 anni: dopo aver rubato un totale di 2 milioni di lire il benzinaio scappò verso il bar per chiamare la polizia. ma Bilancia lo freddò con due colpi alle spalle e poi fuggì.
In tutto questo tempo le uniche cose di cui disponevano i carabinieri erano la descrizione di due automobili sospette (una Mercedes-Benz 190 nera e una Opel Kadett bianca, entrambe usate da Bilancia per le rapine e gli omicidi delle prostitute) e una traccia di DNA. La svolta avvenne quando un’autofficina segnalò ai carabinieri che un abitante del posto (Genova) non aveva reso la Mercedes nera concessa in prova. I carabinieri verificarono i dati di Bilancia e riscontrarono una corrispondenza quasi perfetta con l’identikit fornito da “Lorena”.
La prova definitiva fu ottenuta da un agente in borghese che seguì Bilancia in un bar e raccolse alcuni mozziconi di sigaretta e da una tazzina di caffè usata da Bilancia. Il DNA del Bilancia venne confrontato con quello rinvenuto sul corpo di Maria Angela Rubino e le conclusioni furono ovvie.
La mattina del 6 maggio del 1998 Bilancia venne arrestato sotto casa sua in via Leonardo Montaldo in zona Marassi: non oppose resistenza e pochi giorni dopo confessò spontaneamente di tutti gli omicidi, attribuendosi anche quello di Giorgio Centenaro, archiviato come morte naturale.
Evase dal carcere di Genova, ma venne riacciuffato il 3 giugno in procinto di salire su un treno per raggiungere Padova.
Durante il processo la difesa cercò di puntare all’infermità mentale a causa dei due gravi incidenti stradali che aveva avuto, ma il 12 aprile 2000 venne dichiarato perfettamente in grado di intendere e volere e venne condannato a 13 ergastoli per i 17 omicidi più 16 anni di reclusione per il tentato omicidio di Lorena Castro. La sentenza venne poi confermata in Corte d’appello e in Corte di Cassazione.
Oggi Donato Bilancia sta scontando la pena nel carcere Due Palazzi di Padova.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere