peter stubbe

Peter Stubbe

Peter Stubbe (detto anche il licantropo di Bedburg) terrorizzo la popolazione di Bedburg per diversi anni

Chi non ha mai sentito almeno una volta nella vita una storia che riguarda un lupo mannaro? Lo si descrive sempre come un essere enorme, peloso, con unghia e denti affilatissimi, che a causa di una maledizione è affetta da licantropia ed ogni notte di plenilunio si trasforma in bestia.

Il termine “lupo mannaro” deriva dal latino volgare “lupus hominaurius” che significa “lupo umano” o “lupo mangiatore di uomini“. Le prime tracce di “uomo lupo” possiamo trovarle già nell’età  del bronzo, ma è nel Medioevo che le storie e leggende sui licantropi presero sempre più piede. Dal Settecento in poi la medicina iniziò a sconfessare la possibilità che un essere umano si potesse trasformare in lupo, ritenendo la licantropia un problema prettamente psichiatrico.

Quella di Peter Stubbe, (detto anche il licantropo di Bedburg) è una storia realmente accaduta nel 16° secolo a Bedburg, una cittadina della Germania. Un uomo che si trasformava in una creatura diabolica, massacrando il suo bestiame e trucidando mogli e figli. La gente del paese sconvolto e terrorizzato temeva di essere vittima di un lupo mannaro assetato di sangue.

Peter Stubbe, era un ricco agricoltore del villaggio di Bedburg, nei pressi di Colonia. Era conosciuti da tutti come un vedovo molto tranquillo, padre di due figli adolescenti, la cui ricchezza gli assicurava rispetto ed influenza nel paese. Questo però, era solo il volto pubblico del signor Stubbe, in realtà la sua anima era costantemente alla ricerca di vittime, per soddisfare la sua irrefrenabile sete di sangue.

Per molti anni i contadini di tutto il paese erano sconcertati dalle strane morti di alcuni capi di bestiame. Ogni giorno, si trovavano mucche morte nei pascoli, come se un’animale servaggio le avesse squartate. I contadini pensavano si trattasse di lupi, ma in realtà, era l’inizio della furia omicida di Peter Stubbe. Questa insaziabile sete di sangue sfociò ben presto in attacchi contro gli abitanti del villaggi vicini.

I bambini e le giovani donne cominciavano a sparire quotidianamente, a alòcuni venivano trovati morti, mutilati orrendamente, altri non furono mai ritrovati. Qualcuno temeva si trattasse di un lupo mannaro, magari un loro insospettabile conoscente, che si trasformava in un lupo per soddisfare la sua fame.

Nell’ottobre del 1589 le urla di un bambino caduto preda del mostro attirarono i contadini presso un fosso dove videro un uomo darsi alla fuga mentre  il bambino giaceva a terra dilaniato e senza vita. Si scatenò una caccia all’uomo o alla bestia senza precedenti e alla fine Peter Stubbe in sembianze umane fu catturato.

Stubbe confessò un’inaudita serie di crimini commessi in un quarto di secolo. Fin dall’età di dodici anni, si era dedicato a pratiche di stregoneria e, più tardi, pare che il Diavolo gli avesse regalato una cintura magica che, indossata, gli faceva assumere immediatamente le sembianze di “un lupo rapace, forte e possente, con grandi occhi che nella notte scintillavano come braci infuocate, con una bocca grande e larga, denti aguzzi e crudeli, un gran corpo e zampe possenti”. Gli bastava togliere la cintura per riacquistare sembianze umane. Nelle vesti del licantropo, Stubbe iniziò a vendicarsi di coloro che non gli andavano a genio, azzannandoli alla gola o agli arti. Sviluppò così il piacere di veder scorrere sangue, il che lo spinse a cercare altre vittime soprattutto tra le ragazze che mungevano le mucche nei campi o pascolavano le greggi; spesso aggredì anche agnelli, pecore, capre e altri animali, nutrendosi della loro carne cruda. Era diventato un tale “insaziabile succhiatore di sangue” che non passava giorno senza che ne spargesse… Sull’onda dello scalpore suscitato dalla vicenda, su di essa fu redatta una breve relazione, intitolata Vita e morte di Peter Stubbe e corredata di una serie di immagini, successivamente diffusa a stampa e tradotta anche in inglese; un esempio di precoce giornalismo illustrato, diretto un po’ all’edificazione del lettore e un po’ a stimolarne la morbosità.

Il tribunale di Bedburg riconobbe Stubbe colpevole della morte di sedici persone e lo condannò al terribile supplizio della ruota, che consisteva nel venire legato ai raggi di una comune ruota di carro per poi essere dilaniato con pinze arroventate, in dieci punti diversi del corpo; infine, i resti dovevano essere ridotti in cenere. L’amante di Stubbe, Katherine Tropin, e la figlia Beel, riconosciute entrambe complici di diversi crimini commessi dal licantropo, furono condannate al rogo e bruciate lo stesso giorno in cui venne giustiziato il mostro.

Dopo l’esecuzione, su consiglio dei magistrati del tribunale di Bedburg, fu eretto una specie di macabro monumento che servisse da monito per la popolazione.  La ruota utilizzata per la terribile cerimonia venne infilzata su un alto palo piantato in terra. Sulla punta del palo venne conficcata la testa di Stubbe e, sotto di essa, venne posta la sagoma di un lupo per mostrare in quale forma lo stregone aveva commesso quegli orrendi crimini. Intorno alla ruota furono appese sedici stecche di legno lunghe un metro circa, quale simbolo delle persone che erano state uccise. Al di là dell’ignobile comportamento di Peter Stubbe, varrebbe la pena di sapere se confessò spontaneamente, per evitare la tortura, o se la confessione gli fu estorta con la tortura. Varrebbe altresì la pena di indagare per quale motivo il tribunale non attribuì alcuna importanza alla cintura magica, che avrebbe divuto costituire la prova inconfutabile dei rapporti malefici di Stubbe con il Demonio. Questa non fu mai rintracciata né in casa dell’imputato né nella valle dove egli sosteneva di averla abbandonata. Il tribunale si limitò a dichiarare che la cintura magica era tornata in possesso del Diavolo dal quale era venuta”.