Janet: la bambina che andò su Venere

Tra i contattisti di tutto il mondo una buona parte afferma che gli alieni che visitano il nostro pianeta vengano da molto più vicino di quanto immaginiamo, addirittura dall’interno del sistema solare. Tra questi poi una parte afferma che ci siano basi tecnologiche sul pianeta Venere e che molte delle navicelle che vediamo sfrecciare nei nostri cieli proven…gano da lì.
Questa corrente di pensiero è una delle più antiche e uno dei maggiori esponenti della teoria della civiltà venusiana fu George Adamski. Ad Adamski, ufologo polacco residente negli USA, si deve gran parte dell’iconografia attuale sui dischi volanti e le teorie del complotto che li accompagnano. Tra il 1946 e il 1959 l’uomo avrebbe avuto numerosi contatti con creature venusiane e dal 1963 divenne famoso esponendo numerose fotografie sui giornali a testimonianza degli eventi vissuti.
Ma Adamski non è il protagonista di questo caso, bensì una bambina di 10 anni di nome Janet, che tirò in ballo l’ufologo senza nemmeno conoscerlo.
Tutto ebbe inizio il 9 febbraio del 1955 nella periferia di Adelaide, in Australia, quando la piccola Janet (nome di fantasia per proteggere la privacy della minorenne) venne sottoposta ad una seduta di rilassamento da uno psicologo. La bambina aveva mostrato nei giorni precedenti un nervosismo piuttosto strano per il suo carattere normalmente mite e sereno e i genitori temevano che fosse successo qualcosa a scuola che l’avesse turbata e le causasse quelle improvvise reazioni di rabbia.
Essendo una bambina di soli 10 anni lo psicologo optò per un trattamento di semplice distensione che consisteva nel mettere la bambina in trance profonda e farle domande piuttosto semplici sulla sua vita casalinga e scolastica.
Di tanto in tanto, per controllare se la bambina fosse consapevole di cosa stesse succedendo, le poneva delle domande del tipo «Dove sei Janet?»e lei rispondeva normalmente «Su una poltrona» e via dicendo. Ogni serie di domande finiva sempre con una che le chiedeva il suo nome o dove fosse, o quanti anni avesse, ma ad un certo punto Janet rispose in maniera molto misteriosa che diede inizio a tutta la vicenda.

«Dove sei Janet?»

«A bordo di un Disco Volante!»

La prima cosa a cui pensarono lo psicologo e i genitori fu che la bambina si fosse destata e facesse finta di essere in trance prendendo il giro il dottore, ma ben presto si resero conto che non era così.
Gli insegnanti della piccola Janet la descrissero come una bambina molto intelligente, ma nella norma per avere 10 anni. Solitamente andava bene a scuola e socializzava con le sue coetanee, le piaceva la musica, la ginnastica e il disegno, ma niente che avesse a che fare con UFO o alieni. Ne gli insegnati ne i genitori l’avevano mai vista disegnare omini verdi e in casa non c’erano riviste o libri del genere, pertanto tutto quello che stava uscendo dalla sua bocca doveva essere frutto della sua fantasia… o forse no…
L’ipnotizzatore sorpreso da quella risposta volle insistere sull’argomento per vedere dove Janet volesse arrivare: le risposte della bambina erano troppo precise e dettagliate per essere solo frutto di una mente fantasiosa di 10 anni.
Janet parlò di un viaggio che aveva fatto qualche settimana prima a bordo di un UFO che la portò su un altro pianeta. Proprio in quel periodo, verso metà gennaio, i giornali australiani riferirono di avvistamenti nel cielo di Melbourne e la notizia si era sparsa anche negli Stati Uniti qualche giorno dopo.
La bambina parlò dell’astronave descrivendola piena di bottoni e schermi. Assieme a lei c’erano tre “uomini” con i capelli neri e che indossavano tute colorate. Venne messa in una cuccetta e lo stesso fecero gli altri tre viaggiatori che le dissero che avrebbero lasciato la Terra per andare sul loro pianeta. La bambina si addormentò e al suo risveglio vide su un schermo la loro destinazione, una “palla rossa e argento” che le sembrò subito calda.
Janet disse che vide dall’oblò molte montagne e che la superficie del pianeta era di colore del deserto e da essa si sollevavano sbuffi di aria calda. Il disco volante entrò in una fessura di una montagna e all’internò vide una grande città con edifici in vetro e metallo. Atterrarono su uno di quei palazzi e i tre uomini la fecero scendere e l’accompagnarono attraverso dei lunghissimi corridoi. In fondo ad uno di questi c’erano altri uomini dai capelli neri, sempre vestiti con tute lucenti, che le fecero prendere un ascensore fino ad arrivare ad una stanza piena di bottoni e macchine. Lì vide per la prima volta delle donne, sempre con capelli neri, ma con occhi grandi, che le offrirono un frutto simile all’uva.
Tutti attorno a lei erano molto gentili ed ospitali: Janet disse che loro sapevano di lei e che non era la prima volta che veniva lasciata con quelle donne. Le donne le dissero che gli altri bambini erano a scuola con un’insegnante, ma quando sarebbero tornati avrebbero giocato con lei.
Si sporse poi da una specie di finestra e vide l’esterno: diceva che il cielo era rossastro e che il sole era un po’ più grande di quello che vedeva da casa; la gente che usciva fuori doveva mettere dei caschi di vetro sulla testa e quando lei chiese ad una donna di uscire lei disse che faceva troppo caldo per lei e che solo la gente del pianeta poteva respirare l’aria là fuori.
Vedeva della vegetazione e della neve, ma anche del vapore che usciva dal terreno. La bambina venne portata in alcune altre stanze e con tanta gente che comunicava con lei senza aprire bocca, ma “con la testa”. Disse di aver conosciuto un uomo “come lei” di nome George, ma molto vecchio.
A quel tempo Adamski era un uomo famoso che avvertiva la gente dei pericoli che si stavano correndo sulla Terra e molti conoscevano il suo nome, anche solo per sentito dire. Lo psicoloco le chiese se sapesse il cognome e lei disse con ricordava solo qualcosa del tipo “amski”. Janet rimase con l’uomo molto del tempo in cui stette quel pianeta, che disse essere alcune ore. Con lui si trovava bene come con gli altri e lui le assicurò che erano brava gente e che mentre lei avrebbe giocato con gli altri bambini avrebbero preso alcune sue misure, ma senza che lei se ne accorgesse.
Quando arrivarono i bambini, lei passò del tempo a disegnare con loro, poi le venne sonno e si addormentò. Quando si risvegliò era nel suo letto a casa e la mamma le stava preparando la colazione per andare a scuola.
La seduta andò avanti ancora per un po’ e la bambina accennò ad altri particolari sulle stanze che visitò e l’astronave su cui aveva viaggiato. Poi, su richiesta dei genitori stessi, l’incontro venne sospeso e la bambina risvegliata.
La società australiana di ricerche sugli UFO venne informata del caso ed aprì un’inchiesta; si assicurò della serietà dello psicologo e, d’accordo con quest’ultimo, decise di ritentare l’esperimento registrando della seduta. La famiglia in un primo tempo si rifiutò di continuare, ma poi acconsentì ad un secondo incontro, che però non venne mai reso pubblico.

FONTE: Misteri dal Mondo – Credere Per Vedere